CLAUDIA AZZOLA
L’automa puro (ed. Effigie 2021 con copertina di Renzo Disperati) è un libro di novelle che essendo collegate formano capitoli di un “romanzo”, concretizzandosi in un processo immaginativo di sensazioni visive e tattili, cose dette, visioni, impressioni derivanti dalla saggezza comune, del sentito dire. Non sono un calco della realtà di superficie e si distaccano dalla lingua imprecisa e svigorita dei media, appiattita sulla realtà letterale. La lingua vive nella temporalità e modifica il sentire, e avverte la complessità, il simbolico, e si realizza in una prosa complessa, “neobarocca” (Omar Calabrese), anche per il recupero di parole desuete ma della piena espressione, del bell’italiano.
Sono scenari che si attuano in epoche diverse nel “presente nella storia”, non l’eterno presente della realtà virtuale con l’orizzonte piatto e nemmeno la storia ‘monumentale’, la storia antiquaria (Nietzsche). La storia, per me sempre vicina. Non si tratta di attualizzare l’inattuale perché l’inattuale è intrinseco all’idea di letteratura che non è il giornalismo.
Ho scritto questo libro di getto, trascinata dai caratteri, dell’alto medioevo, del barocco, nel moderno, con retro-pensiero della fiaba, come dipingendo la tela di un pittore immaginifico, filtrando colori, ombre, silenzi di qualcuno che nascondeva un’intenzione, e i sensi, dell’udito e del tatto, suggestioni dell’arte, e la realtà psichica, e il sogno.
L’automa puro del titolo, rappresentato nel collage di copertina, è trascinato alla corte del re Sole, ed è abbandonato a sé stesso alla fine della messa in scena che ha allietato la corte. I teatri da camera, drammi o melodrammi, si collegano anche per un fatto intuitivo. Ognuno cerca un senso, oltre la contingenza, contro il macchinismo che lo rinchiude come un catafalco, sia il prelato o il fanciullo destinato al lavoro dei campi, o lo sgherro ottuso, gettato all’inseguimento di Wallia, il fuggitivo… dai bassifondi alla corte, al Kammerspiel delle marionette, in un fluire che dettava il passo alla scrivente, ed è inutile cercare un “da qui a qui”, il prima e il dopo, il plot. Il poeta, lo scrittore, l’artista non sono nessuno di loro un sociologo, ché non seguono un pensiero lineare, ma vivono nell’improvviso narrativo che trattiene l’attimo.
La vicenda di Wallia, alla caduta dell’impero romano, la fuga attraverso la foresta d’Italia fino a capo Miseno allungato nel mare della Campania, è un’epopea interiore oltre che narrativa, che riserba un susseguirsi di delusioni che segnano il suo destino. Le remote scene del lago, della fine degli anni cinquanta, avvengono in contemporanea su ognuna della due sponde: un padre anaffettivo e lupesco è il dominus del bacino della sponda lombarda, il dramma interiore femminile della pittrice esplode dall’altra parte, piemontese. Solo un ‘segno’ rivela la contemporaneità dell’azione. Un tramonto eccezionale con una piuma pennellata di colori che prende tutto il cielo è evocato dal padre e dall’artista, ed è memorabile per la figlia. Il femminile irrompe con la femminilità profanata della governante Felicina, della moglie appiattita di Ferdinando, lo storico delle streghe, della sposa bambola, del manichino-madre. Solo Isabella emerge come padrona del proprio destino, Isabella ricca di doti, di cui tutti parlano ma che non è portata alla vista del lettore. Tutti i sensi sono allertati nei racconti, il tatto, l’udito, la vista, ecc. ma anche il moto, la voce, dove uno stato interiore da rifugio che accoglie può trasformarsi in carcere. E il riso della novella di Baltasar, non il riso di Rabelais ma il riso socratico, insondabile. L’automa, le marionette, una della quali si ammala, conoscono l’esperienza di alzarsi al mattino in una casa buia, avendo un pondo nel cuore nelle ore aurorali, prima del “lever du soleil”, prima del “lever du roi”, un pensiero nascosto, un tormento, tale quale lo studioso dei nostri anni 2000 che indaga il cuore delle streghe, l’uomo dal cuore di lupo, il lupo che latitava in un padre, un cuore fatale che ci formò. E sgorga la domanda; che senso ha avuto tutto questo? Che senso ho io? Noi chi siamo?
Ho ubbidito all’immaginazione, alle sue ragioni.
Ho avuto come stella polare la lezione di scrittori quali Aubrey, Vite brevi di uomini eminenti, di Sterne, Sentimental Journey, la Woolf specie di Gita al faro (To the Lighthouse) e Mrs Dalloway, Emily Brontë, Voyage autour de ma chambre di Xavier de Maistre, tutta la scena in un interno, e le tavole della Melancolia (Saturnio rivisitato) del Dűhrer (1514), e tante impronte dell’arte nei secoli.
NOTA. Si vedano Saturno e la Melanconia, R. Klibansky, E. Panofsky, F. Saxl; i modelli anatomici della Wellcome’s collection, il British Museum, il Science Museum, la mostra Medicine Man, la fisiognomica: sulla struttura del volto, della testa, ecc., la ricostruzione del carattere dell’individuo, gli Studi della Yates sull’arte della Memoria.
E in primis, tutta la poesia. Che non ho mai messa da parte.
Nel video, la presentazione del libro presso la Casa della Cultura di Milano www.casadellacultura.it/.
Relatori : Mariano Bargellini e Franco Romanò. Lettura dei brani dalla raccolta di novelle, Mariella Parravicini.
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