FRANCESCO BENNARDO

Fa buio, fuori. Elegante e sereno, il vento gioca tra le strade; lo sento fluttuare nel Tanaro e correre tra l’erbetta del parco per poi raggiungere il centro abitato e sfrecciare tra le opulente vetrine illuminate di via Maestra. Percepisco la sua dolce danza tra le mura che proteggono il cortile della Maddalena, da cui poi sprofonda come un anello di fumo nell’etere. Ti vedo li, seduta in uno dei tanti itinerari che percorrono l’Alba sotterranea. “Hai quarant’anni”, penso, “ma forse la vita ti ha precocemente invecchiato”. In superficie odo lo stridio dei freni, quell’inconfondibile scricchiolio dei vagoni che provano a fermare la loro corsa. Ti osservo, mentre fumi quella sigaretta ormai logora, le pupille perse nel nulla e nessuna cognizione della realtà intorno a te. La vita ti siede accanto, su quel pavimento solcato da mille calzari: è racchiusa in due borse di tela sgualcite e in un sacchetto di plastica che ha ormai fatto il suo tempo. La guardi con vizzi occhi feriti mentre sei chinata a raccogliere il tuo mondo. Mentre t’avvii verso l’uscita, una copiosa quantità di cenere cade dalla cicca e genera una grigia e triste scia, che mi pare il tuo autoritratto. La ignori, come tutti hanno fatto con te quando ti sono passati accanto. Raggiungi stancamente la stazione, mentre seguo a ruota i tuoi movimenti. Arriva il treno e per una frazione di secondo esci fuori dal mio campo visivo, ma dopo un attimo di smarrimento riesco nuovamente a inquadrarti. Sali su uno dei tanti vagoni e ti guardi in giro spaesata, come se fossi in un posto che non conosci. Ti siedi e sospiri amara scrutando fuori dai finestrini lerci. Per un istante i nostri sguardi si incrociano e il mio cuore pare fermarsi in quel brevissimo momento; tu probabilmente non mi hai nemmeno notato, la tua espressione sembra nuovamente persa chissà dove. Il tuo treno riparte, chissà quando arriverà il mio. Vedo scomparire il tuo volto nelle prospettive degli occhi. Buon viaggio, signora!

(Foto di Bruna Bonino)