MARIAN DRAGHICI
mentre la sera scendeva
mentre la sera scendeva, la sera scendeva.
ho guardato la pagina bianca, vuota,
con disperazione crescente:
su un campo luminoso luminoso
forse gli ultimi fili d’aria oscurarono
il mio dono poetico o
il bianco dei tuoi denti, donna orientale?
da lontano credo di aver avuto il viso stupito
di un vecchio che non può portarsi la chiesa degli ultimi fedeli
dalla scrivania al bordo del letto,
dal bordo del letto alla scrivania
e dolcemente comincia a piangere
e piange e piange
sui gradini di quella chiesa
degli ultimi
dove in un certo senso
vedeva di nuovo sé stesso
giovane e libero
ma di tutte le cose
della sera amava di più
l’aria del crepuscolo ubriaco di idealità.
*
quando Saba andò a visitare Montale
quando Saba andò a visitare Montale
l’intero Adamo era lì presente.
ma non Quasimodo.
che li abbia riuniti
(se si guardano le foto)
la loro aria comune di pugili invecchiati,
poco importa.
né che, incontrandosi,
per timidezza maschile abbiano vissuto con la stessa
lucidità innata dell’uno verso l’altro
frammenti di versi tra silenzi spesso interrotti
dal belato della capra in giardino.
poco importa, vi dico, che abbiano mangiato e bevuto
anche con gioia, come succede ai grandi
a loro non importava il destino della capra –
si sono scambiati berretti
sulle loro teste fulminate, di leoni in inverno.
(qui probabilmente confondo Montale con Ungaretti)
poco importa neppure che alla fine,
dopo essersi completamente lasciati andare
a se stessi, alla fama dell’endecasillabo e della perifrasi,
ciascuno se ne sia andato per multipli sentieri, alla propria fossa –
ciò che conta in questa poesia vagamente celebrativa
è che, sì,
in un mondo travagliato il triestino e il genovese si incontrarono
non in un ring di pugilato –
con la grazia di due vecchi bisturi scintillanti al sole, tremanti
di piacere per parlare di tutto e di niente,
della poesia e della morte, ecco! – e l’intero Adamo,
non l’ermetico Quasimodo
(se non lo confondo forse con Giuseppe),
dall’omicidio di Caino al belato della capra in giardino
lui era là, presente: bevevano, mangiavano e si rallegravano.
*
l’airone non era ancora volato via
l’airone non era ancora volato via
dal suo nido all’alba quando assetato
punito dallo spirito dell’acqua
beveva stupito e impaurito
lo spirito stesso dell’acqua.
le piogge che seguirono, anni di fila
non hanno sperimentato il tuono,
non hanno raggiunto le profondità
il filo di piombo sfuggito a una mano accecante
attraverso la muratura degli gnomi. ma tu
come potresti raccogliere solo senso e dolcezza
con mani più fredde ora che in inverno
hai scritto questa poesia:
la donna intorbida l’acqua e l’uomo la beve
ma no
l’uomo intorbida l’acqua e la donna la beve
ma no
il fiume scorre più lontano e limpido nella notte
la notte più profonda dell’anno, della vita –
un unico petalo che illumina
il meccanismo nascosto del fluttuare.
Marian Drăghici, Illimitato (edizione bilingue rumeno-italiano), traduzione e prefazione di Giuliano Ladolfi, Giuliano Ladolfi editore 2022.
«Mentre la filosofia, la scienza, la critica storica cercano di interpretare/descrivere il reale in modo esclusivamente razionale, schematizzando, “de-limitando” cioè i dati (o meglio gli “assunti”) dell’esperienza perdendo di vista la “complessità del reale” (le «stelle [...] scompaiono / come per caso, ma non per caso»), la poesia si accosta alla vita in modo totale. Le altre forme di conoscenza, infatti, pongono l’individuo in relazione con l’altro-da-sé in modo logico e consequenziale determinando i nessi di causa-effetto, le dislocazioni spazio-temporali, così come avviene nella sintassi del linguaggio; la poesia, invece, tenta di riprodurre la complessità e la completezza dell’esperienza umana, in cui spesso le dislocazioni cronotopiche sono assorbite nel magma dell’inconscio, nella riattualizzazione del passato, nell’anticipazione del futuro mediante la speranza e nella disposizione a leggere nei dati sensoriali un significato simbolico.
Se queste considerazioni possono essere applicate al concetto generale di arte, nei versi di Drăghici trovano una realizzazione veramente cristallina: in lui arte e vita si uniscono per comunicare quel particolare modo di interpretare la realtà in cui la dimensione individuale e generale si fondono.»
(dalla Prefazione di Giuliano Ladolfi)