Bianca come la sera, anime migranti nel teatro poetico di Steed Gamero e nei ritratti di Douglas Quintero

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ROBERTO MALINI

Nato a Lima, in Perù, nel 1988, Steed Gamero è il cantore dei giovani migranti, i cui sentimenti e la cui maturazione sono spesso feriti da eventi dolorosi come l’abbandono della propria terra, la separazione dai propri cari, la perdita improvvisa di ogni punto di riferimento umano e culturale. Ho avuto la felice opportunità di pubblicare per Lavinia Dickinson, la casa editrice che ho fondato dieci anni fa, le sue opere di poesia I ragazzi della Casa del Sole, Maestro del sogno e Selva di luce (di cui siamo coautori). Sono brevi libri di notevole originalità, che hanno vinto importanti premi sia nazionali che internazionali e riscosso l’ammirazione di scrittori e poeti come Alberto Bevilacqua, Homero Aridjis e Franco Loi. Durante la serata finale del Premio Letterario Camaiore 2013, in cui sia lui che il giovane poeta italoperuviano furono premiati, Homero Aridjis mi disse, dopo aver letto alcune poesie della silloge I ragazzi della casa del Sole, che i versi di Steed Gamero gli trasmettevano emozioni potenti, perché «la poesia di Steed Gamero nasce dalla sua fiducia nelle nuove generazioni», nuove generazioni dei cui diritti l’autore messicano è uno strenuo difensore. Franco Loi era incantato dalla poesia di Gamero. «Sono versi che parlano di ragazzi e si rivolgono ai ragazzi,» mi disse durante un pomeriggio d’autunno del 2017, nel corso di una passeggiata nel centro storico di Milano, «ed è questo che vorrei fare nei miei ultimi anni: scrivere per i più giovani, usando il loro linguaggio».

Il nuovo libro di Steed Gamero, Bianca come la sera - scritto e pubblicato in italiano e spagnolo, come I ragazzi della casa del Sole - è tanto breve quanto intenso e toccante. È teatro ed è, nel contempo, poesia. Grazie alla collaborazione fra l’autore e l’artista venezuelano Douglas Quintero, docente di arti plastiche ed erede della poderosa scuola del ritratto che ha antiche radici in Venezuela, è anche un racconto grafico di forte suggestione. È il mito del viaggio, della migrazione, in una sintesi di parole e immagini che esprimono la necessità di far pace con il proprio io bambino, dopo il distacco, quando ci si ritrova, madre e figlio. Tornano alla mente alcuni versi di Pier Paolo Pasolini: «È difficile dire con parole di figlio / ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio. / Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore, / ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore».

Bianca come la sera mette in scena l’attimo in cui ci si ritrova, ripercorrendo il passato, restituendo luce alla memoria che rifiuta di aprirsi. «Mentre rileggo il dialogo di Steed, mi lascio trasportare dalle evocazioni», scrive Maria Eugenia Esparragoza, studiosa di migrazioni e scrittrice, nella prefazione. «Stento a frenare le immagini che si accalcano alle porte della memoria. Mi pervengono le scelte delle donne sui cui percorsi ho cercato di riflettere, vedendole arrivare in gran numero nella città che mi accolse. Spinte da motivi analoghi a quelli di Blanca, ricostruivano le loro vite su un territorio di cui, per anni, mi sono sentita ferma sulle soglie».

Nel dialogo di Steed Gamero la poesia è infusa nelle parole e nei nomi; quelli dei protagonisti dell’opera, Bianca e Manuel, sono un omaggio a due grandi poeti peruviani: Blanca Varela e Manuel Scorza. La loro conversazione racchiude ogni elemento di una storia universale che nasce nell’attimo in cui torniamo davanti alla madre per comprendere il passato e il futuro, il bene e il male, ripercorrendo le nostre esperienze, riscoprendo le nostre radici per sentirci più completi e guarire ricordi che fanno male come ferite.

«Non so come ho fatto a essere tanto arrabbiato con te e per così tanti anni. Non sono portavoce dei bambini nati negli anni ottanta o novanta, che hanno visto i loro genitori partire verso paesi lontani. Sono solo quel bambino che chiudeva gli occhi, all’aeroporto di Lima, e pregava che un volo non partisse mai più».

Poi, alla fine di un lungo pomeriggio di sensibilità e ricordi, un po’ di quiete si infonde nei cuori, piccola come la prima stella della sera, che si perde nel riposo dell’universo. Nel riposo di noi esseri umani, genitori e figli, che nessuna parola può raggiungere per davvero, se non con la temperatura del suo suono. Allora sappiamo che avremo la forza di vivere e la nostra patria sarà il luogo dove scendono le nostre lacrime, dove le nostre parole perdono finalmente la loro crisalide fatta di paura e rabbia e diventano leggere, libere, buone.

Un estratto da Bianca come la sera di Steed Gamero

- Aspetta… La nonna mi ha parlato di un periodo in cui non volevi andare al mare. Che cosa curiosa… Non ti ho mai chiesto perché, ma ho immaginato che non sapessi nuotare. Ecco perché le ho consigliato di iscriverti a un corso di nuoto.

- In realtà non riguardava proprio il nuoto, ma si trattava più che altro di un capriccio da bambini. Poco prima delle vacanze, avevo aperto un libro d’arte. Su una pagina c’era l’immagine di una grande onda, che sembrava l’artiglio di un gigante fatto d’acqua, pronto ad abbattere la sua furia su alcune barche che si trovavano sotto la sua cresta. Quell’onda, però, non sembrava rumorosa, ma silenziosa, come se il tempo fosse fermo e incombesse minaccioso su quei piccoli esseri umani che si affannavano a remare per mettersi in salvo.

- Sei bravo a descrivere le cose!

- Grazie, mamma. Quell’immagine mi era rimasta impressa nella mente. Sulla spiaggia, di fronte all’oceano, avevo timore di quella grande onda, il cui schianto avrebbe condotto le barche e i loro equipaggi in un mondo sommerso. Il mio timore infantile derivava dal pensiero di quella singola, improvvisa onda, che poteva alzarsi da un momento all’altro e schiantarsi sulla mia vita. L’estate era cominciata così, con un timore irrazionale verso la natura. Qualche giorno dopo, però, il mio stato d’animo è cambiato e questa volta grazie agli amici. Vincendo la paura, ho iniziato ad andare in spiaggia con loro durante la notte. Eravamo bambini con lo spirito di leggendari esploratori. Le lunghe passeggiate sulla sabbia, il suono della risacca, il cielo notturno e l’inconfondibile odore del mare: tutto era come un sogno. Grazie alle perlustrazioni notturne ho riscoperto il piacere e il fascino del mare. Quei momenti hanno cancellato il timore verso la grande onda. Il paesaggio marino di notte, alla luce delle stelle e a volte della luna, era bello. Era uno stato d’animo nuovo per me e rispondeva alla mia domanda su cosa fosse la felicità. Ne ho fatte tante, di quelle passeggiate notturne con gli amici! Ogni volta che potevo. L’ultima, il giorno prima della mia partenza in Italia. Ah, l’oceano! La sabbia, la notte, quel mare… Che momenti di crescita e di gioia. Indimenticabili. Basta chiudere gli occhi e sono ancora lì. A volte mi isolavo da tutti per qualche istante. E la vita mi sembrava perfetta. Ero lontano dal mondo. Non c’era nessuno. Non c’erano gli amici. Non c’erano i nonni. Non c’erano gli insegnanti né i compagni di scuola. Non c’eri tu. C’eravamo solo io e il mare.

Blanca lo ascolta affascinata, ma avverte improvvisamente un groppo in gola. Trattiene le lacrime, perché sente in cuor suo di non essere stata presente nella vita del suo bambino. Sarebbe voluta esserci lei, sulla spiaggia di Lima, dopo il crepuscolo, tenendo per mano il piccolo Manuel.