Quest’ora dell’estate (L’Arcolaio 2022)
Il tempo declina e la spiaggia nasce sulla pagina.
Vedo le dune approssimarsi al dito che sfoglia.
La pianta del ginepro
accasciata alla riva pungola il suono.
Non si tratta di una casa o dell’estate che affolla i pensieri.
Si tratta di una pena e del suo impossibile.
Del vedere prima di patire.
Si tratta dell’irredimibile.
*
La casa di ghiaccio
nel nervo di un banco di neve.
Certe pentole in branco sul fuoco
il noviziato di un pranzo
i convitati riuniti.
I felici da una parte, i più felici dall’altra.
L’infelice vita di un passo verso l’alto.
*
Abbiamo perduto gli anni
la pianura dei pavimenti freddi in primavera
le nudità dell’estate sulla linea del desiderio
caduto in povertà.
Abbiamo perduto quel gusto di essere nati
sotto le torbe della stanza,
finiti come petali di un fiore
che insorgeva e risorgeva dal grido alla vita.
Abbiamo ottenuto altro, nel frattempo?
Questa sostanza d’aria che veglia nella stanza
come un intruso, il dubbio offerto alla parete
bianca di calce e di invenzioni.
*
La bellezza fu nella remissione.
Colava lentamente da un bicchiere abbandonato.
Sul tavolo, faticava.
Nei capodanni ghiacciati, sotto le sfere luminose
dei giuramenti, s’intrometteva con poca determinazione.
Da ogni parte, tra i frammenti delle parole
una selvaggia inclinazione a desistere.
Ma ai piani alti, nel silenzio dei corridoi,
tracce di una gioia irremovibile continuavano ad assumere
l’aspetto di una forza protetta.
Dalle bianche infrazioni del suono marino, la spiaggia deserta
festeggiava qualcosa di non ammesso.
C’era, non visibile, qualcosa di perduto e riavuto.
Il nostro attrito governato, l’incipiente tempo
miracolosamente illeso dentro l’altro tempo.
Un suono imputabile al pensiero.
Il governo della remissione.
*
Quest’ora dell’estate chiami vigilia,
benché si ripeta allo stesso modo, da anni.
Benché in ogni favola o storia da raccontare
ritorni la morte, che non vive di sole macerie.
C’è del rossore cupo a offesa del sangue
sulla cima di un desiderio terreno.
Io lo vedo e per amore dell’estate sono inerme.
Carla Saracino è di Maruggio (Taranto). In poesia ha scritto I milioni di luoghi (LietoColle 2007. Premio Saba Opera prima), Il chiarore (LietoColle 2013), Qualcosa di inabitato insieme a Stelvio Di Spigno (Edb 2014), Paesaggio (Gattili 2018). Ha scritto anche dei libri per bambini, tra cui Gli orologi del paese di Zaulù (Lupo 2012), Fiabe lombarde (Pane e Sale 2018), Il mare è… (Kurumuny 2021), Un giorno come gli altri (Kurumuny 2021). Scrive per la rivista digitale Monolith.
(A cura di Silvia Rosa)