MAURIZIO ZANON
MEMORIE
Ricordo il caldo del focolare
sciogliersi nel profumo di polenta
la neve sgocciolare nelle notti
cariche di stelle, oppure l’estate al mare
dove mettevano le ali i miei sogni.
E ancora i giorni dell’infanzia
quando si rincorrevano le farfalle
o le domeniche adulte tanto silenziose
ma pure festanti al suono devoto di campane.
Così si scivola nelle memorie del vissuto
di un’esistenza capace di riempirti il cuore
bella da morire, ma che un giorno
sparirà all’improvviso, come lo scoiattolo
scompare, su tra i fitti alberi del bosco.
POETA?
La mia scrittura è istintiva, desueta
un po’ fragile, dalla metrica inconsueta
dunque, non dirmi poeta
io non so lavorare bene la seta.
LA TERAPIA
Ciò nonostante
in ogni bisognoso istante
la poesia mi ha aiutato
da cose futili mi ha salvato.
I POETI
I poeti piacciono a poca gente
per molti non servono a niente.
I poeti creano l’emozione
troppi si atteggiano, c’è confusione.
I poeti, quelli veri, hanno la penna pura
alcuni finiscono soli in una casa di cura.
POCO RESTA
Se mi dicessero di esprimere un desiderio
vorrei rivivere un giorno della mia giovinezza
mi basterebbe, quando v’era la forza
di decidere le sorti della vita
un po’ incoscienti e in salute
non si parlava di medici o di cure.
Ora, poco resta e manco m’azzardo
a progettare il mio vivere.
In fondo, v’è troppa foschia in atmosfera
a offuscare l’orizzonte, a creare l’incertezza.
Sono come un viaggiatore senza biglietto
che non sa da che parte deve andare.
L’AUTORE
Maurizio Zanon è nato nel 1954 a Venezia dove attualmente vive. Laureato in Lettere Moderne, ha insegnato nella Formazione Professionale. La sua attività letteraria ha inizio a venticinque anni con la pubblicazione del libro Prime poesie (1979), cui sono seguite molte altre raccolte.
Prefazione di Enzo Concardi
Con questa breve silloge, contenente altrettante brevi liriche, il poeta sembra coerentemente simboleggiare la sua visione della vita, sintetizzata nel titolo: Fralezze, ovvero l’effimero esistenziale della condizione umana. L’osservatorio da cui scruta il mondo è ora quello della vecchiaia e il richiamo autobiografico d’una corsa che va verso il capolinea è costante, pur alternando, negli esiti lirici, stati d’animo fatalistici e crepuscolari ad altri speranzosi e valoriali. In un contesto spirituale del genere e con tali premesse di tipo cronologico ed esperienziale, l’ispirazione ha bisogno di poche pennellate, immagini, scansioni per edificare una scrittura essenziale, diretta, ricapitolatrice di vissuti, idee e pensieri appartenenti a tutto il bagaglio della sua traiettoria terrena.
Il dato della senilità costringe l’uomo Zanon a confrontarsi con gli acciacchi dell’età, accettati anche con un umorismo di tipo pirandelliano, come nella poesia Colazione: «Un’alba grigia s’alza quest’oggi. / Corrono i miei pensieri, sempre vivi / ubriachi del profumo di caffè: / prima però debbo misurare la glicemia». Oltre simili momenti che sfiorano la leggerezza dell’essere, il poeta ci pone di fronte al fondamentale dato di fatto della scrittura come ragione di vita: i nomi attribuiti da Zanon alla Poesia convergono nello stesso significato: musa medicatrice, taumaturgica, demiurgica. Egli non esita ad utilizzare termini non letterari in relazione ai suoi effetti sulla vita dell’autore: l’efficace denominazione medica de La terapia: «Ciò nonostante / in ogni bisognoso istante / la poesia mi ha aiutato / da cose futili mi ha salvato»; poi la sfera spirituale-religiosa, la poesia diventa Salvezza da una realtà monotona e piatta: «Sfugge la vita / giorno dopo giorno / il futuro s’accorcia / tutto è così veloce: / fra tanta sciatteria / ci salva la Poesia». Altrove l’accento si sposta verso il ‘mestiere’ del poeta: «Se scrivo / è perché non so far altro: / per questo vivo / e per null’altro» (Scrivere).
Zanon ci mostra anche il dubbio circa l’identità del suo io poetico: «La mia scrittura è istintiva, desueta / un po’ fragile, dalla metrica inconsueta / dunque, non dirmi poeta / io non so lavorare bene la seta» (Poeta?). Ed ancora: «I poeti piacciono a poca gente / per molti non servono a niente. / I poeti creano l’emozione / troppi si atteggiano, c’è confusione. / I poeti, quelli veri, hanno la penna pura / alcuni finiscono soli in una casa di cura» (I poeti).
Nelle poesie citate v’è talvolta la presenza della rima, inserita in genere in quartine e sestine uniche in una singola lirica e variano dalla forma continua (tutti i versi sono in rima tra di loro), allo schema ab-cd, o ancora alla impostazione binaria. Si tratta di rime dal ritmo musicale, armonioso, dalla fonetica naturale e non ricercata in modo forzato.
Una poesia emblematica dei motivi sviluppati in Fralezze è senz’altro Memorie, incipit di tutta la raccolta. Memoria, focolare, infanzia, sogni, natura e destino sono evocati tramite flashback simili a rapide sequenze cinematografiche, memorie di un’esistenza che ha riempito il cuore; ricordi del focolare, centro di affetti familiari i cui particolari conferiscono calore umano, come il profumo della polenta; immagini di un’infanzia spensierata qui dipinta e fissata nelle corse dietro alle farfalle; nostalgie di vacanze marine, luogo di sogni e speranze; paesaggi di una natura che assume le vesti d’una notte stellata o della neve sgocciolante. «… Un’esistenza … / bella da morire…» – dice il poeta – «…ma che un giorno / sparirà all’improvviso, come lo scoiattolo / scompare, su tra i fitti alberi del bosco».
Ma ora il pensiero dominante si sposta verso il destino di tutti gli esseri umani, diventa sempre più reale e vicina la certezza della propria fine personale, ed il poeta s’interroga con metafore per nulla crude, legate a percorsi terrestri: «…Sono come un viaggiatore senza biglietto / che non sa da che parte deve andare» (Poco resta). Ora le tonalità trascolorano dagli azzurri felici della giovinezza ai grigi malinconici della senilità. La sua tanto amata Venezia assume contorni e fisionomie decadenti: «Venezia malinconica / con tanti negozi chiusi e pochi turisti / vivi la solitudine riflessa / negli occhi degli ultimi tuoi abitanti. / Sei avvolta / da un velo triste di fitta nebbia. / Nel silenzio delle tue strade lungo i canali / spiccano sparsi giù a terra i coriandoli di Carnevale» (Venezia malinconica).
La vita, più viene vissuta e meno è comprensibile: rimane l’idea-realtà sicura, della fine. Zanon ci racconta del materialismo esistente nella società consumistica contrapposto al valore dei gesti solidali che possono rendere felici; del bene prezioso dell’interiorità pensosa («Il silenzio tace / il silenzio ci dà la pace / il silenzio è la poesia: / nel silenzio l’interiore melodia», Sul silenzio); dell’amore che può catturarci a qualsiasi età e dobbiamo accoglierlo come una benedizione divina; del suo intenso desiderio di un po’ di luce e di pace in questo travagliato ed offuscato vivere odierno. L’ultima parola del poeta si chiama La grande speranza: «Credo che Dio ci farà ritornare al mondo / magari sotto altre spoglie. / Sarà un altro miracolo di fiori, anime, foglie / una vita nuova sorgerà dal profondo».
ENZO CONCARDI
MAURIZIO ZANON, Fralezze, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023