Dalla finestra di Lucio Zaniboni

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LUCIO ZANIBONI

Dalla finestra

Dalla finestra il formicaio bianco
con le finestre su cui sorride il sole
e il viale rosso di foglie,
prima che i venti di ottobre
facciano scempio delle chiome.
Ride il cemento, nascondendo lo smog.
C’è qualcosa di umano nel palazzo
levato come mano nel sereno.
Lo guardo e guardo le formiche
in lunga fila procedere sul viale,
perché altro non siamo,
visti dal quindicesimo piano.
E le formiche corrono impazzite,
come ragni a tessere sogni
fra l’oggi e il domani.
Corrono a catturar chimere
nelle ragnatele della vita.
Dal mio studio in abito da clown
guardo il formicaio che impazzisce.

*

La fede

Un peso sentiva allo stomaco
l’Alemanno.
Hitler si rigirava, non gli pareva di piume,
ma di spine il letto.
Accese la lampada e esterrefatto
vide un piccolo ebreo accanto al cuscino.
Era intento il bambino a un gioco
fuori dal tempo.
C’era sua madre e lo guardava col sorriso
che i grandi pittori sanno trasporre
ai capolavori.
Ancor più sorpreso, il Fùìhrer si drizzò
e vide tanti ebrei dondolare
al limite della camera, tenendo un libro
in pugno.
Troppa gente era viva intorno al suo letto,
e il Kaiser comprese: non si uccide la fede.

*

Foglie

S’indora il viale di foglie morte,
ultima esplosione di fiamma
di una smarrita estate,
poi la cosunzione in algide brinate,
i rami nudi e le distese rigide di neve.
Si perde in frammenti la visione:
il fiore in boccio offerto al primo sogno,
le lunghe camminate a cielo aperto,
la parola amore.
S’indora il viale e tutto quel rosso
è sangue delle ferite del percorso.

(Fotografia di Bruna Bonino)