MATTEO ALDO MARIA ROSSI
La sesta ora è come
una preghiera emersa da un tombino
per fare a pugni
con le bestemmie asciutte dentro i bar
già aperti, quando ancora tutti dormono.
È come la mia fame di focaccia
appena nata,
è come un paragone senza termini,
perché parla da sola,
o, al più, con le vocali di chi ha sonno
e può soltanto offrirle uno sbadiglio.
La sesta ora è barba ancora incolta,
la prima delle macchine,
le chiavi sulle scale…
E penso,
Se uscissi adesso Genova sarebbe
soltanto mia, o mia e di pochi altri,
sarebbe, solo se ne avessi voglia…
…Se solo, penso, Avessi la tua sciarpa
avvolta intorno al collo.
La sesta ora e quindici minuti,
mi manchi come fossi
la prima colazione,
le pagine che mancano al romanzo
che sto scrivendo; manchi
come il lavoro, come gli Euro in tasca.
[Caffè macchiato caldo, per favore…],
Guardie Giurate dietro a videopoker
- non so chi sia più verde,
lo schermo o i loro musi da biglietto
decapitato sotto
saracinesche -,
[…ed un bicchiere d’acqua
frizzante…];
perdigiorno mattinieri,
gialli di Diana Morbide.
E tu che manchi come un giorno intero.
La sesta ora è come
una preghiera detta da un bambino
in cui mi riconosco.
È l’alba, per chi vive.
Per me rimane l’ultima frontiera,
ed io la chiamo
Sera.