Di Delitti, Pene e Promessi Sposi

La tomba di Giulia Beccaria e di Enrichetta Blondel nel cimitero di Brusuglio, frazione di Corman

La tomba di Giulia Beccaria e di Enrichetta Blondel nel cimitero di Brusuglio, frazione di Corman (Erasmus 89)

PAOLO LAMBERTI

Nel 1764 esce Dei delitti e delle pene, uno dei libri più influenti prodotti dalla cultura italiana; l’autore, Cesare Beccaria, aveva solamente 26 anni, tanto che a lungo si dubitò della paternità del libro, per altro uscito anonimo; si sospettò a lungo che l’effettivo autore fosse Pietro Verri, però troppo importante per firmare un libro così rivoluzionario. Se certamente le discussioni tra gli illuministi milanesi influenzarono il libro, oggi la paternità di Beccaria sembra acclarata.
Una notizia maliziosa potrebbe rafforzare tale ipotesi: Beccaria era ospite di Verri, e rimane il sospetto che, al termine delle discussioni tra i due, Cesare si dirigesse verso lo studio a creare il suo capolavoro, Pietro raggiungesse la moglie di Beccaria in camera da letto per costruire Giulia; è una diceria già presente nell’Ottocento, ripresa da alcuni studi negli anni Novanta del secolo scorso e riemersa recentemente, nonostante un documento ottocentesco di conferma sia un falso. La morte probabilmente per sifilide della prima moglie di Beccaria nel 1774 è un altro indizio, visto che della malattia soffrivano sia Pietro Verri sia Giulia Beccaria.
In questo caso la già difficile anagrafe di Alessandro Manzoni verrebbe ulteriormente rivoluzionata: la paternità è ormai certamente da attribuirsi a Giovanni Verri, con piena consapevolezza dello scrittore, e recentemente è stata ritrovata una lettera del 1808 di Giovanni Gorani a Giovanni Verri che conferma definitivamente tale fatto[1]: «Dona Giulia Manzoni colloca il di lei figlio e vostro e gli dà in moglie una figlia di quel Blondel di Vevey». Ma anche la madre sarebbe una Verri. Così da Alessandro di Pietro Manzoni e Giulia Beccaria si dovrebbe passare a Alessandro di Giovanni Verri e Giulia Verri: un Verri al quadrato. Verrebbe da dire che cognomina sunt consequentia rerum: i Verri di nome e di fertilità, i Manzoni con le corna dei manzi e i Beccaria becchi.
Così Pietro Verri sarebbe il nonno materno ma anche lo zio paterno, Giovanni Verri sarebbe il padre ma anche lo zio paterno e Giulia sarebbe la madre ma anche la cugina prima da parte paterna di Alessandro e la nipote paterna di Giovanni; se si aggiunge che il primo testo poetico importante di Alessandro è dedicato a Carlo Imbonati, amante e compagno della madre, si capisce la scelta di scrivere di modesti e fedeli Promessi Sposi.
Alessandro raggiunge la madre a Parigi anche per scopi matrimoniali: tuttavia non trova una moglie tra le parigine, nonostante si fosse ipotizzato un matrimonio con la figlia di Destutt de Tracy, uno degli Idéologues, peraltro linguista importante, con cui si confronterà anche Leopardi: se non legami familiari (i Manzoni non sono abbastanza nobili), lascia a Manzoni in eredità interessi linguistici. I circoli intellettuali francesi, come appunto gli Idéologues, intrecciavano anche una rete di rapporti amorosi, come dimostra l’amicizia tra Giulia e Sophie de Condorcet, vedova del filosofo ed amante di Fauriel, l’amico più stretto di Alessandro per molti anni.
Invece Manzoni, evidentemente non fidandosi di quelle parigine in via di transizione tra le libertine settecentesche e le Madame Bovary ottocentesche, sceglie una pudica calvinista svizzera, Enrichetta Blondel: una scelta non scontata, tanto che nella lettera di Gorani sopra citata si scrive: «Immaginatevi ora cosa diranno le nostre dame milanesi quando sapranno che un cavagliere ricco sposa la figlia d’un mercante e fittabile e quel che è peggio ancora per esse, una eretica?». Del resto la Condorcet non sposò mai Fauriel perché non era nobile.
Comunque, a scanso di pericoli, il buon Alessandro, evidentemente erede della fertilità dei Verri, mette incinta la moglie almeno 10 volte (eventuali aborti spontanei a parte) in 25 anni: educata con rigidità, pudica e sempre impegnata con i figli, che le minano la salute, Enrichetta non poteva certo ripercorrere la strada della suocera.
Il lettore dei Promessi Sposi, spesso deluso dal carattere dimesso di Lucia, e colpito dalla futile malvagità di don Rodrigo e del conte Attilio, può ritrovarne i motivi nella biografia manzoniana. Il romanzo ripropone il motivo narratologico della fanciulla perseguitata, studiato da Aleksandr N. Veselovskij a proposito di De Sade, ma già presente nel romanzo ellenistico; non è chiaro se Manzoni conoscesse i testi greci, o la Justine del divino marchese, ma non è improbabile: e tra letteratura e famiglia sceglie di aprirsi una strada diversa.


[1] Domenicale del Sole 24 Ore 28 gennaio 2024 p, XV.