LORENZO PIRO
- Ho provato un diario, l’altroieri:
c’è un freddo cane, il castagno conta i giorni -.
- Gli alberi fanno cerchi su se stessi
ogni anno -. – Sembra quasi un ballo lento,
metafisico -. – Sì, con gli hulahoop -.
Rosso; tamburelli di pioggia
sull’asfalto; l’impazienza solita dei giovani,
di chi è libero, senza un soldo. – È verde -.
- Allora -, disse, – avevo un calendario
a suo modo vivo, nonostante
il colore sbagliato di quel sangue -.
- Linfa -. – Movimento -. – Vite geometriche,
vuoi questo? – - Proteggono? – - Non so
se si può dire -. – Qualcuno forse ci entrò dentro
giro dopo giro; adesso… – - difficile nutrire
radici così profonde – - così solo -.
Poi vedendolo un po’ assorto, rifletteva;
gli disse le migrazioni degli amici.
- Chi parte torna sempre -. – Solo gli alberi
rimangono -. – Ma è dolce ancora
lamentarsi al fuoco accesso per errore:
la legna era più umida, più cara -.
- Oppure brucia troppo, troppo rapida -.
In Margutte Chiamata persa, e altre poesie di Lorenzo Piro
(A cura di Silvia Pio)