Il 26 gennaio 2024 è uscito per Preludio su tutti i principali stores digitali il nuovo album di Ensemble Voyagers tratto dall’opera omonima del compositore Paolo Coggiola.
Aki Osada: Voce
Daniele Montagner: Flautino medievale
Massimo Lombardi: Liuto medievale
Tiziano Nizzia: Organo
Manu Saladino: Percussioni
Paolo Coggiola: Composizione
Paolo Coggiola (Milano, 1967), allievo di Bruno Bettinelli, è docente di composizione alla Civica Scuola di Musica di Milano. Ha composto musica per svariate occasioni e circostanze. Il suo volume sulle tecniche compositive, L’abaco e la rosa, è stato pubblicato da Sonzogno. Il suo studio analitico, I valzer di Schubert, è stato pubblicato da Volonté&Co.
https://www.preludiomusic.com/artista/paolo-coggiola/
Ensemble Voyagers fondato nel 2017 da Daniele Montagner, è un progetto “aperto” che si dedica all’esplorazione delle musiche che vanno dalle radici della civiltà occidentale alle tradizioni di culture extra-europee fino ai nostri giorni, una ricognizione sia storica che etnica con contaminazioni e approcci contemporanei.
L’Ensemble ha al suo attivo varie produzioni discografiche: “Chanson Balladée”, “Two Songs from Okinawa”, “El Cant dels Ocells”, “Ductia” e “Due Sonetti di Dante” scritte da Paolo Coggiola per voce e consort medievale, composizione che l’Ensemble ha presentato in pubblico nell’ottobre del 2018 al Teatro Filodrammatici di Milano, a queste si aggiunge l’album “Due Sonetti di Petrarca” di Paolo Coggiola in prima esecuzione e registrazione mondiale, dedicato a Daniele Montagner e all’Ensemble Voyagers.
https://www.preludiomusic.com/artista/ensemble-voyagers/
Cosa designa la parola “classico” nella storia della musica? Un idioma, uno stile, un’epoca, oppure un semplice modello estetico? La risposta a queste domande non è scontata. La continua confusione che si determina nell’uso storiografico del termine “classico” tra piano normativo e piano storico-stilistico rende invece la questione piuttosto intricata.
La norma classica ha radici nell’essenza dell’uomo e non può considerarsi un mero costrutto storico-ideologico.
Scriveva Ferruccio Busoni nel 1920 a Paul Bekker: «Per”nuova classicità” intendo il dominio, il vaglio e lo sfruttamento di tutte le conquiste di esperienze precedenti. Il racchiuderle in forme solide e belle[...]Conto anche come elemento della “nuova classicità” il distacco definitivo dal tematismo e il rinnovato impiego della melodia (non nel senso di motivo orecchiabile) quale dominatrice di tutte le voci, di tutti gli impulsi, supporto dell’idea e genitrice dell’armonia, in breve: della polifonia sviluppata (non complicata) al massimo»[1920, pp 113-14].
Alla fine degli anni Quaranta, la riscoperta della musica seriale imprimerà all’evoluzione del linguaggio musicale un impulso raramente osservato fino a quel momento. Una generazione di giovani compositori (Boulez, Stockhausen, Nono, Berio) s’impadronirà dell’eredità di Webern e la spingerà alle sue estreme conseguenze. Il problema riscontrato della musica seriale sta nel fatto che ha tentato d’imporsi come un sistema universale e ineludibile, donde è disceso l’effetto che numerosi epigoni (volontari o costretti) se ne sono impadroniti come di una soluzione bell’e pronta e si sono accontentati di espanderne le proprietà di calcolo, senza che la loro produzione fosse animata da una problematica estetica approfondita.
La complessità divenne un alibi per mascherare l’impotenza creativa.
Troppo spesso all’ascoltatore è stata imputata un’incapacità che, in effetti, proveniva invece dalla vacuità del messaggio musicale proposto.
Per Mallarmé il “divenire poco a poco” è l’essenza stessa della poesia, una caratteristica comune a parte della musica di questo fine secolo, una sorta di tempo musicale ritrovato.
È sul filone del “tempo della musica” che si collocano “Due Sonetti di Petrarca”, le due nuove composizioni per Soprano e Consort medievale di Paolo Coggiola, delle vere e proprie canzoni sospese tra passato e presente, il sequel di un percorso compositivo iniziato anni fa dal compositore con i “Due Sonetti di Dante”.
Sono musiche che affascinano per la loro originalità, insolita nel panorama culturalmente omologato come quello odierno. Si susseguono momenti suggestivi nei quali la raffinata mano del compositore filtra con sensibilità, prospettive antico-moderne che si con-fondono e mutano grazie anche al sapiente utilizzo di strumenti antichi ove passato e presente convivono naturalmente in un unico grande fiume discorsivo.
L’equilibrio, la bellezza e flessibilità espressiva dei musicisti dell’Ensemble Voyagers è sorprendente.
L’originalità nel saper dosare colori e timbri nella elegante ma intensa e chiara lettura delle partiture è ammirevole.
(a cura di Gabriella Mongardi)