PIETRO ROSETTA
I canti delle vedove
I canti delle vedove
nelle vecchie chiese di periferia
sono le voci delle nonne e delle vecchie zie
tutte le sere ad ingannare l’attesa
di un destino che tarda ad arrivare.
I canti delle vedove non si fermano mai
flebili come luci di candele ingiallite
si ripetono all’infinito nel silenzio
dei nostri pensieri
sono le cantilene di chi ha vissuto, di chi vive
e di chi non muore ancora.
I canti delle vedove sono il lamento indifeso
di chi si ostina a non capire.
I canti delle vedove dimenticati nelle parrocchie
dove c’è un prete solo
sono disperazione a volte
sono lucida follia lontana dal banchetto degli avidi.
I canti delle vedove sono la speranza cieca
che ognuno di noi porta dentro,
pulite come l’acqua di torrente
vengono a lavare le nostre coscienze
e quei vecchi rosari che scorrono fra le dita rattrappite
ci urlano che il presente è vietato
ma il futuro è possibile
così nella mia stanza
sono i canti delle vedove la mia preghiera.
*
Un sottile brivido sbocciato
d’improvviso nel mio giardino
viene a sussurrare l’estate
ai miei pensieri, fioriti nella mente,
senza più trovare le parole.
*
Lite
Dalle pieghe della gonna stropicciata
dalle ciocche spettinate dei capelli
dai palpiti incerti degli occhi ostili
dal piglio dei gesti
dalle mani indecise
dall’orgoglio trafelato
sgorga il nostro amore
così bello da vedere quando ti guardo.
*
Sospinto dai terremoti
spesso il palazzo ha tremato:
e tu, mio cuore,
costretto a galoppare impazzito
tra gli scogli inesplorati
di questo strano film
ansimante, anche al buio,
mi hai detto di voler continuare.
*
Ti parlerò ancora
per pochi giorni,
poi, come le onde che impetuose
si impennano al vento e muoiono,
anch’io mi confonderò nel mare,
culla e cimitero di tutti noi,
onde della stessa acqua.
Questa prima raccolta poetica di Pietro Rosetta naviga a vista tra il canto d’amore e la ricerca esistenziale senza approdi. Per la prima tematica vale tout court il richiamo al leopardiano amore e morte, nel senso di un romanticismo sentimentale che nel nostro autore trova dimora in quasi tutte le composizioni: traccia la sua rotta spesso lontano dalla felicità, condizione sporadica e quasi casuale, forse più assenza di dolore al posto di una vera gioia. Talvolta sembra un andare e riandare nella memoria, in bilico fra esperienza ed immaginazione, talaltra s’imbatte in una sorta di ermetismo di significati, in quanto il poeta crea delle pièces, anche oniriche, sospese nel vago e nell’indefinito, dove è presente un ‘tu’ nel ruolo di interlocutore che potrebbe essere sia un altro-da-sé, che il suo alter-ego. La mancanza di titoli – sostituiti da asterischi – nella quasi totalità delle poesie, accentua tale impressione di mistero e vaghezza che, tuttavia, conferiscono alle liriche un senso di fascino dell’ignoto.
La tematica esistenziale è parte integrante di una vita concepita come viaggio, avventura umana, naufragio nella follia e nella morte, intese non in senso biologico, ma come condizioni interiori e spirituali. Le opposte tendenze, la luce e le tenebre, l’angoscia e la speranza e tutto ciò che è dualistico, bipolare costituiscono forze sempre attive, al lavoro nell’io, impedendo la pace in ultima istanza agognata.
La raccolta inizia con un inusuale inno al dolore umano maturato nel nascondimento: tale è la lirica d’apertura, I canti delle vedove: c’è l’immedesimazione fra i canti delle vedove e la preghiera personale del poeta nel chiuso e nel raccoglimento della sua stanza, similitudine che ci induce a vedere in lui un soggetto travagliato nei gorghi esistenziali dell’avventura umana. Il titolo trasformato in anafore all’inizio di ogni strofa tranne l’ultima assume valore di nenia quasi tragica, richiamante il lutto, il dolore, la morte. Tale canone metrico, sintattico e contenutistico è il più utilizzato dall’autore in tutto il libro, che prende così la forma di un poemetto unitario. Vi è la variante dell’amore agonizzante, non ancora morto, ma prossimo alla fine. Ma la poesia amorosa di Pietro Rosetta contempla pure l’altra faccia della medaglia, dove l’amore si concede agli amanti, nonostante, talvolta, incontri contrasti. Oltre la dimensione del sentimento umano, il poeta accoglie nella sua sensibilità le vibrazioni esterne dei vuoti interiori, dei deliri e delle follie individuali e sociali, dei pericoli dentro mari tormentati, della paura di solitudini disperate, del rischio di vivere in isole solo per sopravvivere ai naufragi dilaganti.
ENZO CONCARDI
Pietro Rosetta vive a Milano; dopo avere conseguito la maturità classica, si è laureato in Medicina e Chirurgia nel 1989, e si è specializzato in Oftalmologia presso la Clinica Oculistica dell’ospedale San Raffaele di Milano. Dopo una esperienza presso la Fondation Rothschild di Parigi, ha lavorato dal 1997 al 2019 presso l’istituto Clinico Humanitas di Rozzano, come specialista nella chirurgia del segmento anteriore e dei trapianti corneali. Attualmente ricopre il ruolo di Responsabile dell’Unità Operativa di Oculistica dell’Istituto Humanitas San Pio X di Milano. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni scientifiche ed ha inoltre partecipato, in qualità di relatore ad innumerevoli congressi nazionali ed internazionali.
PIETRO ROSETTA, Poesie nascoste nella dispensa, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2024