D’argilla e neve di Maria Pina Ciancio

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Nota di lettura di Marina Minet 

La poesia di Maria Pina Ciancio è un viaggio di grazia che si dipana continuo, percorrendo il confronto di più terre.

“Avevo sette anni e un sogno/quello della terra rossa dentro al petto/Arrivammo con la Calabro-Lucana ch’era maggio”(pag.12).

Le migrazioni restano dentro, si perpetuano nel tempo per una serie di ragioni che toccano la sensibilità di chi le vive come una seconda pelle. “Mi sentivo straniera nella mia terra”, raccontò, anni fa. Perché lei, lo spaesamento dovette affrontarlo da bambina, con tutte le incertezze dell’età. Il caso, oltre a formularne la memoria, ne incoraggerà notevolmente l’attenzione per i luoghi, per i volti, per la fotografia, sua complice e compagna d’itinerari e vissuti. Lo sguardo memoriale non l’abbandonerà mai, disponendola a un talento descrittivo di rara bellezza, intenso come un magma.

“Ho imparato a riconoscere le pietre dai colori e così la terra. Quella che tiene e quella che frana e cede sotto i passi e spacca in due il paese e gli incroci troppo stretti della vita”(pag.24).  

D’argilla e neve nasce così, incentrata nel tempo vissuto in Lucania, e ancorato non di meno agli anni dell’infanzia in Svizzera. In questa raccolta, la preziosità dei versi si riversa nelle pagine affinata da una pienezza nuova. L’incedere si estende, spazia oltre, pazientemente tenace come un cuore in corsa, il pensiero si ramifica potente, tanto da elevare gli occhi al cielo. L’interiorità lascia dunque spazio al mistero, e con esso si fonde nella fertilità di un’incognita.

“Un tempo forse sacro/un dio possibile/che ci salvi insieme”(pag.48).

Il suo paesaggio poetico valorizza la strada nel dettaglio dei ciottoli, testimonia la terra fra i solchi, la distingue fondatrice di costanti tradizioni, lontane e vicine, ma è l’umano che  trapassa il nervo della sua appartenenza da parte a parte: le vicende profonde fra memoria e presente con la compiutezza della parola accesa nei gesti. Le poesie dialettali ne sono prova assoluta, snodando nel linguaggio tutta l’estensione carnale, che solo un dialetto può dire. Lo stesso che per forme e concetti dimostra la ferita del distacco.

“Non fatemi più paura coi mantelli neri e le voci”(pag.37).

Davanti a certi versi, resta solo il silenzio. Lo spostamento una volta prevedeva più fasi. I figli, spesso precedevano il ritorno e non di rado ci si trovava spaesati. L’efficacia dell’argilla, riportando il titolo, è un cammino esistenziale, maturato fra due patrie e il sé.  La poesia di Maria Pina fa della terra un corpo, e del corpo, una terra. In questo modo, una parabola interiore simbiotica salva il passato in un’attesa viva, dove i ritorni e le partenze si condensano nel tempo. L’argilla e la neve: due materie diverse eppure uguali, amalgamate, indispensabili una all’altra fra consistenza e spirito, nel miracolo riuscito di contenere una sola radice inestirpabile, nell’intima unione di più terre.

Da D’argilla e neve (Giuliano Ladolfi Editore 2023)

Del corpo irrilevante 

È solo vento che passa
e non resta
ma la schiena si incurva
e il corpo si fa erranza
una veglia di mani

preghiere reinventate all’occorrenza
coraggio che non disperdo

Prima di rialzarmi
ho benedetto la terra

L’attesa 

C’è un’attesa che non si vede
si nasconde in ombre
e chiaroscuri
e cerca tempo
si addormenta tardi
e si sveglia presto
sempre accanto
sempre al passo
poi cerca silenziosa
e trova me
te
un tempo forse sacro
un dio possibile
che ci salvi insieme

*

A volte mi rivedo
senza guardarmi indietro
nei palmi oscuri del presente
Una spina conficcata
tra il pollice e l’indice
una piazza di luce
dentro il grembo

Per te

*

Maria Pina Ciancio di origini lucane, è nata a Winterthur in Svizzera nel 1965. Ha vissuto per molti anni in Basilicata e solo recentemente si è trasferita a Roma nella zona dei Castelli Romani. Ha pubblicato testi che spaziano dalla poesia alla narrativa e saggistica, vincendo importanti premi letterari. Ha fatto parte di diverse giurie letterarie ed è presente in svariati cataloghi e riviste di settore; dal 2007 è presidente dell’Associazione Culturale LucaniArt. Tra i suoi lavori più recenti ricordiamo ‘Il gatto e la falena’ (Premio Parola di Donna, 2003), ‘La ragazza con la valigia’ (Ed. LietoColle, 2008), ‘Storie minime e una poesia per Rocco Scotellaro‘ (Fara Editore 2009), ‘Assolo per mia madre’ (Edizioni L’Arca Felice, 2014), ‘Tre fili d’attesa‘ (LucaniArt, 2022), ‘D’argilla e neve’ (Ladolfi, 2023). Per le edizioni Macabor ha curato il libro “La scrittura che rivela”. Nel 2023 al Festival Internazionale di Poesia in Versi, in occasione del Premio Nazionale di Poesia Calabria-Veneto, le è stato conferito il ‘Premio alla Cultura per la Poesia’ con la seguente motivazione: “…saper custodire ‘i luoghi dell’anima’ con la sensibilità e la magia della sua poesia”.

(A cura di Silvia Rosa)