NICOLA DUBERTI
Fentanyl 50
queste poesie nascono tutte da un’unica esperienza: l’assistenza a mia madre: immobilizzata da 15 anni, è ormai completamente dipendente dal Fentanyl. Senza di Lui non potrebbe vivere, senza il Fentanyl non farebbe che urlare; invece grazie alla sua presenza, al suo tocco di cerotto sulla pelle nuda, alla sua carezza sottocutanea mia madre ogni tanto sorride, a tratti come un’onda ricorda, si fa portare fuori di casa in sedia a rotelle, guarda le gazze, i corvi, i gabbiani e le montagne lontane. Per questo il Fentanyl – e Lui soltanto – ha diritto all’iniziale maiuscola
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le gazze vanno a spasso sempre in coppia
una che guarda le vetrine, l’altra
più ironica si attarda
sul ramo di un ippocastano
ascolta distratta il canto del corvo,
frammento annerito
del corpo di orfeo
che un vento d’inferno riconduce nel mondo
quando poi si fa sera
e il cielo suona musiche di porpora
sulle corde tese dei monti
la coppia delle gazze si avvicina
alla sedia a rotelle e ti salutano
una da ovest sulla via degli inferi
l’altra da est in direzione del cielo
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depongo mia mamma, il suo corpo, sul letto
ortopedico
come un’ostia sulla lingua di un fedele
come la borsa dell’acqua calda
sorretta da un cuscino che confina
con la linea frastagliata dei suoi piedi
una costa di dolore geologico
una scogliera da cui mi tuffo
senza avere imparato i rudimenti del nuoto
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la scorta di parole si è esaurita
non c’è più nemmeno una sillaba
né briciole di suono sparpagliate
sul fondo dello zaino
è troppo tardi per tornare indietro.
il rifugio del verbo è lontano
ci si nutre di gesti
di sguardi di carezze di silenzi
così senza volere ci alleniamo
al silenzio che avremo sulla vetta
la nostra meta il nostro traguardo,
la nostra ultima destinazione
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signora, aiutatemi! per favore, aiutatemi! –la vecchia secca con i capelli grigi glielo dice a tutti e a
tutte, compresa mara venier che a domenica in sta intervistando tre attori italiani protagonisti di un
film
il film è i 3 moschettieri
uno dei moschettieri si chiama rocco papaleo
mara ride
fa il verso della gallina – ma la vecchia secca si rivolge a lei, ignora i tre attori come ignora me e
ignora le os che vanno e vengono nel salottino della casa di riposo
si fida solo di mara venier la vecchia inchiodata sulla sedia a rotelle
sotto il peso delle feste natalizie i parenti dei vecchi si allargano
ingrassano e si fanno largo nei corridoi del ricovero come se fossero babbo natale, reggono
pacchetti di carta che frusciano
e dentro c’è roba da mangiare – o da mettere addosso e quindi distruggere con un diverso processo
chimico – i vecchi sono tenuti in vita per dare il loro contributo al consumo e alla produzione e al
commercio e al pil – ma i vecchi si disinteressano dei parenti carichi di chili e di pacchi
si schierano in plotone davanti alla tivù collettiva del ricovero e guardano le pubblicità dei pandori e
dei panettoni
da quando sono qui dentro – dice la vecchia marchigiana con il foulard rosso in testa – ho perso
tutta la cognizione del tempo, non so mica in che stagione dell’anno viviamo…
…tu lo sai invece – rispondi
è la stagione del Fentanyl
da 50
42
l’astronomia del tuo sguardo
osservata attraverso la lente del Fentanyl
prevede uno zenith
stabilisce un nadir
lo zenith quando mi guardi
e dici è una bella giornata
il nadir quando guardi in terra
per farmi uccidere le formiche
*
Nicola Duberti è nato a Mondovì nel 1969, da una famiglia originaria di Viola, paese alpino dell’alta val Mongia. Insegna lettere nella scuola secondaria di primo grado di Rocca de’ Baldi. Ha esordito come poeta nel 1996, con la raccolta Varsci (Versi nel dialetto di Viola), Il Salice Dorato, Mondovì. Ad essa hanno fatto seguito altre raccolte in dialetto monregalese (Ënvortojé, Amici di Piazza, Mondovì, 2003, con una prefazione di Giovanni Tesio) e in italiano (Taccuino del barbiere chirurgo, Genesi Editore, Torino, 2008, con introduzione e nota critica di Sandro Gros-Pietro), haiku (Taj kurt) dicembre 2013 in una bellissima edizione stampata a mano con una preziosa copertina di Cinzia Ghigliano, J’òmbre’nt le gòmbe (Ca dë Studi Piemontèis 2013), il giallo L’innocenza del lupo, Pentàgora 2020, ed altri testi.
Con Ernesto Billò e Carlo Comino ha scritto Paròle Nòstre. Il dialetto ieri e oggi nei paesi del Monregalese, CEM, Mondovì, 2003. Nel 2012 è uscita, a cura sua e di Emanuele Miola, una raccolta di saggi linguistici e letterari dal titolo Alpi del Mare tra lingue e letterature: pluralità linguistica e ricerca di unità, Dell’Orso, Alessandria.