DINA TORTOROLI
È tutta intrisa della “pena” per l’inconcepibile “disdirsi” del Manzoni l’avvilente lamentela conclusiva di Carlo Tenca: “Non sappiamo comprendere”.
Ma, a ben vedere, lui stesso aveva individuato quali fossero i reali problemi da affrontare, per giungere a “immaginare” una soluzione accettabile degli enigmi, e li aveva enunciati con schiettezza.
Riascoltiamolo: «Non è permesso amare il proprio paese in silenzio, quando si ha nell’anima una parola da dirgli; non è permesso guardare al cielo e al mare procelloso colle braccia incrociate, quando tutti i naviganti hanno messo mano ai remi. Questa volontaria solitudine dell’uomo non è più possibile a concepirsi nel momento in cui tutto d’intorno gli comanda l’operosità e la compartecipazione all’esistenza collettiva».
Il «modo di vivere» è il filo conduttore di queste riflessioni.
Non so se debba essere chiamata in causa “la sua intelligenza”, capace di agire “istintivamente” o se Carlo Tenca conoscesse i precetti dell’importante poemetto medievale valdese La Nobla Leiçon, ma è indubbio che egli abbia saputo «concentrarsi sulle pratiche piuttosto che sulle credenze (dato che è sempre difficile ricostruire cosa gli individui effettivamente credessero o pensassero)». Perché «ciò che distingue coloro che scelgono di ascoltare la “nobile lezione” e di metterla in pratica è appunto l’osservanza di comportamenti prescritti prima ancora di un sistema di credenze. In fondo perfino l’esperienza di Valdo… è fatta di atti prima che di elaborazioni dottrinali: la predicazione itinerante, la povertà, la traduzione dei testi biblici in volgare…»*.
La fisionomia di un uomo è quindi rivelata da “come agisce, come si comporta”.
Pertanto, tramite un itinerario di 39 puntate, i lettori di Margutte hanno potuto constatare l’evolversi della “posizione di servizio” che connota la personalità di Carlo Imbonati – definitivamente attratto dal “modo di vivere” di San Gerolamo Emiliani quindi garante della dignità dell’uomo – rigorosamente impegnato a riservare la propria impareggiabile cultura alla “causa dell’umanità”.
E io ho l’impressione di essere ormai intenta a mostrare l’ovvio.
Non vi rinuncio, forse anche perché accreditati filosofi certificano che non è fatica sprecata.
Nel libro L’ordine del cuore / Etica e teoria del sentire (che «si raccoglie intorno a una sua regione centrale: il sentire, la vita delle emozioni, degli stati d’animo, degli umori, delle passioni, delle aspirazioni di ciascuno» e «rivendica al sentire un posto non soltanto centrale, ma costitutivo della nostra vita di persone») la docente di Filosofia della persona Roberta de Monticelli scrive: «Il filosofo che guarda il mondo con gli occhi spalancati cerca di chiarire, di portare alla luce dell’evidenza ciò che vede e che forse non tutti vedono. Ma forse veramente il fenomenologo piuttosto che cercare trova, in questo simile al bambino che vede che il re è nudo. Wittgenstein diceva: la preghiera del filosofo dovrebbe sempre cominciare così, aiuta ciascuno a vedere ciò che è sotto gli occhi di tutti. Vedere l’ovvio spesso è difficile, non a caso dei monumenti non ci accorgiamo quasi mai, imponenti ed evidenti come sono» (p. 34).
Sotto gli occhi di tutti – smisurato misfatto – è l’intento di far scomparire Carlo Imbonati dalla scena terrena.
Volendo vanificare l’empia condanna alla damnatio memoriae, di cui gli studiosi danno informazione rimanendo impassibili, posso nuovamente ricorrere a un documento che ho già fatto conoscere, per dare un saggio della force con cui l’Imbonati – a detta di Stendhal** – si rapportava ai “potenti”, quindi per attribuire al “mio” Carlo il poemetto La Résignation e la commedia La Bastiglia, in base alla grafia.
Ora, tutti gli elementi costitutivi di quella documentazione composita diventano utili, per fronteggiare operazioni cruciali:
1) replicare alle affermazioni del professor Weber, in base a dati certi,
2) riflettere sul tema dell’espatrio forzato,
3) introdurre la vicenda che impresse una svolta improvvisa alla vita dell’Imbonati, una decina di anni prima della sua “inopinata” morte.
Il testo-base è la petizione, indirizzata nel 1796 dall’Imbonati «Ai Deputati Residenti presso il Direttorio della Repubblica Francese», conservata presso l’Archivio Storico Civico di Milano (Fondo Famiglie, Cartella 807), che è indispensabile rileggere:
«Cittadini Deputati
Voi ci avete partecipato l’Arresto dell’Amministrazione Gen.e*** col quale su’ varj giusti motivi richiama i Cittadini assenti; tale misura generale comprende il Cittad.o Carlo Imbonati, la Cittad.a Giulia Beccaria Manzoni, e Gaetano Pistoni nostro domestico. Se non avessimo ad ascoltare che il nostro patriottismo, ed il nostro zelo all’osservanza di tutto quanto viene emanato dalle Autorità Costituite nella nostra Patria prenderessimo il più breve termine per giungere colà, ma avendo noi lasciato Milano per esperimentare un cangiamento d’aria, reso necessario alla nostra salute e particolarmente a me, (per tentare la guarigione di un’incomodo reso periodico quale mi aveva ridotto in uno stato di non poter in alcun modo servire la mia Patria,) non vorressimo perdere i vantaggi riportati esponendoci in questa stagione ad un viaggio sì lungo.
Consci a noi stessi della purità delle nostre intenzioni avvalorata dippiù dai Passaporti nostri segnati dal Comand.e della Lombardia, dalla Municipalità e dal Comitato di Polizia abbiamo resi Voi mediatori presso il Direttorio dal quale ci avete riportato il permesso di rimanere a Parigi; è la stessa mediazione vostra che ora impegniamo affine che l’Amminist.e Gen.e ci accorda una dilazione al nostro ritorno al di là del termine prescritto.
Frattanto amiamo Cittad.i Dep.ti farvi rimarcare, (e come il fatto lo comprova) che avendo noi dovuto lasciare la nostra Patria abbiamo però scielto per nostra dimora un luogo dove per tutti i punti possibili siamo immediatamente sotto l’inspezione delle leggi, che governano la nostra Patria: Salute e Rispetto. / Carlo Imbonati / Giulia Beccaria Manzoni / Parigi all’Hotel de la Paix / Li 24 Frimaire an: V / della Rep.a Francese».
Sui medesimi fogli, utilizzati dall’Imbonati, troviamo registrati proseguimento ed esito della questione.
Nell’esiguo margine alto del primo foglio è apposto il numero di protocollo: «815. “Assenti”».
A fianco, la data, come nessuno l’avrebbe scritta allora (4/12 /1796), dice che il documento ha subito una diversa catalogazione in epoca moderna. Infatti, nell’angolo destro del foglio che era servito da involucro campeggia – incorniciata da due tratti di penna – la scritta: Prot. N.o 83.
Quel medesimo foglio è utilizzato dall’amministratore Sommariva, per dare le necessarie disposizioni.
Nello spazio bianco al di sotto della segnalazione dei destinatari (di pugno dell’Imbonati) egli scrive:
«29. Frimale A.o V / Attese le particolari circostanze de’ Petizionari Imbonati e Manzoni; ed avuto riflesso alla Deputazione dell’Amministrazione Gen.le in Parigi interessata a favor Loro, gli si rilasci il corrispondente Certificato di assenza con permesso, infinochè dimoreranno Essi in Parigi / Sommariva».
Il definitivo intervento è del funzionario Abamonti […] che (con caratteri non sempre leggibili) ripete la data: 29 Frim. e il numero di protocollo degli “Assenti” che già conosciamo: 815; poi, al di sopra dell’ordine del Sommariva, annota: Spedito a’ 29 Frim., quasi a enfatizzare la prontezza con cui veniva assecondato il volere delle “Autorità Costituite”, condiscendenti verso l’illustre “assente”.
Nel 1796, come nel 1793****, sia a Milano sia a Parigi, Carlo Imbonati poteva fare assegnamento su persone che evidentemente ne avevano a cuore la sorte.
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* La nobile lezione (La Nobla Leiçon) / Poemetto medievale valdese (1420 c.), in lingua provenzale, a cura di Antonino De Stefano, introd. Carlo Papini, trad. Luciana Borghi Cedrini, Torino, Claudiana, 2003; in: Micol Long, I Valdesi medievali come “comunità”: nuove prospettive di ricerca, XVII FEBBRAIO 2024, pp. 17-18.
**«C’est l’existence de ces hommes de la force de M. Imbonati qui, à mes yeux, fait de l’Italie l’un des premiers pays du monde. Ce sont les hommes de la force de M. Imbonati qui, à Milan, osèrent résister à Napoleon dans tout l’éclat de sa puissance, et réjeter une loi par lui proposée à son corps législatif du royaume d’Italie» (Courrier anglais, Lettres à Stritch, XXIII , Rome, le 16 Novèmbre 1825).
***Nell’agosto 1796 era stata istituita, a Milano, l’Amministrazione generale della Lombardia, composta di dodici amministratori, nominati da Napoleone e selezionati in modo che tutte le sei province fossero rappresentate. A Milano, il Bonaparte aveva designato Alberto Alemagna, Giovanni Battista Sommariva, Gaetano Porro, Carlo Isimbardi, Francesco Visconti e Angelo Pavesi.
****Nessuna penale fu adottata contro il conte Carlo Imbonati, nonostante avesse introdotto a Milano, per la via di Chiasso Svizzero, fogli francesi proibiti (puntata n. 37).