PIETRO NIGRO
SUD
Più non ti crescerei in grembo
se non avessi virtù
di tramutare case di serpi
in terra d’aranci.
Non nascondere la vergogna
della tua povertà antica:
macinare sassi con la tua bocca di mulo
lascia sapori di campagna
tra miasmi solfidrici.
Lascia che io respiri ancora
aromi di pane secco
d’olive e di menta
al riparo di quel muro di pietre
e di roveti,
tenero dono di duri padri,
o volo estremo di provvidi gabbiani
su neri germogli
affogati nel fumo di ciminiere
che lascia poco spazio al cielo.
A TAORMINA
Quando in su la sera
si creerà l’incanto
di sfumanti colori di tramonto
e nell’argenteo chiarore
di stelle
canterà l’usignolo,
a te riporterò la mente mia,
o Taormina,
ai tuoi dolci pendii,
ai tuoi alberi
che la brezza marina
nutre di sussurri,
alle tue placide acque
che ascendono il cielo
in tenue velo di nebbia,
alla terrazza della villa al mare
ove presaga
al soffio di memorie
s’adagia la mia speranza.
TERRA DI SICILIA
Odo levarsi dai rovi
della mia terra dimenticata
il canto soffocato di uomini duri
come scorza d’ulivi
tra la fuliggine di sedicenti civiltà di ciminiere.
Le tue mani sono diventate
strumenti che spaccano pietre
e dissodano terreni,
e grondano sangue
della terra uccisa da retoriche promesse
di vati di menzogne.
Anch’io soffoco al tuo canto disperato,
ma non di pena;
dalle tue mani ho visto nascere
tra pietre fertili di sudore
germogli di speranze.
Sempre gridate ai figli il nome dei padri
che lievitano il pane con sale di lacrime
e li nutrono di carni martoriate.
La tua pena è squarcio d’azzurro
tra nembi di tempesta,
solco di coltro e di vomere
in campi inerti,
e sulla mia terra di Sicilia
udrò levarsi un canto di riscatto
di uomini liberi
al soffio di una tiepida brezza marina.
Questa raccolta di liriche comprende tutte le tematiche dell’autore in un ampio ed esauriente “florilegio”, adatto comunque a sviscerarne i contenuti e lo stile: infatti i capitoli nei quali è suddivisa l’opera rappresentano altrettanti motivi ispiratori dell’ars poetica di Nigro. Si succedono allora i vari aspetti della sua scrittura: Trinacria e Magna Grecia; Chiaroscuri della natura; I labirinti della memoria; Amore è vita; Tra la vita e l’oblio; Dal dolore all’anima, dall’essere all’infinito. Ma il libro, nell’epilogo, ha un ultimo capitolo inedito: Alla fine del tragitto, emblematica titolazione voluta dall’autore per significare chiaramente la probabile chiusura di un cammino esistenziale ed artistico.
Il suo canto si sviluppa dai vissuti soggettivi, dalle suggestioni dell’isola nativa, da indagini sulla condizione umana, attraversando il mondo dei sentimenti familiari e amorosi, conoscendo il dolore, la gioia e la speranza; esprime l’aspirazione dell’essere all’infinito, all’eterno, alle dimensioni metafisiche, con metamorfosi di andata e ritorno dal pessimismo cosmico e antropologico a visioni possibiliste sul destino umano dopo la morte, tema che, in ultima analisi, è quello che più l’assilla, poiché non trova certezze ma solo domande senza risposta.
In lui materia e spirito sono talvolta realtà antitetiche, talvolta categorie filosofiche alleate nella ricerca del miglior modo per vivere: affermare e negare allo stesso tempo mortalità e immortalità dell’uomo sembra essere una verità duplice, poiché la prima è evidente, mentre la seconda pur non essendo tangibile è fortemente desiderata. Germi, valori ed elementi di Cristianesimo s’affiancano e s’intrecciano nella sua visione ad un certo fatalismo della cultura mediterranea di origine classica, forse stemperato dagli afflati ideali e solidaristici. Lo scavo in profondità lo accomuna alla poesia d’impegno umano, intellettuale, etico, civile, volendo indicare all’umanità il giusto cammino verso la libertà, la civiltà, la pace; possiede quindi una concezione dell’arte di tipo finalistico. Poeticamente si riscontrano nei suoi testi influssi stilistici, estetici e contenutistici provenienti dell’ermetismo, amalgamati ad un neoclassicismo sobrio e levigato nel linguaggio.
In Trinacria e Magna Grecia sono cantate le migrazioni delle genti siciliane: lontano dalle trazzere si perdono le proprie radici e l’originaria identità si affievolisce sempre più. L’attaccamento alla terra nativa da parte del poeta è tenace e i suoi versi si distendono nella contemplazione naturalistica fra i Monti Iblei e il mare: così com’è arido il paesaggio in alcuni tratti, tale è la povertà secolare dei suoi abitanti. In Terra di Sicilia ecco il contrasto tra antico e nuovo: «Odo levarsi dai rovi / della mia terra dimenticata / il canto soffocato di uomini duri / come scorza d’ulivi / tra la fuliggine di sedicenti civiltà di ciminiere…».
In Chiaroscuri della natura emerge il poliedrico rapporto del poeta con l’elemento naturale, che assume sia valenze contemplative che aspetti filosofici. L’autore assegna alla natura il ruolo di suo simbolo ed essenza, perché «… commuovi il mio spirito / e i miei sensi elaborano il pensiero / per scoprirti e capirti», con una immedesimazione tra uomo e natura: «Sei tu la mia ambizione: / libertà di goderti, / natura» (Sei tu la mia ambizione).
Ne I labirinti della memoria la funzione del passato è concentrata nella lirica Ricetta: «Non mi umilia il sole: / anche se mi porta il nuovo / il passato non cancella. / Per far morire la nostalgia / risuscita il passato / rievoca le vecchie cose / rinnovale / mischiale al presente / e vivi».
La poesia amorosa di Nigro è raccoltain Amore è vita, rivolta all’unico, grande amore della sua vita, a cui è dedicato il libro. È un canto, talvolta melico, con reminiscenze stilnovistiche per la donna dei sogni: Quanto t’amo dirti vorrei («questo senso di mutuo perderci»); A te («Scava nel mio cuore / e vi troverai perle per te»); Sogno d’amore («È un sogno incantato / la mia vita accanto a te»); Oh, i tuoi occhi («I tuoi occhi / luce ai miei).
In Nigro (Tra la vita e l’oblio) è palese la consapevolezza della caducità umana, raffigurata efficacemente in La sigaretta: «… Così la vita! Una sigaretta che s’accende / allorché si nasce e che man mano / cenere lascia sul percorso cammino, / finché scompare».
Dal dolore all’anima, dall’essere all’infinito contiene liriche nelle quali si rivolge al Dio dei suoi padri affinché interceda per un destino di oltrità, di infinito, di vita escatologica; altre in cui afferma che il bene dell’anima va nutrito con la luce e la liberazione; altre ancora dove appare l’immagine delle Astronavi dell’anima su cui navigano uomini e dèi. Infine, epilogo significativo, Gesù e la storia pone il sigillo sulla verità ultima: «Padre nostro che sei nei cieli» (in corsivo nel testo).
ENZO CONCARDI
Pietro Nigro è nato ad Avola (SR) nel 1939 e risiede a Noto (SR); laureato in Lingue e Letterature Straniere all’Università di Catania, ha insegnato inglese presso varie scuole superiori. Ha iniziato a scrivere poesie fin da ragazzo; la sua ispirazione trae origine dai luoghi siciliani della sua infanzia e dagli ambienti francesi e svizzeri visitati durante le vacanze estive, in particolar modo Parigi (la sua città d’elezione), dove si recava spesso per perfezionare la conoscenza della lingua francese. Il primo libro di liriche, Il deserto e il cactus, è stato pubblicato da Guido Miano nel 1982 e gli è valso il 1° Premio assoluto per la poesia edita, Targa “Areopago” (1983, Roma). Sono seguite molte opere poetiche, testi di saggistica e altri lusinghevoli riconoscimenti, tra cui il prestigioso Premio “Luigi Pirandello” per la Letteratura (Taormina, 1985) e il Premio “La Pleiade ‘86”.