Parafrasando Hegel, secondo cui “il vero è l’intero”, Claudio Sottocornola sceglie come titolo del suo nuovo lavoro “La fatica dell’intero” (Oltre Edizioni, 2024), precisando nel sottotitolo che si parla del “pensiero come arte dell’incontro”. Approccio faticoso, se si pensa che il pensiero contrappositivo, con le conseguenti risse verbali e inimicizie mentali, domina oggi i talk show di successo, la lotta politica, il mondo della cultura, giù giù fino alle riunioni di condominio. Sottocornola, al contrario, nel suo libro inanella tredici esempi di opzioni all’apparenza contrastanti, nel tentativo di orientare a una concezione del pensiero come armonia e sintesi, convinto che l’aporia o contraddizione tale non è se si individuano piani diversi di realtà, e si accetta il carattere prospettico, storico e situato della propria percezione, sia in ambito cognitivo che esistenziale.
Verità o appartenenza? Coscienza o legge? Bisogno o libertà? Uguaglianza o gerarchia? Eroismo o gentilezza? Tecnica o mistica? Sono queste alcune delle opzioni che l’autore contrappone in un avvincente percorso che invita il lettore a pensare la verità come sintesi, con l’ovvia implicazione che vede nell’atteggiamento dialogante lo strumento più idoneo a perseguirla. Per Sottocornola infatti le nostre interpretazioni del mondo divergono anche perché diverso è il mythos che le sostiene e, mentre sarebbe fuorviante cercarne una comune omologazione, appare decisamente più proficuo sforzarsi di capire il punto di vista dell’altro, averne rispetto, cogliere il carattere strutturale che vi è per tutti sotteso, e relativizzare pertanto ogni portato dogmatico o intollerante che si insinui nei rispettivi mythos, trasformandoli in ideologia.
Viceversa, nell’approccio ermeneutico, per il quale ogni conoscenza è interpretazione, risulta più facile includere opzioni contrastanti in una formulazione di senso che, in qualche misura e modalità, le avalla entrambe, mostrando che una risposta univoca non è la migliore soluzione di un quesito, ma forse espressione di un eccesso di semplificazione, mentre integrare le diverse prospettive in campo contribuisce a generare appunto un’esperienza del pensiero come arte dell’incontro, superando luoghi comuni, cliché e appartenenze precostituite.
Così, ad esempio, proprio nel rapporto fra verità e appartenenza (una delle opzioni messe in gioco dall’autore), egli sviluppa una argomentazione che, mentre aborrisce il giudizio ideologico e di parte, riconosce tuttavia che partire da una posizione pregiudiziale (di appartenenza, appunto) è inevitabile, in quanto esseri storici: “Ecco il punto fondamentale. Prescindere dall’appartenenza impoverirebbe il mio giudizio, che si sostanzia e irrobustisce proprio grazie a quell’insieme di conoscenze e convinzioni che vanno a costituire un patrimonio acquisito di sapienza e saggezza pratica che è il mio orizzonte cognitivo. D’altro canto, appiattirsi rispetto a tale appartenenza ed assumere, a partire dai suoi canoni e schemi, un discorso o giudizio precostituito da applicare meccanicamente alla mia esperienza della realtà diventa un modo comodo e conformista di vivere, che mi esonera dalla ricerca interiore e rischia di avallare pregiudizi questa volta sì lesivi della dignità e integrità dell’altro”. Divenire consapevoli del carattere interpretativo della nostra conoscenza ci apre allora alla dimensione polifonica della verità, decisamente più affascinante di quella solistico-ideologica. Se dell’ideologia conserviamo infatti solo il mythos, come costellazione di esperienze, emozioni e idealità originarie, saremo disponibili e proveremo empatia per l’analogo mythos dell’altro, anche qualora si distanziasse dal nostro, e dunque il dialogo potrà fiorire permettendo a ogni interlocutore di sviluppare al meglio la propria posizione, contribuendo all’armonia del tutto.
Nelle tredici riflessioni proposte Sottocornola però più che teorizzare esemplifica, col risultato di mostrarci tale pensiero ermeneutico e dialogante all’opera nel redimere insanabili conflitti, insormontabili aporie, ostilità conclamate, collocandosi in una posizione borderline fra ricerca e speculazione pura da un lato, attualità e divulgazione dall’’altro, attraverso un connubio di teoria, esistenza, riflessione morale, esemplificazioni pratiche, il tutto attraverso una prosa estetizzante ma accessibile, rigorosa ma disponibile a diversi livelli di lettura.
La celebre icona della “Trinità” di Rublëv, scelta come immagine di copertina, ancor più sottolinea poi l’intento di Sottocornola, coniugare le istanze della metafisica classica con quelle di una contemporaneità dal pensiero debole, ma proprio per questo bisognosa di una qualche stabile mappa cognitiva, che non può tuttavia più identificarsi, come in passato, nella esclusività di una dottrina o ideologia, ma piuttosto predisporre a una comprensione umile, dialogante e mai apodittica di una verità che oggi si presenta al più come concetto limite, orizzonte inarrivabile, ma anche come meta costante del viaggio, che ci sprona a continuare perché – come fa dire Platone a Socrate nella famosa “Apologia” – “una vita senza ricerca non è degna di esser vissuta”. E in tale attitudine si può allora recuperare una sorta di agostiniana vocazione alla trascendenza, come inesausta e intima aspirazione dell’umano.
Se “il vero è l’intero”, come hegelianamente ricordato in apertura, allora la filosofia di Sottocornola, che attribuisce un qualche valore rivelativo ad ogni prospettiva esistente, non si risolve, come potrebbe semplicisticamente apparire, nell’effettuare una qualche geometrica somma delle parti, quasi ricostruendo a incastro una propria posizione in essa, ma, al contrario, nel dar voce e sviluppo alla propria unica e irripetibile interpretazione, avvertita però come sinergica alle altre, così che la verità finalmente si riveli nella sua condizione strutturalmente polifonica.
Claudio Sottocornola (Bergamo, 1959) si è laureato all’Università Cattolica di Milano con una tesi in Storia della teologia. Già ordinario di Filosofia e Storia nei licei, è stato anche docente di IRC, Materie letterarie, Scienze dell’educazione e Storia della canzone e dello spettacolo alla Terza Università di Bergamo. Iscritto all’Ordine dei giornalisti dal 1991, ha collaborato con diverse testate, radio e tv. Come filosofo si caratterizza per una forte attenzione alla categoria di interpretazione, alla cui luce indaga il mondo contemporaneo, ed ha spesso utilizzato musica, poesia e immagini per parlare a un pubblico trasversale, nelle scuole, nei teatri e nei più svariati luoghi del quotidiano. È autore di numerose pubblicazioni, anche transmediali, che coinvolgono tre aree tematiche prevalenti: l’autobiografia intellettuale, la cultura popular contemporanea, l’attuale crisi del sacro in Occidente e la sua possibile rimodulazione teologico-filosofica. Fra le opere più recenti, “Saggi Pop” (Marna, 2018), “Parole buone (Marna/Velar, 2020), “Occhio di bue” (Marna, 2021), “Tra cielo e terra” (Centro Eucaristico, 2023), “Fiorire nel deserto” (Velar, 2023), “Così vicino, così lontano” (Velar, 2023), “A che punto è la notte?” (Oltre Edizioni, 2024).
Sito: www.claudiosottocornola-claude.com
Canale YouTube: CLDclaudeproductions
(a cura di Gabriella Mongardi)