Poesie con gli occhiali di Daniel D. Marin

9791255711179

Dalla prefazione di Ștefania Mincu

[...] I testi di Daniel, molto assennati all’apparenza – se non addirittura puerili – sono, letteralmente, Poesie con gli occhiali che descrivono nei particolari, attraverso una sequenza quasi ipnotica, avventure nate da esperienze diottrico-oftalmologiche sul reale. La sua poesia sembra toccare un problema fondamentale della poetica attuale: il suo sforzo di superare la metafora, di avvicinarsi al reale per altre vie diverse da quelle tradizionali, che appartengono maggiormente alla cosiddetta “arte della parola”. Il vantaggio non attiene alle parole, al regime denotativo-connotativo di queste o al cambiamento di senso – alla metafora, in altre parole – bensì a quel vedere come di cui parlavano Wittgenstein e altri come lui. Ciò presuppone un parlare da uno spazio complice emittente-ricevente ove si manifestano quasi-parabolicamente i cosiddetti attori del reale, i quali non sono di natura reale e nemmeno allegorica, ma di natura postulatoria, creati per intero dalla mascherata introspettiva della poesia. Essendo finzioni date per vere, le figurine della poesia di Daniel diventano portatrici di senso solo per il fatto che non ne hanno; esse sono una specie di cloni del senso, totalmente paraboliche, non rimandano a un senso, ma alle stesse possibili formule del senso (fittizie anch’esse). Esse non portano, mediante la lettura, a una vittoria di una univocità di senso, ma a un insieme bizzarro somigliante a un senso (a uno o più, contemporaneamente) come nelle vecchie scritture ideogrammatiche. Esse scatenano una rottura di senso affine al senso, rimanendo astruse. Il loro non è un linguaggio significativo, ma eloquente, che provoca perplessità. [...] Vedere il reale da una certa angolazione nelle Poesie con gli occhiali (il titolo scelto da Daniel è esso stesso un brevetto!) non significa renderlo possibilmente intelligibile, ma riconoscibile senza mediazione, quantunque possano apparire “bizzarre” le diottrie che lo modificano. Si capisce che esistono svariate tipologie di questo vedere come, tramite cui viene posta sotto attacco la particolarità stessa dell’elementare mimesi. Gli occhiali mediante i quali osserva Daniel sono posti al contrario, poiché attraverso di essi non guardiamo il mondo, ma l’individuo stesso (o il Pokémon) che li indossa; non vediamo attraverso (cioè non sono looked through), ma verso (looked at). Sono occhiali che fermano lo sguardo nella concretezza bizzarra dell’immagine, nella sua materialità tangibile, impedendogli di passare oltre e trasformandolo in autoreferenzialità di modo che il ricevente possa osservare sé stesso in maniera fissa, sconcertante e indecisa, come in uno sguardo di Medusa.

Da Poesie con gli occhiali (Edizioni Ensemble 2024)

L’occhio di vetro

Il colonnello dall’occhio di vetro tira il tempo
per le lunghe. Il tempo si tende e si strappa.
Il colonnello spalanca l’occhio sano e con il fazzoletto
lustra a dovere quello di vetro, in cui ripone fiducia
totale quando va in missione.
Con l’occhio di vetro
il colonnello vede distintamente lo strappo.
È assai grande e già gli rivolge rimproveri oltraggiosi.
Il colonnello riflette: meglio cucirlo
con un filo resistente di poliestere o magari incollarlo
con l’adesivo industriale o il super attak?
Ma il colonnello è stufo di riflettere.
Sbuffa, sospira nervosamente e l’occhio di vetro si
appanna. Il colonnello si agita, ma invano: con l’occhio
di vetro appannato non vede più
lo strappo che, intanto, si è allargato
quanto il Gran Canyon.
Il colonnello si calma, si accende la pipa
e guarda compiaciuto l’alta società
con il suo occhio sano.

Ochiul de sticlă

Colonelul cu un ochi de sticlă trage de timp.
Timpul se întinde și se crapă.
Colonelul cască ochiul sănătos și cu batista
își lustruiește bine ochiul de sticlă, în care are perfectă
încredere când pleacă în misiune.
Prin ochiul de sticlă
colonelul vede foarte clar crăpătura.
E destul de mare și deja îi face reproșuri ultragiante.
Colonelul stă pe gânduri: s-o coasă
cu ață rezistentă din poliester sau mai bine s-o lipească
fie cu prenadez, fie cu super glue?
Dar colonelul se plictisește să stea pe gânduri.
Pufnește, răsuflă nervos și ochiul de sticlă se aburește.
Colonelul se agită, dar degeaba: prin ochiul
aburit de sticlă nu mai vede deloc
crăpătura care, între timp, s-a făcut
cât Marele Canion.
Colonelul se calmează, își aprinde pipa
și privește satisfăcut lumea mondenă
prin ochiul sănătos.

*

la roulotte

se avessi una roulotte sarei il coniglio di alabastro
più felice dell’Universo,
potrei viaggiare per il mondo
e mi fermerei nel luogo o nella città che vorrei,
ma soprattutto dormirei quando e quanto ne avrei voglia

così pensava dentro di sé il coniglio di alabastro
mentre camminava tranquillo sulla strada
canticchiando l’Aria del Rigoletto con le mani in tasca

guarda!, una roulotte proprio come la voglio io,
disse, questa volta ad alta voce, anzi urlò di gioia
il coniglio di alabastro, lanciandosi a una velocità
incredibile dietro alla roulotte che correva
a più di 100 km all’ora sulla strada

in pochi secondi il coniglio di alabastro
fu a un passo dalla roulotte, che si scontrò,
all’incrocio, con un autobus
e si trasformò in una massa amorfa di metallo

sotto lo sguardo perplesso del povero coniglio di alabastro,
che aveva accelerato fino alla velocità della luce
ed era arrivato in pochi secondi su un pianeta lontano
dove c’erano solo roulotte guidate da creature
strane, le quali, per sua meraviglia e scompiglio,
non somigliavano minimamente a un coniglio di alabastro

mașina cu rulotă

daca aş avea o maşină cu rulotă aş fi cel mai fericit
iepure de alabastru din Univers,
aş putea călători prin toată lumea
şi m-aş opri în ce loc sau oraş aş vrea eu,
dar mai ales aş dormi când şi cât aş avea chef

îşi spunea în gând iepurele de alabastru
în timp ce mergea paşnic pe stradă
fredonând Aria lui Rigoletto cu mâinile în buzunare

uite o maşină cu rulotă exact aşa cum vreau eu,
spuse de data asta cu voce tare sau mai degrabă
ţipă de bucurie iepurele de alabastru, şi tâşni cu o viteză
uluitoare după maşina cu rulotă care gonea
cu peste 100 pe stradă

în câteva secunde iepurele de alabastru
era la un pas de maşina cu rulotă, care se ciocni
în intersecţie cu un autobuz
şi se transformă într-o masă amorfă de metal

sub privirea perplexă a bietului iepure de alabastru,
care acceleră până la viteza luminii
şi ajunse în câteva secunde pe o planeta îndepărtată
unde erau numai maşini cu rulote conduse de nişte
creaturi bizare care, spre intrigarea și bulversarea lui,
nu semănau câtuși de puțin cu un iepure de alabastru

*

La lezione del cinismo

Imparo ad essere un buon cinico.
Mi aiuta con l’andare avanti.
Il cinismo del prestare mi
viene alla perfezione. Nel mio nuovo cappotto
sfilo quietamente attraverso la società.
La quota di popolarità
cresce inversamente proporzionale
alla poca indulgenza
che dimostro. Eppure
non riesco ad andare oltre.
Col cinismo in vista, passo
attraverso la società come uno splendido
manichino anoressico in passerella.

Lecția de cinism

Învăţ să fiu un bun cinic.
Mă ajută să trec peste.
Cinismul de împrumut îmi
vine perfect. În noua mea haină
defilez calm prin societate.
Cota de popularitate
îmi creşte invers proporţional
cu puţina îngăduinţă
de care dau dovadă. Însă tot
nu reuşesc să trec peste.
Cu cinismul la vedere, trec
prin societate ca un superb
manechin anorexic pe catwalk.

*

In agguato

Accendino, fuoco. Acqua bollita. Aria densa
e impura. Lo sghignazzo rumoroso delle bambine che
giocano a mosca cieca.
La libellula con le ali trasparenti. Il caffè.
La sedia di plastica. La finestra semiaperta.
Qualcuno mi osserva, qualcuno mi osserva sempre
e io a mia volta lo osservo.

La pândă

Brichetă, foc. Apa clocotită. Aerul dens
și impur. Chicoteala fetițelor care se joacă
de-a baba-oarba.
Libelula cu aripile străvezii. Cafeaua.
Scaunul de plastic. Fereastra întredeschisă.
Cineva pândește, cineva mereu mă pândește
și eu îl pândesc în același timp.

Daniel D. Marin è nato in Romania e vive in Italia da molti anni. Poeta e traduttore, è autore di cinque raccolte poetiche, di cui una in italiano: I corpi che non ci calzano mai a pennello (2022; Premio Libro d’autore al Festival Internazionale di Poesia Getafe-Madrid 2023; Menzione d’onore al Premio Lorenzo Montano 2023). Ha curato un’antologia della Generazione 2000 della letteratura romena (2010), e BorderLine 2000. Dieci autrici per un’antologia della poesia di oggi (2021; edizione italo-romena).

(A cura di Silvia Rosa)