LAURA BONFIGLIO
Si sta svolgendo alla Gam (Galleria Arte Moderna) di Torino una mostra dedicata a Berthe Morisot, curata da Maria Teresa Benedetti e Giulia Perin, che durerà fino al 9 marzo 2025, rientrando nelle celebrazioni del 150º anniversario dell’Impressionismo, inclusa nella stagione commemorativa avviata dal Museo d’Orsay di Parigi insieme alla mostra di Nizza Escales Impressionistes: tutte queste mostre per tributare omaggio agli artisti a cui le rigide regole dell’Accademia francese erano diventate troppo strette, un gruppo di ventiquattro artisti che vantavano uno stile forse troppo innovativo per il Salon.
Allestita con il sostegno eccezionale del Musèe Marmottan Monet di Parigi, istituzione che vanta la più grande raccolta di opere della pittrice e da cui provengono i dipinti, la mostra è un atto dovuto all’unica donna tra i fondatori del movimento Impressionista; l’allestimento è realizzato con la collaborazione di Stefano Arienti, artista italiano che si inserisce all’interno del progetto rivestendo le pareti con carte da parati e nastri d’organza a righe o fiori, tipici dell’epoca. In dialogo con le opere di Morisot, il contributo di Arienti, l’Intruso, si sviluppa lungo tutto il percorso espositivo.
Berthe Morisot ha avuto un ruolo importante nella storia del movimento partecipando a sette delle otto mostre impressioniste che si sono tenute dal 1874 al 1886 (una sola assenza nel 1879 per la nascita della figlia Julie); unica pittrice a esporre il 15 aprile 1874 nello studio del fotografo Felix Nadar, data che ha segnato la nascita dell’Impressionismo.
Morisot nacque a Bourges nel 1841, da un’agiata famiglia borghese che nel 1851 si trasferì a Passy, nei pressi di Parigi. La città in quel periodo viveva un momento di vivacità intellettuale ed artistica unica in Europa e nella giovane Berthe si accese l’interesse per la pittura. I genitori favorirono questa passione aprendo la loro casa ad artisti e scrittori; la madre, donna elegante e di grande cultura, resasi conto delle doti delle figlie permette loro di frequentare le lezioni di Joseph-Benoit Guichard, allievo di Ingres poi seguace di Eugene Delacroix che riconoscendo il talento delle ragazze, scrive al padre: “Considerato il carattere delle vostre figlie, il mio insegnamento non le doterà di piccoli risultati da salotto ma diventeranno pittrici”.
Il passo successivo per diventare artista avrebbe dovuto essere la frequenza dell’École des Beaux-Arts di Parigi, che sfortunatamente però non accetta le donne. Berthe non si perde d’animo, e cura la sua passione con determinazione e coraggio, seguendo la sua strada personale.
Nel 1868 Morisot, durante una visita al Louvre, conosce Édouard Manet, il più importante artista del suo tempo, con il quale instaura una profonda amicizia, forse una relazione d’amore, ma anche un rapporto professionale. I due artisti si influenzano a vicenda nello stile e Manet la sceglie anche come musa per alcuni dei suoi dipinti; qualche anno dopo Berthe sposa Eugène Manet, fratello di Édouard.
Sapendo conciliare vita familiare e carriera artistica, intrattenne fecondi rapporti con i più grandi artisti dell’epoca oltre che con Renoir, Monet, Manet, Degas anche con figure di intellettuali quali Mallarmé e Zola.
La pittrice visse intensamente la propria vicenda creativa e anche dopo il matrimonio continuò a firmare le sue opere con il suo nome da nubile per affermare ulteriormente la sua indipendenza; il suo legame con la poetica del movimento e le continue frequentazioni con gli altri pittori, mettono in evidenza il suo personalissimo timbro, quello di saper cogliere la labilità dell’attimo, a simbolo della fragilità dell’esistenza e la sua capacità femminile di rappresentare con grazia gli elementi della natura e della realtà. Lei è francese in tutte le sfaccettature del suo stare al mondo, è signorile, elegante, allegra e spensierata; così dicono di lei alcuni critici d’arte del suo tempo.
Le figure femminili di Morisot sono moderne non solo perché sono vestite alla moda ma, anche quando sono concentrate in attività lavorative o in momenti di riposo dalle occupazioni quotidiane, possiedono il fascino particolare della giovinezza che viene evidenziato dalla luce chiara e tenue: sono le fanciulle in fiore i cui lineamenti sono appena abbozzati mentre il pennello indugia sulla posa languida, sul tessuto di pregio dell’abito, dando anche prova del talento come colorista dell’autrice: le sue pennellate sono leggere e rapide, i toni pastello che caratterizzano i suoi dipinti, raccontano di una vita vissuta nel silenzio e nell’ascolto dell’oggetto del suo sguardo, un legame intimo, dove il confine tra l’artista e il soggetto diventa sfumato, come la memoria che si dissolve nel tempo.
La chiamano l’angelo del non finito, i suoi disegni sembrano solo un abbozzo, la tela viene lasciata a vista diventando parte della composizione, sfruttandola come un colore sugli altri e la pennellata è molto libera e sempre evidente. Sa il fatto suo e difende il suo stile colmo di delicatezza.
La figlia Julie posa in diversi periodi della sua crescita, prima con la bambola, poi col cane Gamin, poi con un libro in mano; la madre cerca di fissare sulla tela un sorriso, un fiore, un ramo, insomma ciò che si trova davanti per far prevalere l’atmosfera sul soggetto. Sarà proprio la figlia Julie, facendo un grande lavoro di documentazione, che riuscirà a sottrarre la madre e tutti i suoi lavori all’oblio.
Contemporaneamente alla mostra di Torino si svolge a Genova, a Palazzo Ducale, Impression, Morisot curata da Marianne Mathieu, tra le più rinomate esperte dell’opera di Berthe Morisot e studiosa della storia dell’Impressionismo: 86 opere, tra dipinti, acqueforti, acquerelli, pastelli, cui si aggiungono documenti fotografici e d’archivio, molti dei quali provenienti dagli eredi Morisot che consentono di ripercorrere la vita dell’artista e i suoi spostamenti e soggiorni in Riviera: forte sarà l’influenza della luce mediterranea sulla sua opera.
I paesaggi dipinti da Morisot sono rari ma durante i suoi soggiorni a Nizza è soprattutto il porto il soggetto preferito, che dipinse a bordo di una barca, insieme al marito.
Come già aveva dovuto lottare, in epoca barocca, Artemisia Gentileschi, anche la determinata Berthe riuscì ad emergere in un mondo maschile: donne coraggiose che si sono distinte per aver cercato di affermarsi in ambiti ritenuti esclusivi degli uomini.
Degas dirà di lei: “Troviamo che il nome e il talento di Berthe Morisot siano troppo affari nostri per poterne fare a meno”. Ma la sua lapide, nel cimitero di Passy, nei pressi di Parigi, riporta questa sola scritta: Berthe Morisot, vedova di Eugène Manet.