“Humanità e Lucifero” di Alessandro Scarlatti: un oratorio modernissimo

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GABRIELLA MONGARDI

L’oratorio barocco è una cantata sacra eseguita in forma di concerto, senza rappresentazione scenica, che fiorì nel XVII secolo a Roma, all’interno della Congregazione dell’Oratorio fondata da S. Filippo Neri, e da lì si diffuse in tutta Europa. Come nell’opera lirica, il musicista parte da un libretto, che per l’oratorio è basato generalmente su episodi tratti dal Vecchio o dal Nuovo Testamento o dall’agiografia, ma non mancano libretti su soggetti cosiddetti “ideali”, che hanno per interlocutori figure allegoriche, come in questo oratorio di Alessandro Scarlatti Humanità e Lucifero, eseguito per la prima volta a Roma l’8 settembre 1704, e riproposto dall’Academia Montis Regalis per i trecento anni dalla morte del compositore. Sono questi gli Oratori più suggestivi, che superano il tempo grazie alla potenza dell’allegoria da un lato, e della musica dall’altro. Proprio questo aspetto, l’intreccio di parole e musica, mi preme mettere qui in risalto.

Il testo, di un autore rimasto anonimo, ma dotato di indubbio talento poetico e metrico, mette in scena in maniera obliqua, indiretta, la lotta tra Dio e il diavolo per la salvezza del genere umano dalla dannazione eterna  – ovvero, per dirla in termini laici, l’eterna lotta tra Bene e Male, tra Vita e Morte… Dei due personaggi dell’Oratorio, infatti, uno è sì il diavolo (Lucifero, tenore), ma l’altro non è Dio, come sarebbe logico aspettarsi, né Maria di cui si celebra la nascita, bensì il genere umano (Humanità, soprano). Questo scarto di prospettiva, questo slittamento nel punto di vista “umanizza” per così dire il testo e lo avvicina a noi, uomini di tre secoli dopo, che magari non condividiamo quella concezione religiosa, ma condividiamo l’esultanza per la nascita di una bambina (palestinese? ebrea? in ogni caso “semita”) che è portatrice di Vita, condividiamo l’anelito alla pace “da sponda a sponda”, riconosciamo il sarcasmo arrogante e il puerile vittimismo del diavolo, signore della Morte… ma il librettista va oltre, e fa del diavolo il vero protagonista letterario del suo testo. L’Humanità, infatti, rimane un’entità astratta,  “bloccata” nella sua gioia per la nascita di Maria, che nell’economia della Salvezza è destinata a sconfiggere il Male dando alla luce Gesù, mentre la figura di Lucifero ha una netta evoluzione: arriva a riconoscere la sua sconfitta, è capace di ammettere di non essere più “prence né re”, matura un senso della realtà profondamente umano…

La musica di Scarlatti fa il resto, grazie alla brillante interpretazione dell’orchestra barocca dell’Academia Montis Regalis guidata con passione dalla clavicembalista Chiara Cattani, grazie alle voci calde e morbide del soprano Anita Giovanna Rosati e del tenore Žiga Čopi, che affrontano con grande naturalezza gorgheggi, trilli, acuti virtuosistici.
La musica fa il resto non solo nel senso che coinvolge ulteriormente l’ascoltatore con l’affascinante splendore di tutti i colori e le sfumature timbriche della varia compagine strumentale (un’orchestra d’archi barocca con cembalo, organo, tromba, flauti, liuto e chitarra), ma nel senso che costituisce un vero e proprio “commento” al testo e a sua volta ne viene arricchita di significato. Come rileva Giovanni Tasso nelle preziose Note si sala, la scrittura di Alessandro Scarlatti “è ricca di contrasti e alterna sapientemente sinfonie di notevole impatto, recitativi accompagnati, arie in concerto e all’unisono con passaggi brillantemente virtuosistici” – ne risulta quasi una suite di danze, dal ritmo variato e trascinante.
Se il canto dell’Humanità è per lo più accompagnato dai violini o dal liuto con i suoi melodiosi arpeggi, è intorno al diavolo che si alternano vari strumenti, a sottolinearne i vari aspetti e “affetti”: l’organo con il suo registro profondo ne mette in risalto l’“infernalità”, la tromba l’alterigia e la rabbia, in un concitato dialogo con i violini, il flautino il vittimismo. Ma la musica non si limita a integrare il testo, ad amplificare ciò che esso esprime, come per esempio avviene nella tempestosa aria di Lucifero Torno ai regni dell’orrido Averno: a volte lo contraddice, come nel finale della prima parte, con un controcanto malinconico a parole fiere e bellicose, o conclude in pianissimo, senza trionfalismi, la contesa perenne tra Lucifero e Humanità – quasi a ricordarci che in realtà non si conclude…