“Margutte”, come noto, deve il suo nome al gigante co-protagonista del “Morgante” di Luigi Pulci, uno dei capolavori della letteratura rinascimentale (qui tutta la storia nel dettaglio).
Tra le ultime (forse l’ultima, prima di questa nostra nonrivista) riletture del testo vi è “L’Orlando in Beirut” di Franco Passatore e Graziano Melano, che riutilizza e riscrive, in parte, brani del Morgante. In questa opera è l’attore Vanni Zinola a interpretare la figura di Margutte, ricontestualizzata ai tempi delle “missioni di pace”. Non potevamo mancare di approfondire l’argomento, come è avvenuto qui.
Ma c’è stato qualcosa di più di un mero articolo rievocativo. Vanni Zinola si è prestato a tornare ad essere Margutte, il suo Margutte, quello dell’Orlando in Beirut, interpretandone le parti sullo sfondo della Mondovì della nostra nonrivista.
Margutte non è nuovo a cavalcature inverosimili, tra cui un’enorme tartaruga (che poi divorerà). Ma questa è la prima volta, crediamo, che prende una funicolare, dove ripete il suo famoso proclama di fede:
Secondo una versione del mito tramandato dal Pulci, Margutte non sarebbe morto, ma sarebbe partito alla ricerca della Torre di Babele, creata da Nembrotte, il patriarca biblico dei giganti. Forse qui egli l’ha trovata nella Torre del Belvedere:
La lunga autopresentazione di Margutte continua in via Ascanio Vitozzi, dove davanti alle tombe dei santi vescovi di Mondovì proclama il suo particolare interesse per la religione.
Sul ponte della Funicolare Margutte parla della sua abilità di falsario.
E la conclusione del monologo, con l’elogio della Gola, si conclude correttamente nelle Cantine Bonaparte:
E con questo, possiamo ora davvero dire che Margutte è passato a Mondovì.