MIMMO PUCCIARELLI
Sono tutte là.
Le farfalle non vivono che un giorno. Perlomeno è quello che mi hanno sussurrato all’orecchio dei maestri di scuola per insegnarmi la vita.
Io non riesco a crederci. Quando me ne vado in montagna, da solo, e ascolto il silenzio delle cose, sento il fruscio delle loro ali, vedo una miriade di colori che mi dipingono l’iride ed allora corro per prenderle in mano. Delicatamente.
Riesco ad acciuffarne una. Chiudo il palmo della mano affinché non riprenda il volo e poi quando il suo cuore ha finito di chiedere aiuto, quando ha capito che è in prigione e che non può far altro che aspettare che le si apra la porta, per un attimo socchiudo la gabbia ed eccola. Bella. Mi guarda e mi chiede chi sono. Io cerco di spiegarle, utilizzando la sua stessa lingua, chi era mia madre e mio padre. Dove vivo. Quanti anni ho. Perché ho voluto catturare la sua immagine.
Finalmente acquietata si lascia guardare per qualche secondo, il tempo che scatti la foto et poi libera se ne torna sulle sue scalinate, alle sue faccende domestiche, oppure a sferruzzare una calza, un centrino, o dei chilometri di merletto che potranno sempre servire ai nipoti o alle nipoti che verranno…
Felice di aver potuto raccogliere una storia che è tutta scritta in quelle rughe, in quegli abiti di un giorno qualunque, tra i rumori di gente che passa e osserva, e con il sole che funge da ingegnere della luce, idealmente bacio la signora come se fosse mia madre, mia nonna, la mia bisnonna, una mia figlia, la compagna della mia vita.
Poi penso: ma ognuna di essa potrebbe riempire un libro di ricordi. So anche che essi sono tutti racchiusi in un vascello di carta pesta nascosto tra le lenzuola bianche e profumate pronte ad ogni evenienza.
Allora i miei occhi si agitano tra le onde delle lacrime che vorrebbero straripare ed inondare il mio obbiettivo.
Di colpo mi sento come Pollicino, anzi più piccolo ancora. Questa mia dimensione mi dà la possibilità di avvicinarmi a quelle rughe inventate dagli anni e vado a cercarvi un posto per nascondermi.
In quella posizione e senza paura di farmi sentire dagli altri, posso allora urlare ad ognuna di esse: ti amo.
Chissà che non riesca a farmi ascoltare…