Breve biografia
Marco Cinque nasce a Roma il 4 settembre 1957. Scrive, fotografa, suona, recita, pubblica saggi, raccolte poetiche, articoli. Partecipa ad album musicali, festival internazionali di poesia, mostre pittoriche e fotografiche. Attraverso i linguaggi dell’arte veicola tematiche sociali e ambientali, privilegiando nei suoi progetti multimediali le scuole di ogni ordine e grado. Ha lavorato nell’area del disagio giovanile, in progetti di formazione (AISE-ENAIP) realizzati nelle periferie di Roma, finanziati dalla Regione Lazio e dalla Comunità Europea. Ha promosso la campagna nazionale Adotta un condannato: adozioni epistolari di prigionieri detenuti nei bracci della morte statunitensi. Ha collaborato con musicisti come Maurizio Carbone, Massimo Mollo, Martin O’Loughlin, Marcos Vinicius, Marzouk Mejri, Mariano Melis; attori come Tecla Silvestrini, Luigi Marangoni, Lorenzo Acquaviva, Stefano Lucarelli, Michele Vargiu, Mario Palmieri; poeti come Jack Hirschman, Lance Henson, Carter Revard, Hawad Mahmoudan, Marcia Theophilo, Carmen Yanez, Alberto Masala, Samih Al-Qasim, H.S. Shivaprakash, e altri. Ha pubblicato circa 30 libri ed è stato tradotto in inglese, spagnolo e tedesco. Attualmente lavora presso la segreteria de il manifesto e collabora con la redazione scrivendo articoli e recensioni sui temi dei diritti umani e sulla discriminazione delle minoranze etniche. Oltre che sul giornale quotidiano ha pubblicato anche sugli inserti culturali Alias (settimanale) e Le Monde Diplomatique (mensile).
Quando e come si è avvicinato alla poesia…
Nel 2001, dopo aver cominciato a collaborare come strimpellatore di strumenti etnici in alcuni festival internazionali di poesia, soprattutto dopo aver ascoltato voci “fuori dal coro” di autori e autrici come Jack Hirschman, Izet Sarajlić, Lance Henson, Carmen Yanez, Mahmoud Darwish e tanti/e altri/e, che utilizzano il linguaggio poetico non come strumento di affermazione personale ma come opportunità per raccontare la realtà, per denunciare le ingiustizie, per cercare i tanti volti della verità, per creare relazioni nel vivo del tessuto sociale e anche per aprire interazioni con gli altri linguaggi dell’arte e della comunicazione. Da allora non vedo più la poesia come un linguaggio arcaico (di “donzellette” e “pargolette mani”), desueto, estemporaneo o come una dimensione elitaria, esclusiva ed autoreferenziale, così caratteristica dei circoli accademici e dei salotti letterari, ma piuttosto come un linguaggio vivo con cui interagire concretamente nella società civile: periferie, piazze, fabbriche, teatri, carceri, ma soprattutto scuole.
Eventuali attività poetiche, collaborazioni (riviste, collettivi, ecc.) e pubblicazioni…
Bibliografia poetica: Civiltà cannibali, prefaz. T. Di Francesco – Ed. Monteditt, Milano 2004; Percezioni, prefaz. Jack Hirschman, Ed. Montedit, Milano 2005; A voce alta, poesia come impegno civile, Ed. Ilmiolibro.it, Roma 2009; Fotopoetando, Ed. Ilmiolibro.it, Roma 2010; Sulla strada, Ed. Ilmiolibro.it (con Vincenza Salvatore), Roma 2010; Acca-Due-O – Ed. Ilmiolibro.it, Roma 2010 (con Gabriel Impaglione) Roma 2010; Dalla parte del torto – Ed. Ilmiolibro.it, Roma 2010; Sintesi, con prefaz. di Beppe Costa -Ed. Ilmiolibro.it, Roma 2011; AA.VV., Poeti da morire, prefaz. Margherita Hack, Ed. G.Perrone, Roma 2007; InterAzioni, raccolta di ritratti e versi, Ed. Ilmiolibro.it, Roma 2011; Acqua privata? No grazie, Ed. Ilmiolibro.it, Roma 2011; Revolution, Ed. Ilmiolibro.it, Roma 2012; Versi di senno (sul disagio mentale), Ed. Ilmiolibro.it, Roma 2012; DiVerso InVerso, Ed. Ilmiolibro.it, Roma 2012; Io dissento (giustizia come pena), Ed. Ilmiolibro.it, Roma 2012; Parola nuda (dal foglio alla voce), Ed. Ilmiolibro.it, Roma 2012; FinePenaMai (con Alberto Ramundo), Ed. Ilmiolibro.it, Roma 2013; Muri e mari – il naufragar non m’è più dolce, Ed. Ilmiolibro.it, Roma 2013.
Libri collettivi: AA.VV., Navigando nelle parole Vol.1, 6, 9, Ed. Il Filo, 2002, 2003, 2004; AA.VV., Haiku – Tre versi per la pace, Ed. Il Filo, 2003; AA.VV., Catalogo First World Exposition of the works of E.D’Artagnan, NewYork 2003; AA.VV., Kimere d’autore – ed. Kimerik 2004; AA.VV., Una poesia per emergere – Ed. Giulio Perrone, 2006; AA.VV., Raccontare Roma, Ed. Giulio Perrone, 2007; AA.VV., In Senso InVerso, Ed. Terresommerse 2008; AA.VV., Portraits/Ritratti foto-poetici, Edizioni Associate 2009; AA.VV., Trent’anni di poesia, Ed. Cenacolo Clemente Rebora, Savigliano 2010; AA.VV., Revolutionary Poets Brigate, Ed. Caza de Poesia, San Francisco 2010; AA.VV., Rome’s Revolutionary Poets Brigade, Ed. Ensemble, Roma, 2012; AA.VV., 100 THOUSAND POETS FOR CHANGE, Albeggi Edizioni, Roma, 2013; AA.VV., Jackissimo, Ed. SEAM, Roma, 2014; AA.VV., Articolo 1 – una Repubblica Affondata sul lavoro, Ed. Albeggi, Roma, 2014.
Cos’è la poesia per lei? …
Poesia è rivolta
contro la tirannia degli accapo
oltre il muro del foglio
mio confine.
Credo che in diverso modo e misura siamo tutti poeti, nel senso che non ritengo la poesia un titolo nobiliare con cui fregiarsi, ma uno stato dell’essere che appartiene a ciascuno di noi e che in molti, semplicemente o banalmente, trascurano o dimenticano di avere. Inoltre, fare poesia è anche un po’ come “coltivare”, perché penso che la dimensione ideale per una persona che voglia esprimere dei contenuti e dei valori attraverso la poesia dovrebbe essere sempre quella di calarsi nei panni di un contadino che semina e che si cura della salute della terra prima ancora che della sua. Questo significa che la scrittura poetica dovrebbe diventare un qualcosa che facciamo per gli altri prima ancora che per noi stessi.
Gerardo è analfabeta
scrive poesie con la voce
mentre con le dita in uno spazio vuoto
disegna il mondo.
***
IRMA
Irma si alza assieme alla mattina
ma la sua voce ha smesso di svegliarsi
chi più parla spesso meno dice
al teatro dove fingono le ombre
ma tu perché non parli, piccola Irma?
“per dire cosa, per dirlo a chi?”
risponde il suo silenzio
vibrando nella luce.
***
COMPRA CALZINI
“Compra calzini, capo
costa solo 1 euro, capo
calzini, compra calzini”
Non sono il tuo capo
ascoltami, guardami bene
non vedi? Sono tuo fratello
riguardo ai calzini, lo sai
vorrei avere mille piedi
ma ne ho soltanto due:
il mio e il tuo, fratello
che in questa merda
si vive su una gamba sola.
***
PECCATO CLANDESTINO
Splendevano i riflessi del mio miraggio
sorgendo su orizzonti sanguinanti di lutto
come raggi di un irrimediabile destino
illuminando ogni possibile meta sognata
brillando come stelle in una notte disperata
Le catene della tortura segnavano i miei passi
ovunque andassi o mi trovassi, senza tregua
ma quel miraggio che avevo custodito
come fosse l’ultimo tesoro, il residuo
d’aria in questa terra senza respiro
quel miraggio adesso s’è fatto incubo
assediando ogni possibile angolo di me
divorando ogni cellula, ogni tocco
ogni sguardo, ogni pensiero, trasformandosi poi
nel nulla più nulla di chi ancora fossi mai stato
Cucio le mie labbra di protesta
per la mia dignità tradita, dove le urla
giacciono del tutto e da troppo inascoltate
e mi rifiuto di mangiare il vostro cibo per cani
offerto in ciotole di propaganda e finta compassione
Cos’è questo luogo se non una tomba dei diritti?
e cosa sono i miei diritti in uno Stato che non riesce
a pronunciare il mio vero nome e non tollera
nemmeno la mia presenza, la mia ombra?
Giaccio qui, avvolto in questa ragnatela di disprezzo
aspettando il vostro bifido morso velenoso
qui, in un paese che m’ha abortito già morto
svendendomi alla sua coscienza senza peso
qui, dove i cimiteri non sono ricordati
nemmeno quando ci abiti da vivo
Ma siete venuti voi per primi, ricordate?
a insultare, depredare, impoverire mia Madre
ad estirpare le mie sorelle, i miei fratelli
rendendoli vostri schiavi, ad appestare
la mia aria, avvelenare i fiumi, ricattare
ciò che resta delle macerie del mio paese
per colonizzarlo, crocifiggerlo fino all’agonia
ed ora che noi, figli sopravvissuti, osiamo
mendicare semplice umana sopravvivenza
ci insultate, prendete a calci, facendo credere
al mondo e a voi stessi di farlo per il nostro bene
ma questo bene è l’inferno e voi i démoni che lo
comandano. Ricordate: le nostre peggiori catene
portano ancora la vostra firma, il vostro nome.
Ricordate! Ricordate! Ricordate!
***
RESTIAMO UMANI
Se il tuo corpo fosse albero
e una specie cosiddetta “eletta”
marchiasse la tua pelle di corteccia
con sfregi parassiti di conquista
testimoni di futili passaggi
e se tu, albero
almeno avessi mani
lasceresti la tua storia incisa
sopra un corpo tanto vivo quanto idiota?
Ma ora scrivi sulla tua vita smarrita
imbratta le tue contraddizioni
scarabocchia sulla tua indifferenza
umilia i tuoi egoismi
sfregia la tua arroganza
piscia sulla tua coscienza
nelle latrine dell’incoscienza
lascia pure la tua biografia
sui muri infami delle prigioni
sulle tombe violate dei tuoi congiunti
sugli ideali assassinati dai tuoi profitti
sul volto vuoto dei paradisi promessi
nel cuore dei tuoi abissi
nell’abisso del tuo cuore
ormai fattosi di pietra
Ma adesso rialzati, finalmente
in uno specchio di consapevolezza
bruciando negli inferni che hai creato
il seme della comprensione ti divorerà gli occhi
e si conficcherà in ogni pensiero reduce dalla
tua antropofagia, schiudendosi poi nel tuo petto
come un fiore di dolore che indicherà la strada
a ciò che in te è sopravvissuto
di ancora umano.
***
BALLATA DI MAGGIO
Ditemi se ha un volto il paradiso
che l’inferno già l’ho conosciuto
raccontatemi le favole più belle
le speranze che non ho mai avuto.
Ma spogliatemi di questa canzone
che mi porto come un timbro di viaggio
regalatemi una nuova emozione
come un campo fiorito di maggio.
Un maggio accecato dallo scoppio
di quel fiore dal colore maledetto
e un papavero che fuori stagione
sbocciava sul tuo collo perfetto.
Avrei voluto che fosse di febbraio
ma quel mese non arriva tutt’intero
avrei voluto che fosse d’inverno
per piangerti del pianto più vero.
E sparatemi qui, nel centro del petto
oppure iniettatemi come un animale
che la vostra pietà non l’ho mai voluta
perché di pietà non ne ho mai avuta.
Ho scritto una lettera di perdono
con sopra un indirizzo scaduto
l’ho spedita come una sentenza
a me stesso, per l’ultimo saluto.
Non credevo che bastasse il giorno
non pensavo che arrivasse il lampo
sono qui, non sono mai stato
ancora esisto, non sono mai nato.
Non misurate la vostra rabbia
con la mia sconfinata follia
perché non c’è giustizia più ingiusta
di quella che non sento mia.
***
SVEGLIATI!
Svegliati parola
torna in te, torna
al rossore delle tue origini
canta la nudità impura
fuori dalla tua bocca
dalla tua voce dalla tua gola
germoglia dalla natura smarrita del silenzio
che svela il miracolo, l’arcano del tuo senso
svegliati parola
dall’olimpo delle tue vanità
da ogni prigione ogni frontiera
da ogni ghetto, confine, barriera
dove ti sei fatta guerra, morte, tortura
dove torni assolvendo te stessa
mutando l’orrore in bandiera
svegliati, svegliati parola
da questa indistinta moltitudine
che ti sta rendendo ciecamente sola
svegliati dal lutto
dei tuoi eserciti d’accademia
dal sonno che ti rende moribonda
dalle rughe della tua vecchiaia fallita
dai vagiti della tua infanzia tradita
torna come un’onda
infrangiti nel mio petto
come una visione, un coito
uno scoppio di luce
come un risveglio rovente di fenice
fa’ della mia lingua una frusta di colore
fa’ d’ogni singola, dannata EGO-biografia
un anonimo atto di smisurato
amore.