La raccolta di poesie che Mimmo Pucciarelli ci dona è un proseguimento del percorso poetico dell’autore, un approfondimento di stagioni esistenziali che si snodano temporalmente dall’autunno 2006 alla primavera 2013.
Le date messe in calce a numerosi testi, fanno della poesia di Pucciarelli una sorta di diario esistenziale, di svelamento e rivelamento di una interiorità ora notturna ora solare che accompagna il poeta nelle diverse esperienze umane.
«Un fiume piccolo / scoprirà le venature del marmo» (Nocciolo): così come l’acqua nel suo scorrere fa emergere il lato più profondo, bello della roccia (le venature del marmo), così la poesia nel suo fluire fa emergere le venature nascoste dell’animo umano.
Scrivere per MimmoPucciarelli diventa un imperativo, un impegno per socializzare le proprie emozioni rendendole universali, rendendole cifra arricchente di quella piccola umanità in cui il poeta si riconosce.
« …incominciai a disegnare delle parole /io/occhi/sorrisi/verde/sole/carezze (del vento)/case/persone/e poi, d’un tratto,/dal mio calamaio/ne uscirono/una cascata/come quando si aprono/le porte di una diga/esse mi avvicinarono/alla mia piccola umanità/e allora,/come un refolo,/sussurrai/tra i capelli e la nuca/di tutte le persone che incontrai/il verbo amare» (Nel cuore dell’albero).
Ed è per amore (questa parola compare ben 28 volte nella presente raccolta) che Pucciarelli scrive dando a questo termine tutte le declinazioni possibili: amore per una donna, per la propria famiglia, per l’umanità in generale, per la giustizia sociale (l’utopia), per la propria geografia umana.
Quest’ultima poi dona a Mimmo una duplice anima franco-italiana o italo-francese a seconda dei punti di osservazione. Il paesaggio umano, interiore in cui Pucciarelli pone azioni, ricordi e sentimenti si muove tra la collina lionese della Croix Rousse e il monte dell’Appennino ai confini tra la Lucania e la Campania su cui si adagia Caggiano: « …quel piccolo essere umano/Che saltava sui tetti della Croix-Rousse/E poi correndo su un filo di seta/Teso per più di mille chilometri,/Su quelli di Caggiano» (Con un martello).
In perfetto equilibrio sul filo di seta Mimmo si muove tra poesie che sconfinano nei territori delle parabole e poesie che disegnano ritratti umani sia presi dalla quotidianità sia ripescati nel grande lago della memoria. E si avventura anche nei campi fertili delle passioni amorose e non, dove gioia e dolore spesso si alternano nella commedia umano-divina della vita.
La geografia umana esteriore, come abbiamo già scritto, si muove tra la Croix Rousse e Caggiano, tra il Rodano e il Melandro in un paesaggio, soprattutto quello caggianese, che rimanda al desiderio di esplorare altri orizzonti: « mi preoccuperò di disegnare un progetto per innalzare lo sguardo/aldilà degli Alburni/per arrivare/in Sicilia/Portogallo/Scozia/e forse in Cina» (Quando tutte le foglie ingiallite); esiste anche però una geografia umana interiore che si muove tra nostalgia di giovinezza e consapevolezza del tempo che passa, della maturità, dell’avvicinarsi della vecchiaia:
«Ridatemi la gioventù/Quella che mi avevano regalato i miei vent’anni/Ridatemi quel sorriso che squarciava le nuvole,/quelle mani che sfidavano il fuoco,/quelle gambe che rincorrevano le gazzelle,/e quell’entusiasmo che piegava ogni dolore» (Ridatemi la gioventù);
«Mi ero convertito all’ateismo negli anni in cui/la ragione e la libertà si coniugavano/con i suoni ribelli e dolci/provenienti da mondi sospesi tra due oceani./Ora sono sul cavalcavia/di una stagione che ascolta la neve/mentre, il tempo della mia ombra, avanza senza paura» (C’era nell’aria un profumo di festa).
In questi ultimi versi ci sono termini quali ateismo, libertà, suoni ribelli che ci rimandano ad un aspetto importante dell’educazione sentimentale, sociale ed umana di Pucciarelli, l’utopia:
«Quando nasce il fiore dell’utopia/Puoi avvicinarti/E sentirne il profumo/Puoi raccoglierne i semi/Con la speranza/Di piantarli» (Quando nasce il fiore dell’utopia);
«L’utopia è una bandiera/che l’arcobaleno dipinge/con i suoi colori/La mia di utopia/sono i tuoi occhi/che si tingono dei miei» (L’utopia).
L’impegno sociale per il poeta non può prescindere dalle relazioni umane d’amore e d’amicizia, così come l’ateismo non impedisce lo sguardo benevolo sul Cristo, che si vorrebbe resuscitare senza ferite (Ninna nanna), e sulle sue parole: « il risorto ricama parabole,/per noi, che peccati non abbiamo/ma nel nero cerchiamo la luce» (Grandine a bocca aperta).
La ricerca della luce, laicamente intesa, è tesa ad arricchire di senso quel «baratro tra il caffè amaro del mattino/e la tenerezza della camomilla della sera» (La favola del finto cieco), ad arricchire di senso la stessa ricerca di giustizia sociale: « dove devo versare le mie lacrime/se non posso più gridare/Ni Dieu Ni maître/senza pensare alla frivolezza della politica/se la pace scolpita nel mio cuore/è nascosta da abiti incolori?» (Dove devo versare queste lacrime).
Eppure l’utopia ha i colori brillanti dell’arcobaleno, colori che nascono dall’attenzione alle persone, alle cose, al paesaggio, agli eventi personali e sociali.
Ed una poesia d’amore diventa in qualche modo un manifesto culturale, politico.
«Non dormire mentre raccolgo la legna per riscaldarci/non dormire mentre ti copro il viso di baci/non dormire mentre la luna riversa nel nostro mare la sua bianca sfera/non dormire e aiutami a dipingere l’orizzonte/di una nuova notte,/tanto domani è domenica» (Non dormire).
Vivere intensamente, raccogliere la legna per mantenere sempre acceso il fuoco della speranza, dell’amore, saper vedere la bellezza intorno a noi, saper dipingere orizzonti di cieli e terre nuove per arrivare infine alla domenica, giorno del sole, giorno della luce.
E questo percorso esistenziale, per il poeta, non è sforzo titanico, impresa al limite dell’umano, al contrario è semplice sguardo sulla realtà, sulle persone e cose «con gli occhi dello stupore» (Il petalo rosso e la neve bianca).
Allora contemplare la luna dà pace al cuore: «O Luna bianca/Fammi solo un cenno/Dimmi che la vita/Non è solo guerra/Ma anche questo attimo di pace» (Ô Luna bianca); e i disegni dei nipoti sono «una romanza che riempie il cuore» (Un nonno che lavora).
La resistenza, la rivolta contro un mondo senza giustizia e che esalta la velocità affinché l’unico parametro di felicità sia la quantità del consumo non può che passare attraverso la riscoperta delle radici, della terra, del proprio vissuto: «cerca di risuscitare in te stesso/il profumo della terra/il colore dei fiori di ginestra/il liquore della festa/il ricordo di una sposa/il bianco lenzuolo ricamato dalla nonna/i professori del liceo non ancora morti…» (La rivolta).
Vivere, scrivere poesia è, per Pucciarelli unire tempo circolare, il tempo delle stagioni (Le ciliegie maturano sempre), con il tempo lineare, quello che è eterno presente che rimanda al futuro, spazio dove conoscere se stessi: «I giorni che si sposano/con i mesi,/gli anni e perfino/i decenni…/In fondo c’è/un libro aperto/che ha ancora tante pagine bianche,/scrivendole ci si accorgerà/di quello che si è…» (In fondo).
E l’esistenza che il poeta sceglie deve essere leggera, deve sapere fluttuare come nuvole invisibili che invitano al viaggio (Le nuvole blu), lasciarsi andare nei «raggi del sole/che abbracciano/il mio essere aquilone» (Aquilone).
E proprio i raggi del sole quando si manifestano riscaldano la speranza e allora, scrive il poeta «i campi saranno margherite/e le montagne sorrideranno/bisognerà solo spostare lo sguardo/dalla carne all’albero che imbianca lo spazio/e nutre le anime…» (L’anima nutre la solitudine), bisognerà solo spostare lo sguardo dal proprio ego riduttivo per allargarlo alla vita (l’albero) che riassume tutti i colori del mondo e nutre l’anima della poesia, ossia delle parole alla ricerca di un’eternità.
Info:
Pucciarelli Mimmo, Nuotando fra le nuvole. Sospeso ad un’eternità ricercata, Ed. Atelier de Crèation libertaire, Lyon, 2014
Il libro si può richiedere presso la casa editrice: