GABRIEL IMPAGLIONE (a cura)
TRIUNFO ARCINIEGAS (COLOMBIA)
L’anima delle feste
Ballo e mi contorco per il godimento di tutti, racconto barzellette e faccio
scherzi, e arrivato a casa, mi tolgo la gamba e mi distendo sul letto
con la mia spaventosa vita.
***
Trattato di lettura
Sebbene in realtà non si legge due volte lo stesso libro, cosi come non si attraversa due volte lo stesso fiume, l’ esistenza di un libro che ad ogni lettura si trasforma in altro, parodiandosi fino l’infinito, presuppone un lettore impossibile la cui prodigiosa memoria conserverà fresche le successive letture.
*** *** ***
JOSÉ EMILIO TALLARICO (BUENOS AIRES, ARGENTINA)
Una intervista di lavoro
Ho voluto oltrepassare l’uscio dei maiali.
Mangiai con loro sotto l’anima delle età,
con la parte prigioniera di me,
con le mie origini di povero tizio fedele.
Fu inutile: la verità, come una rosa fredda,
sanguinò dalla mia bocca.
***
Posterità del parco
Vano lavoro dei corpi.
Parole
dove sulle loro linee dissipate
si ostina la traccia dell’ amore.
E il sole brucia questi alami. Sempre.
*** *** ***
GUSTAVO PEREIRA (PUNTA DE PIEDRAS, VENEZUELA – 1940)
Somari
Il talento
come la radice
si deve mantenere occulto.
El Libro de los somaris, 1974
***
Somari
Tento di afferrarmi a qualcosa
e riesco solo
a pendere dalla mia nebbia.
El Libro de los somaris, 1974
*** *** ***
JOSÉ CEDRÓN (ARGENTINA)
Un uomo s’incorpora
e bacia il mattino un’altra volta
pensando il giorno sotto le nuove foglie
della sua voce, che si ripetono
e un altro uomo si apre un passaggio di notte
nella sua testa
come un pazzo senza nome e domicilio
armato di coltello e domande
tra il mio cuore e i miei cuscini.
En Actas, (Premio Nacional de Poesía de México, Sinaloa ’85)- Instituto de Cultura de Morelos, México, 2007.
***
Lavoro di campo (vicinanza)
Qui ha vissuto un secolo fa
lo splendore che adesso nello sconvolgimento
morderebbero con le sue bocche
i cani di questa vita
solo loro potrebbero parlare della miseria
tutto il resto sono gli occhi
della chiave maestra dell’ intruso.
Puebla, 1984
*** *** ***
ROBERTO GLORIOSO (AZUL, ARGENTINA)
39
Solo trasporta sabbia
per ampliare il deserto
che adesso è la sua anima
e dice
magari mi pensassi
alzando pietre
per costruire la casa.
28
Qui occorre il mondo.
Dove muore senza tregua
quello che amiamo.
*** *** ***
SIXTO CABRERA GONZÁLEZ (RANCHO NUEVO, SOLEDAD ATZOMPA, VERACRUZ, MÉXICO, 1974)
Umidità
Il cammino è bagnato.
I tuoi sogni.
I tuoi piedi nudi bevono dalla mia pioggia,
transitano la vertigine della magia notturna.
Piove nei miei occhi.
Fuori, una grandinata.
E dentro si intreccia
una profonda lacrima.
Alla finestra
dove per sempre aspetto,
da allora,
la luce delle tue mani.
Iknoxochitlakuikaltij (Poemas huerfanos) Inedito
*** *** ***
ELSA FENOGLIO (HAEDO, ARGENTINA)
Prima dall’aria
e la voce,
prima dall’acqua
e la cellula,
infinito di se stesso,
prima del silenzio
e la luce,
prima delle tenebre
e dell’ idea,
tutto nel tutto,
fu.
Perché sono il principio,
fu il principio.
***
Proiettai il tempo
con mutazioni perfette.
Allungai la distanza
raccolta dallo spazio.
Conciliai diagrammi
con l’inconsistenza
dei segnali cosmici.
*** *** ***
FREDY CHIKANGANA (NACIÓN YANAKUNA MITMAK, SUR-ORIENTE DEL CAUCA, COLOMBIA)
Io e la luna
Nelle notti di buio
io e la luna corriamo e cantiamo
É il modo
per far sì che i giorni della tua assenza non ci raggiungano.
*** *** ***
ALBERTO LUIS PONZO (BUENOS AIRES, ARGENTINA – 1916)
Essere presenza
La poesia è presenza che accompagna
Roberto Juarroz
Essere presenza
Nelle voci inaudibili
lacci di certezza
Corpi di impronte dimenticate
Mentre il tempo
Trasfigura
L’ ansietà
Di compagnia
Quell’ altro sapere
Di solitudine
Occulta
en Al costado del tiempo, Araucaria editora, Buenos Aires, 2010
***
Ardore di presenze
Una mano ansiosa
Nell’amore
Il cratere scoperto
Quando spunta l’ ombra
Nello spazio
Il vento nominando
abbandonati cammini
Il fiore collocato
All’angolo
Del silenzio
Con acqua di sapori
Trasparenti
Un ardore di presenze
Nell’ amore
*** *** ***
VILMA VARGAS ROBLES (SAN JOSÉ, COSTA RICA – 1961)
Schermo
Già non si incide nella pietra,
ma porto la fiera nel mio occhio.
Sarò una turista di fronte al computer?
potrò vedermi domani
nella mensola del commerciante?
Buttami via dal tempio, Padre.
***
Abitudine
Io dico che stiamo morendo
più in fretta del solito.
Male passa il tempo per la mia casa,
per la tua casa, il mondo.
Non siamo un libro d’auto aiuto.
Non compiamo i requisiti,
ne’ sappiamo urlare
un fiore azzurro.
*** *** ***
CÉSAR BISSO (SANTA FE, ARGENTINA – 1952)
Assenza di parola
scrivono altre voci
per chi già non parla.
Voci imperfette
che subito tacciono.
Consumano il dubbio di guardare
la carta nuda
e soffrire
nell’ attesa
abbandono, tremore.
Scrivono ciò che nasce per sé.
***
Invenzione
La parola
si stempera,
eccede,
si apposta nel silenzio.
La parola
inventa
lo spazio.
E la voce
del poema
perdura e soffre.
*** *** ***
CARLOS CARBONE (ARGENTINA – 1959)
Art Tatum
Dicono che nelle sue mani abitava Dio.
Dicono che aveva due mani destre.
Dicono che la sua musica metteva in armonia il caos di tutto l’orizzonte.
Dicono che nei suoi ottanta quattro tasti si saziava la fame.
Dicono che la sua musica sconfisse l’amnesia.
Dicono che quel nero era la musica.
Con lui scoprì la poesia.
*** *** ***
JUAN CAMERON (VALPARAISO, CHILE – 1947)
Una striscia in più alla tigre
Cosa fa l’acqua al pescato
Alla tigre una riga in più nella sua storia
All’albatros qualche ora in più di volo?
Passeranno cammelli attraverso gli aghi
Poeti per le porte dei tribunali
La tigre – quel poema di mille versi -
Quell’animale urbano – ruggisce sottoterra
artiglia se stessa
Graffia le pareti in silenzio.
*** *** ***
VÍCTOR CASAUS (CUBA)
Contraddizioni
Questa donna ha gambe poderosamente felici
ma non conosce il Kubla Khan di Coleridge
Questa donna arde come alla vigilia dei cataclismi
e le rivoluzione
quando ci richiudiamo a interpretare il suo corpo
in questa camera
ma non ha letto non conosce Goethe il nome
di Werter non le dice nulla
Questa donna fiorisce al contatto delle mie unghie
ma non sorride se le dico che la mia infanzia
sono i ricordi di un patio di Siviglia
Questa donna ha l’abitudine di guardarmi e i suoi occhi
sono cosa più grande dell’allegria del mondo
ma non può dirmi con esattezza quello che pensa
di questo verso di Vallejo
Questa donna non conosce Goethe né Coleridge
ma debbono vedersi le gambe che sostengono
la sua statura
*** *** ***
LUIS BENÍTEZ (BUENOS AIRES, ARGENTINA)
Poema del numero zero
Quando la morte segnala la fibra luminosa che siamo,
quanto trema la sua luce, come batte le palpebre col vento repentino,
come si spaventa pensando nel buio, nel silenzio,
nel dito che sceglie prima, mentre le luci corrono ardenti
verso il quasi supremo risplendore, che è il numero 1, prima dello zero.
*** *** ***
LAU SIQUEIRA (JAGUARÃO, RIO GRANDE DO SUL, BRASIL, 1957)
Fotografia
Imparai
con gli occhi di mio padre
che la morte
arriva prima
e la vita
è lo smeriglio che la trasforma
in residui di limatura
coriandolo conchiglia o
sudario.
*** *** ***
EDUARDO ESPÓSITO (BUENOS AIRES, ARGENTINA, 1956)
Tutto fluisce
Un uomo entra nel fiume
deciso a contestare Eraclito
Inciampa
Perde l’equilibrio
È trascinato dalle acque
Un altro uomo sarà ritrovato morto
nel fiume in cui mai entrò
domani
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MYRIAM ROZENBERG (BUENOS AIRES, ARGENTINA)
Quella che distinguo nel riflesso
non sono io.
Smorfie gesti scarabocchi.
Sdoppiamento.
Quello di fuori è inutilmente scolpito.
Quello interiore:
sentiero
a spirale
verso l’infinito.
*** *** ***
CÉSAR CANTONI (LA PLATA, ARGENTINA – 1951)
Sono l’eterno perdente
Sono l’eterno perdente.
Ho perso il lavoro, il capello e la pazienza.
Ogni volta che ho scommesso per un cavallo
È rimasto monco nella partenza.
Il mio numero della fortuna
Non esce mai.
E persino nel gioco dell’amore
Il mio cuore lavora a capitale perduto.
Con voglia mi butterei sotto il treno
Delle nove e trentuno che arriva da Tolosa,
ma ho timore che non passi in orario.
*** *** ***
ADRIANO CORRALES (COSTA RICA – 1958)
23
Altri scaveranno la loro ombra
con la propria
uguale a quelli che mi precedettero
ma nella loro ombra
una spada attanaglia i pugnali
un’aria si agita nell’incendio consumato
É il mio sangue
*** *** ***
REYNALDO PÉREZ SÓ (CARACAS, VENEZUELA – 1945)
Del non restare ho l’aria
somigliante
allo specchio dove mi guardo
suonano alla porta e non ci sono
rispondo muto
che non sono nei campi
neppure il sogno mi libera
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CLAUDIO SIMIZ (BUENOS AIRES, ARGENTINA – 1960)
Rosario I
Perché ci sono giorni che cominciano
e finiscono scalzi,
perché l’inondazione giunse fino al cielo
e si esiliano i passeri,
perché sei lontana
e non c’è modo
di chiudere gli occhi al nulla
questa respirazione nuda,
troppo abisso,
queste parole che appena fanno ombra.
*** *** ***
ALEX PAUSIDES (MANZANILLO, CUBA – 1950)
Io Faust
Se Mefistofele scambiasse con la mia povera vita
la concessione di un desiderio
Senza aspettare che finisca di chiudere la bocca
gli direi che voglio vederti
Perché ho voluto dire dio mio e hai popolato la mia bocca
E fu dolce mordere il tuo nome che odora d’erba fresca
Ma è meglio che non arrivi Mefistofele con la sua nebbia e la sua
fiamma d’inganno
E tu torni addormentata nella sua magia a posarti nei miei occhi
bagnata nella fame del fuoco.
*** *** ***
CARLOS DARIEL (BUENOS AIRES, ARGENTINA – 1956)
Vecchie fotografie
ripasso segni
vado di volto in volto
mi fermo sul gesto inavvertito e continuo
mani e occhi solidali
portano
quando la sera passa
quel timone che batte
cosi a volte se ne va
anche
come se tornasse
*** *** ***
AMPARO OSORIO (BOGOTÁ, COLOMBIA)
Resurrezione
Camminerò nuovamente.
Alzerò le rovine di casa mia
e le rovine del mio cuore.
Indosserò ali e soli
d’amate presenze.
Troverò in altre labbra
acque per la mia sete
e in altri occhi
allungherò i cammini.
Io segnata dal vento
sfidando congiure …
finalmente coronata dal mio lampo.
*** *** ***
JORGE LUIS LÓPEZ AGUILAR (RAMOS MEJÍA, ARGENTINA – 1950)
Un po’ più vicino
Dalla speranza come dalla sconfitta
Dalla canzone come dal gemito
Dall’emozione come dall’oblio.
Da una donna come dall’amore
Dalla verità come dall’illusione
Dal gemito come dalla canzone.
Dalla leggenda come dalla storia
Dalla fede come dal destino
Dalla canzone come dal gemito.
*** *** ***
JORGE NONINI (BUENOS AIRES, ARGENTINA – 1932)
Gli uomini sono uomini
mentre immaginano con esito
che hanno la certezza
d’esserlo.
*** *** ***
PIERO DE VICARI (ARGENTINA)
Operaia della costruzione
Un mattone è la parola.
La sua sola precarietà costruisce il mondo.
Un mattone che si scioglie in bocca.
È rabbia vegetale, riverbero,
conchiglie richiudendo
il suono degli dei.
Pesa quello che pesa la luce.
Castiga, rallegra, schiavizza, rivoluziona.
La carta è la sua verità
ma anche la sua morte.
Un mattone è la parola.
Patria dell’essere.
Patria.
*** *** ***
TOMÁS BORGE (MATAGALPA, NICARAGUA, 1930 – 2012)
Le ceneri divorano
il cielo
e le ciglia
I bambini giocano
con i loro giocattoli rotti
tra pozze di stelle
I morti si alzano
per scolpire profili
con il segno dell’ira
La loro punizione finale
Sarà che non è morta la luce
che sia morta la morte.
*** *** ***
LUIS BOLAÑOS (GRECIA, COSTA RICA – 1944)
Bambino nella pioggia
Per la strada passa un bambino.
Ha le scarpe rotte,
aperte alla notte,
e da lì
si rovescia la luce che lui è
e la pioggia s’ illumina.
*** *** ***
NANCY MOREJÓN (LA HABANA, CUBA – 1944)
Pietra levigata
Un nuovo libro,
un nuovo giorno,
un’altra nuova città,
più estati, più fiori,
quel perpetuo mare
ed io, adesso,
sulla pietra levigata,
cerco le tue labbra,
cerco i tuoi occhi.
*** *** ***
ROSINA VALCARCEL (PERÚ)
Incatenata
Monarca, Giudici,
Bambini e Poeti:
Venite, venite!
Sotto la terra,
dove mai è arrivata la luce:
guardatemi incatenata,
buttata nel profondo
abisso dei morti.
Venite, venite!
Salvate il mio corpo!
Lontano da ogni impronta umana:
guardatemi incatenata,
maledetta mille volte dai venti!
Venite, venite!
Qui nasce l’oblio.
*** *** ***
DAVID CORTÉZ CABÁN (PUERTO RICO – 1952)
Viaggio da oropéndola
La vita passa
e ritorna come una eco
altre volte un sole
che gira con il mondo
tra i tuoi giorni e i miei giorni
per contemplare la vita che ci vive
mentre il mondo gira eternamente
con il tuo corpo e la mia bocca e i tuoi capelli
oropéndola dagli occhi di betulle
che cerchi l’ultima verità
quando i giorni arrivano e ci trascinano
come un fiume nel mezzo della notte
*** *** ***
LAURA YASÁN (ARGENTINA)
Nave incagliata
quando manca l’ossigeno
e c’è solo buio da inghiottire
cosa si respira?
quando si spezza il corpo come una nave incagliata
nella tardiva luce del bengala
e il ciclo del fastidio
spinge contro il muro frontale della follia
l’età di una donna
quando il derma espelle il suo legno marcio
e il cuore pompa un messaggio di naufrago
che lutto si anticipa al funerale
che fallito incontro raschia nella siccità
chi va su quella furia tagliando l’anello
che la regge al raziocinio
come unita a uno strappo
*** *** ***
MÁXIMO SIMPSON (ARGENTINA)
Visione 29
Le aquile volarono verso il letto del mare,
e gli ultimi cani abbaiarono estenuati.
I gabbiani fuggirono, e cessarono i venti.
La rugiada tacque, impazzì la pietra.
I giaguari perduti caddero verso il fondo,
e gli ultimi armenti muggirono lentamente.
*** *** ***
MANUEL GARCÍA VERDECIA (MARCANÉ, HOLGUÍN, CUBA – 1953)
Un’altra alba
Un uomo si alza, esce a guardare l’aurora
un altro va presto ad alimentare i suoi maiali
un terzo si sveglia scruta fuori
accende un sigaro e ritorna a letto
il mondo gira verso il sole e le galassie
e non ha visto nessuno dei tre.
*** *** ***
LEOPOLDO TEUCO CASTILLA (ARGENTINA)
Superfici
Il passero prova
A raggiungere il passero
che vola con il suo nome
il mare
quella linea
dove perde la conoscenza
nessuno può prendere la sua superficie
Di cosa non siamo fatti?
La forma esiste
fino a trovare l’uscita
i limiti viaggiano
la Creazione non è ancora cominciata.
*** *** ***
ENRIQUE HERNÁNDEZ D’JESÚS (MÉRIDA, VENEZUELA, 1947)
Si alberga
All’ombra della Tigre
passa la nuvola
la fretta del corpo
l’anima addolorata
L’anima
inquieta
lo
sguardo
*** *** ***
CARMEN ISABEL MARACARA (VENEZUELA, 1967)
Ritorno
I
La casa nuova
ignora la pioggia.
Non mi bagno
nuda nel patio
chiedendo più nuvole.
Nella vecchia casa
trovo mia madre
negli occhi delle antiche bambole.
*** *** ***
MARUJA VIEIRA (MANIZALES, COLOMBIA – 1922)
Difenderò il tuo volto
e il tuo nome
dagli anni che si accumulano
come sassi rotti.
Difenderò la tua voce,
le tue parole,
da questi lunghi silenzi
che pesano
sulle mie labbra.
Difenderò la tua luce
da quest’ombra!
*** *** ***
FRANCISCO MORALES SANTOS (CIUDAD VIEJA, SACATEPÉQUEZ, GUATEMALA – 1940)
Scalpello
Cosa darei
affinché il poema fosse
un marmo color ambra
per scolpire il tuo volto.
***
Poema
L’idea è
seminare
sul tuo cuore.
*** *** ***
MARIANA BERNÁRDEZ (MÉXICO – 1964)
Versi da Qualche volta il Cervo
Tanto bacio seminato sul tuo corpo
perché nell’altissima luce del cielo
ci si rompa il battito
seme della profondità il vento
che fu tra noi
sarà adesso il tempo del lamento
l’istante preciso
quando l’alito resiste ad essere gemito
albeggiare della speranza grattando
il letargo sommerso nella pupilla inversa
o sarà il resoconto dei morsi dell’anima
che essendo testimoni muti affrontano
la dolcezza della bugia?
Cosa dirci in questa trasparenza
come se i fili che sostenevano le labbra
si fossero disfatti nel sospiro del fuoco
e non vorrei cominciare ad andare in questo vuoto
più desolazione dei miei piedi sulla terra
che del mio ventre incapace e borbottando brandelli
la rabbia inonda il tatto e la sottigliezza della pelle
davanti al timore di perdermi tra quanto gocciola del mondo
e non conoscere il mio nome
che una volta fu il più profondo nel tuo corpo.
*** *** ***
CARLOS FAJARDO FAJARDO (SANTIAGO DE CALI, COLOMBIA)
Poema a Madelaine
Madelaine
ragazza che palpi con le tue dita i mie capelli
presso la freschezza di questo inverno
ti dico sotto questa pioggia:
ricordi le voci che accompagnano la nostalgia?
Mai dovrai pronunciarli nella mia presenza
cerca invece d’illuminare.
Che il sole penetri profondo tra di noi
Madeleine
di luce e di scultura
che il sole penetri profondo
mentre sconvolgi amorosa i miei capelli
come se io fossi tuo figlio appena arrivato dalla guerra
come se da poco sia finita una battaglia.
*** *** ***
HUMBERTO VINUEZA (GUAYAQUIL, ECUADOR -1942)
Sulla rugiada della rosa si scioglie l’ultima stella.
L’eco retrocede verso il canto dei passeri.
Da lontano venne l’onda del mare
e riceve la carezza di un bambino spaventato.
***
Una formica dietro un’altra formica che segue
un’altra formica che va dietro un’altra formica
come le onde del mare
Il confine in movimento è la forma
che adotta l’infinito
per lo smisurato festeggiamento delle apparenze.
*** *** ***
VICENTE RODRÍGUEZ NIETZSCHE (SANTURCE, PUERTO RICO – 1942)
Madrigale 139
Tondo il chiarore nelle tue guance.
La pelle delle tue guance luna piena.
I tuoi capelli notte separata senza tenebre.
Alveo le tue labbra. Uva serena.
Il fuoco del tuo viso respira un certo lume.
Il suo tempo è una stella.
*** *** ***
WALDO LEYVA (CUBA, 1943)
Ringrazio la notte
Sono qui, ancora una volta all’alba,
disposto a sopportare fino che ritorni
la notte inesorabile.
Conto i giorni e mi risulta eterno
il tempo che suppongo mi separa
dal silenzio senza strepito.
Come se fossi dentro un pozzo
ma vedendo la luce solo sull’acqua.
Su qualche posto del mondo
comincerà un’altra guerra
e vinceranno i morti ai morti.
Di quello che fu il volto dell’amico
resta solo una macchia, un tatuaggio
che lasciò la maschera sulla pelle.
Chi ha tagliato i fili alla conocchia?
Chi mi lasciò senza strade, senza laguna
con una porta solo verso l’infanzia,
verso l’acqua del pozzo?
Sono qui, ancora una volta all’alba,
è suonato il telefono,
comincia la città il suo rumore informe,
e continuano i semafori in rosso.
*** *** ***
LUIS ALBERTO CRESPO (CARORA, VENEZUELA – 1941)
Parola è quella tortora
Lacerare quel dirupo
Ci inchinammo
dal fianco che fa più danno
Quando apriremo gli occhi
già non saremo qui
che privilegio.
*** *** ***
GABRIEL CHÁVEZ CASAZOLA (SANTA CRUZ DE LA SIERRA, BOLIVIA – 1972)
Volo notturno /arte poetica
L’asse del mondo si è mosso oggi di dieci centimetri
Verso sinistra verso destra chi lo sa
ma i poeti questa sera girano commossi
Si scalzano
ed entrano nel fiume
e si mettono
a pigliare
lo splendore
delle stelle
a catturarlo
con le mani
nell’acqua.
*** *** ***
JUAN MANUEL ROCA (MEDELLÍN, COLOMBIA – 1946)
Ultima cucitura nell’acqua
è vano rammendare l’acqua,
fare trecce di pioggia,
dipingere laghi di voci
o con il silenzio un loto.
Scriviamo la parola rubinetto,
la lasciamo aperta
e sognammo,
ah banda d’illusi
che diventa un fiume.
*** *** ***
DINA POSADA (EL SALVADOR – 1946 – RESIDE EN GUATEMALA)
Grammatica propria
Ripetere il tuo nome
la mia indifesa abitudine
Nudo indizio
del mio confessato corpo
Accento sul mio lenzuolo
Promessa immutata
Dono greve
di rive spontanee
– Sintesi del mio riso –
Argomento basico
per memorie prolungate
*** *** ***
TERESA CALDERÓN (LA SERENA, CHILE – 1955)
Danza del ventre danza della morte
la vita è un tramite del tempo
pezzo di carne pugno d’ossa
dissemina cellule
tra le acque amniotiche
Tutto succede
tra la danza del ventre
e la danza dei morti.
Il sipario di fondo
è il ventre preso in assalto.
(traduzione di Gabriel Impaglione)
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