L’incredibile storia del profeta Mansur

6 La porticina by night corretto

Sesta puntata - Un chiostro a sorpresa

FRANCESCO PICCO

Sentendosi afferrare alle spalle, Sergej tentò una disperata reazione. Cercò di sferrare un pugno al frate che lo aveva sollevato di peso, ma si ritrovò a scalciare invano nell’aria come un bambino capriccioso. Viktor invece si lasciò sollevare da terra e trasportare fuori senza accennare alla benché minima reazione. I suoi occhi rimanevano fissi sul vecchio monaco Taumaturgo, che ricambiava lo sguardo. Anche il vecchio era sorpreso, stupefatto e incredulo quanto lui.

Nel vicolo scuro e sporco che stava dietro il convento Viktor fu gettato dopo Sergej e gli cadde addosso. Magari i due religiosi che li avevano sbattuti fuori sapevano che Viktor era il padrone e Sergej il servo. Comunque Sergej si rivelò utilissimo ad attutire l’impatto del corpo di Viktor contro il lastricato di pietre unte e nere. Il giovane servo emise un gemito. Viktor si sentì in dovere di chiedergli scusa.

Non c’è problema, signore.

La messinscena improvvisata nel convento era dunque finita. Buttato a terra, dolorante, Sergej aveva ritrovato la propria condizione di valletto e riconosceva nuovamente in Viktor – sebbene mezzo nudo, stracciato, sporco – il suo legittimo padrone. Rassicurato su questo punto, Viktor si rimise in piedi e istintivamente stese la mano per aiutare Sergej ad alzarsi.

Stai male?

No, signore. Ma non capisco ancora che cosa sia successo…

Viktor si voltò ansioso verso la porticina del convento da cui erano stati gettati. Provò ad aprirla, ma invano. Cominciò a bussare con insistenza.

Ma signore, che cosa fate? Mi sembra evidente che non ci vogliono là dentro!

Sergej, tu non puoi capire. Il vecchio ha parlato la mia lingua. Ti rendi conto? La mia lingua…

Voi siete armeno?

Per favore non dire idiozie, lo sai benissimo che sono un suddito del Re di Sardegna.

Volete dire che il monaco è sardo? Vi assicuro che mi sembra molto difficile: perché mai un sardo dovrebbe essere diventato prete armeno nel nord della Russia? 

È quello che mi chiedo anch’io. Eppure ha parlato piemontese, ne sono certo. Piemontese come mio padre, come mio nonno…

La lingua della Sardegna si chiama piemontese? 

Sì. Cioè no, noi siamo sardi di terraferma e non… ma lascia perdere. Io devo tornare nel convento,  voglio sapere chi è quell’uomo e da dove viene. E tu devi aiutarmi. Hai capito Sergej? Sergej, mi ascolti?

Non ricevendo risposta, Viktor si volse verso Sergej distogliendo lo sguardo dalla porta di servizio del convento. Ma non vide Sergej. Non vide nulla. Una forza di cui non conosceva l’origine lo spinse violentemente contro la porta di legno a cui aveva ripetutamente bussato. Sentì un urlo e riconobbe la voce del proprio servo, che parlava russo e chiedeva pietà a un’ombra materializzatasi nell’oscurità untuosa della piazzetta. Cercò di vedere cosa stava succedendo al suo servo ma non poté perché un’altra ombra si materializzò davanti a Viktor ed emise improvvisamente una sorta di ectoplasma guantato. L’ectoplasma si diresse verso lo stomaco nudo di Viktor e lo inchiodò alla porta del convento. Viktor si sentì trafitto da un dolore spaventoso e fu certo di essere stato sventrato. Si accosciò in ginocchio vomitando finché un colpo terribile al mento gli fece perdere i sensi. L’ultima cosa che percepì, oltre all’odore acre del vomito e del sangue, fu la sensazione che qualcuno gli avesse messo un foglietto di carta nella mano destra e poi lo avesse costretto a chiudere il pugno. Poi più nulla, solo un silenzio nero e freddo come la notte di Solovetsk.

(Continua)

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Illustrazione di Franco Blandino