VILMA AMERIO
Come la Finanza ci imbroglia la vita
Come sarebbe a dire che «non c’è alternativa»? («There is not alternative» , famosa affermazione della Thatcher all’inizio degli anni ‘80). Alternativa a che cosa? Alla disoccupazione crescente? All’impoverimento di fasce sempre più grandi di popolazione? Ai tagli alla sanità, all’istruzione, ai servizi pubblici? Alla depressione, ai suicidi, alle esplosioni di follia tra i disperati, i falliti, gli esclusi dal “mercato”del lavoro ? Solo per fare qualche esempio.
Dunque non ci sarebbe alternativa, in altre parole, le cose possono solo peggiorare. Ma forse no. È un po’ faticoso, ma bisogna risalire verso le cause di questi effetti, molto più estesi e più gravi di quelli esemplificati.
Risali e risali, con l’aiuto di una guida esperta, Andrea Baranes, Finanza per indignati, Ponte alle Grazie, 2012, ecco che si comincia a intravvedere un po’ di luce, a trovare alcune delle cause decisive dell’attuale stato delle cose: il “libero mercato” alias “neoliberismo” e, in particolare, la “finanza” alias “speculazione finanziaria”. Certo la corruzione, la mafia, l’evasione fiscale, un ceto politico o complice e/o incapace e/o impotente hanno una gran parte come concause del disastro, ma la finanza, così come è diventata negli ultimi due decenni, è “la madre di tutte le (nostre) battaglie (perse)”.
Come opera questa finanza? Quali ingegnosi meccanismi utilizza , pressoché ignoti ai più, ma capaci di fare ai comuni mortali molto danno? Facciamo qualche esempio, tra quelli che fanno indignare di più. Per cominciare dichiariamo un dato: «oltre il 98% dei capitali che circolano nel mondo non ha nessuna finalità produttiva e non è legato all’economia reale, ma serve unicamente alla speculazione, ovvero a fare soldi dai soldi nel più breve tempo possibile.» (p. 37)
Leva finanziaria. Questo sistema consiste nel fare un investimento con una parte di capitale proprio e un’altra parte presa a prestito. Ad esempio una leva finanziaria di 5 a 1 significa che su 100 euro di investimento 20 sono miei e 80 sono in prestito (dalla banca). Una leva di 50 a 1 significa che su 100 euro 2 sono miei e 98 sono in prestito. Alcune banche hanno usato, prima della crisi del 2008, leve di 53 a 1 (Deutsche Bank) o di 61 a 1 (Barclays).È da notare subito che questo gioco non avviene solo fra privati e banche ma anche spesso fra una banca e l’altra. In altre parole , posso acquistare titoli, azioni o altro usando un minimo di capitale mio e prendendo tutto il resto in prestito, con una piccola commissione per la banca.
Se le cose vanno bene, posso restituire il prestito e ricavare interessi dal mio capitale anche del 40% e più. Se le cose vanno male, cioè se gli interessi previsti calano di molto, non solo perdo il capitale, ma non posso restituire il prestito alla banca, che avrà dunque anch’essa una perdita, un buco, che diventa una voragine, perché la perdita interessa molti altri speculatori, tra cui le banche stesse. A questo punto o le banche falliscono o interviene qualcuno a salvarle. Inevitabilmente lo Stato. Con i soldi pubblici. Soldi della collettività, quella che paga le tasse. E senza contropartita, cioè senza che lo Stato riceva in cambio alcunché, se non aumento del debito pubblico e necessità di ricorrere a misure di austerità per i cittadini incolpevoli e inconsapevoli.
Cartolarizzazione dei crediti. Si tratta di una pratica finanziaria piuttosto diffusa e alquanto pericolosa. Avviene così. Una banca concede a un cliente un prestito a lunga scadenza con interesse, per esempio, del 10%. Per rientrare subito dei soldi prestati, supponiamo 100.000 euro per 10 anni, e ricavarne per di più un utile, suddivide la somma in quote (obbligazioni), supponiamo 1000 quote da 100 euro, e le vende ai clienti interessati, proponendo un interesse del 5% alla scadenza. Ciò significa che il credito della banca viene frazionato e venduto a terzi tramite obbligazioni, scritte su carta (da qui il termine “cartolarizzazione”). Quindi la banca rientra subito in possesso del capitale prestato e, alla scadenza dei 10 anni, se tutto va bene, guadagna sulla differenza d’interesse (5%) e coloro che hanno acquistato le obbligazioni avranno anch’essi il loro guadagno.
È bene sottolineare il fatto che il capitale della banca viene subito recuperato ed è disponibile per altre continue operazioni finanziarie. Questo meccanismo può essere molto pericoloso, infatti nel 2007 ha causato lo scoppio della bolla dei mutui subprime, concessi a soggetti che non potevano dare nessuna garanzia; quando questi non hanno potuto pagare i loro debiti, ne sono derivate reazioni di fallimenti a catena e si è innescata una crisi epocale che minaccia di non finire più. Ovviamente altri buchi nel bilancio delle banche, ulteriori salvataggi delle banche con i soldi pubblici. È interessante conoscere qualche dato: prima dello scoppio della crisi il totale delle obbligazioni emesse in questo modo ammontava a 5.800 miliardi dollari a fronte di 4.500 miliardi di titoli del Tesoro USA.
Società veicolo (Special purpose vehicle, abbreviato in SPV). Strettamente legato al marchingegno delle “cartolarizzazioni” è il meccanismo delle SPV. Poiché esistono delle regole per cui le banche, per concedere prestiti, devono tenere da parte un certo capitale proprio per poter fare fronte all’eventualità che alcuni prestiti non vengano restituiti dai debitori, si è trovato il modo di aggirare la regola: la banca non procede direttamente ad emettere le obbligazioni, ma lo fa fare ad un altro ente “società veicolo”, che compra il mutuo e provvede alla cartolarizzazione. Così la banca si disfa del suo credito, porta fuori bilancio i mutui e scarica il rischio sugli acquirenti delle obbligazioni.
Queste “società veicolo” svolgono la stessa attività delle banche, ma non sono banche, quindi non sono sottoposte alle regole delle banche (trasparenza, vigilanza, patrimonializzazione). Le “società veicolo” sono il cuore del “sistema bancario ombra”, e sono registrate nei paradisi fiscali, quindi imprendibili.
Qualche dato: prima della crisi (2007) le banche ufficiali gestivano un capitale di 11.000 miliardi di dollari, il “sistema bancario ombra” gestiva un capitale di 20.000 miliardi di dollari.
In conclusione: le banche ufficiali collocano le attività rischiose nel “sistema bancario ombra”, che a sua volta scarica il rischio sugli acquirenti delle obbligazioni da lui emesse: i piccoli risparmiatori, che affidano i propri risparmi agli investitori istituzionali cioè fondi di investimento, fondi pensione, assicurazioni. Quindi i nostri risparmi, quando li affidiamo agli investitori istituzionali o ai titoli proposti dalle banche, forniscono gran parte dei soldi che circolano sui mercati finanziari , “a nostra insaputa”.
Poi capita che le cose vanno male: scoppia la bolla del mercato immobiliare, i debitori non possono più pagare i mutui, il “sistema bancario ombra” registra enormi perdite, ma, come per magia, queste perdite sono tornate sui bilanci “ufficiali” delle banche. Se qualche banca è fallita (Lehman Brothers), la maggior parte di esse è stata salvata. Ovviamente dallo Stato, naturalmente con i soldi pubblici, con miliardi di soldi pubblici.
Per non indignarci oltre misura ed in modo nocivo per la salute, per ora ci fermiamo a questo punto. Ma, come si suol dire, non è finita qui. Anche perché, soprattutto, delle alternative ci sono.
ANDREA BARANES (un’inchiesta di), Finanza per indignati, Ponte alle Grazie, 2012.
(Continua)
Di Vilma Amerio su Margutte: Il Tao della liberazione