Dal mio quarto piano sull’ infinito…

LAURA FO (a cura)

Brani tratti dal “Il libro dell’inquietudine” di Fernando Pessoa a cui sono ispirate le opere

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Amo, negli interminabili crepuscoli estivi, la calma della città bassa, soprattutto quella calma che per contrasto si accentua nella zona che il giorno immerge in una maggior confusione. Rua do Arsenal, Rua da Alfandega…

In tali zone trascino, fino al calar della notte, una sensazione di vita simile a quella delle strade che ho descritto. Di giorno esse traboccano di un movimento privo di senso; di notte traboccano dell’assenza di quel movimento privo di senso. Di giorno io sono nulla; di notte io sono io.

Non c’è nessuna differenza fra me e le vie del quartiere dell’Alfandega, se non che esse sono vie e io sono anima, il che può non avere nessuna importanza di fronte all’essenza delle cose. C’è un destino  uguale – uguale perché astratto – per gli uomini e per le cose: una designazione egualmente indifferente nell’algebra del mistero.

***

Un uomo, se possiede la vera sapienza, può godere l’intero spettacolo del mondo seduto su una sedia, senza parlare con nessuno, senza saper leggere, soltanto con l’uso dei sensi e il fatto che l’anima non sappia essere triste. Rendere monotona l’esistenza affinché essa non sia monotona. Rendere anodino il giorno per giorno affinché la più piccola cosa sia una distrazione. Il saggio è colui che riesce a rendere monotona l’esistenza, poiché allora ogni piccolo incidente possiede il privilegio di stupirlo.

Ogni cosa è vana come rimestare la cenere, vaga come il momento in cui non è ancora l’alba. E la luce sgorga così serenamente e perfettamente sulle cose, le avvolge talmente di realtà ilare e mesta! Tutto il mistero del mondo precipita fino a materializzarsi davanti ai miei occhi in banalità e strada.

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Io non ho fatto altro che sognare. È stato solo  questo il senso della mia vita.

Uccidere il sogno è uccidere noi stessi.

È mutilare la nostra anima.

Il sogno è ciò che abbiamo di realmente nostro, è inespugnabile, impenetrabile.

L’universo, la vita, siano questi realtà o illusione,appartengono a tutti,e tutti possono vedere ciò che io vedo, possedere ciò che io possiedo. Ma ciò che io sogno nessuno può vederlo se non io, nessuno. E se la mia visione del mondo esteriore è diversa da quella degli altri, è perché dal mio sogno io pongo, senza volerlo, ciò che dal mio sogno resta impresso nei miei occhi e nei miei orecchi.

Alla vita non ho mai chiesto altro che di passarmi accanto senza che la sentissi.

(Opere a collage di Laura Fo)

La scatola magica - I teatrini di Laura Fo

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