Alessandro Dattola, nato a Genova il 9 giugno 1969 e residente a Frabosa in provincia di Cuneo, dopo aver svolto studi artistici, studi di grafica e di pittura approda alla poesia nel 1992 nel corso di un soggiorno a Parigi dove compone i suoi primi scritti “Dialogo con il pianeta Marte” e “Congedo dall’umanità”.
Nel 2009 pubblica per i tipi della casa editrice Aletti il volume di poesie intitolato “La rivoluzione delle stelle pensanti”. Contemporaneamente Alessandro Dattola crea un blog (http://larivoluzionedellestellepensanti.blogspot.it) per dialogare con coloro che “navigando” approdano nella sua galassia poetica e di pensiero.
In questi ultimi anni il poeta delle “stelle pensanti”, dopo aver attraversato suggestioni stilistiche ed estetiche, che molto dovevano alla poesia americana della Beat Generation, si è avvicinato ai classici:
Mi sono avvicinato ai classici della letteratura – afferma Alessandro Dattola – da Proust a Tolstoj, dall’Achmàtova a Pasternàk e Majakovskij. Sto percorrendo un sentiero poetico che mi porta, e mi porterà sempre più, sulle orme dei grandi classici, ovviamente riletti e rivisitati dalla mia sensibilità artistica.
Ho incontrato Alessandro Dattola presso la “Antica Osteria Madonna dei Boschi” in Boves dove il poeta inaugurava, il 2 agosto 2013, la sua mostra di poesie visive “Lassù tra le vie stellate”.
Ho sempre pensato che la parola poetica può diventare immagine – spiega Alessandro Dattola –. Ho quindi unito dei miei versi a fotografie in modo da realizzare opere che hanno la visibilità di un quadro. Si può quindi prendere una poesia visiva, appenderla ad un muro delle nostre case in modo che i versi poetici accompagnino le nostre giornate, ricordandoci che la vita è poesia e la poesia è vita.
Sulle pareti dell’Antica Osteria di Boves quindi, per tutto il mese di agosto 2013, si possono ammirare e leggere le opere di Dattola
Certamente il lavoro di rilettura dei classici si nota leggendo le diverse poesie, tuttavia una certa presenza delle avanguardie del Novecento appare di quando in quando tra i versi esposti. L’irruzione di elementi della contemporaneità nei paesaggi rurali, psichedelici ammiccamenti, si accompagnano a tensioni più intime, meditative, di ricerca di sé, di ricerca di risposte esistenziali che sconfinano in forme di preghiera laica.
La ricerca romantica del paradiso si adorna dei colori dell’abbandono esistenziale:
Ambra. Rosso di Costantinopoli. Rosa dell’Himalaya
Poche monete per un frammento di Paradiso
propina il demone dell’abbandono
tatuato sul braccio dell’ultimo eroe Romantico.
(da Liquori)
Del resto, gesto da eroe è stare inerte di fronte al nulla, a quel nulla che cresce in una società dove i “non luoghi” sostituiscono i luoghi della socialità:
Cullo il nulla.
La sostanza stessa del niente
che
come nebbia opalescente
ammanta
il non luogo dove giaccio inerte.
Ma la nostalgia utopica del paradiso ritorna nei versi di Alessandro Dattola, che vede squarci di cielo nelle cose di umile bellezza, un’umiltà dignitosa che non abbassa il capo di fronte a nessuno:
I piccoli fiori a differenza degli uomini
non sono stati cacciati dall’Eden.
Incorrotti
non abbassano il capo al cospetto di Dio
(da “I piccoli non ti scordar di me”)
E l’oscurità non è mai l’ultima parola:
Oscuro è tutto ciò che accade,
tutto ciò che accade ci è oscuro,
i rami si ergono verso l’alto e assorbono l’azzurrità.
(da “ed il tronco cavo contempla lo stendersi”)
Un’azzurrità che promette pane, luce, voli come appare nella poesia “L’illimitato”:
Il divenire appare così:
sconfinati campi di frumento
attraversati da superstrade,
covoni pronti per la trebbiatura
sotto un cielo che sfuma in lontananza.
La luce affonda i suoi veli trasparenti sulla pianura incantata
cinta da boschi frondosi.
Il falco pescatore sorvola
il borgo rustico
a ridosso dell’era moderna.
Ed i riferimenti ai borghi rustici e al loro sconfinare nell’era moderna ritornano in poesie intime, personali. Alessandro Dattola affronta il tema della nascita nelle poesie “Quartiere” e “La casa paterna”; nel “Quartiere” affronta il luogo della propria nascita usando il tempo passato prossimo “sono nato” mentre ne “La casa paterna” parla della nascita del padre scrivendo “sta per nascere”, forse come apertura alla speranza di nuova vita, di nuovi incipit esistenziali ed artistici:
Quartiere.
Nel quartiere dove sono nato la notte ubriaca si
trascina fino all’alba
lasciando dietro sé cocci di bottiglie taglienti come
rasoi.
Una betoniera abbandonata nel cortile è un irresistibile
gioco per i bambini del rione.
Ortensie macchiate di fuliggine
giradischi sirene della polizia
segreterie telefoniche e radioline portatili
tramonti viola al neon e draghi elettronici di Taiwan
panni stesi al profumo di detersivo Mira Lanza
mille lire di focaccia.
Le mie radici sono nel cemento.
La casa paterna.
La casa paterna
è uno spazio di confine
verso altre dimensioni temporali.
La casa paterna
fluttua nella quarta dimensione
Il tempo
ruota con moto elicoidale
contro l’eresia della linea retta.
L’era del tempo rettilineo-uniforme è giunta al termine
ed io cavalcando un raggio di sole d’oro
cado sul muro della casa dove mio padre sta per
nascere