AH, L’ORIZZONTE IN FUGA…
GABRIELLA MONGARDI.
“Orizzonte”, participio presente del verbo greco ̔ορίζω, significa “che segna il confine, che delimita”: questo romanzo è davvero “l’orizzonte” dello scrittore Modiano, in quanto racchiude tutto il suo mondo, ne rappresenta il distillato, l’essenza.
Si ritrovano qui tutti gli ‘ingredienti’ della sua scrittura: Parigi con i suoi quartieri, i bar e la metropolitana, le cui fermate sono gangli narrativi inesauribili; personaggi contemporaneamente in ricerca e in fuga, sospesi in una dimensione onirica che li rende indefinibili; una lingua sobria, piana eppure intensa e struggente, perché – per dirla con Kafka – “non crea, ma chiama”. E all’intensità del suo richiamo non si può resistere: non resistono le cose e le figure che si affacciano a intermittenza nelle pagine di Modiano, evocate da una scrittura sciamanica e delicata, e si dispongono in costellazioni sempre uguali e sempre diverse; non resiste il lettore, che sfoglia ipnotizzato gli undici ‘capitoli’ della ‘storia’, abbandonandosi a un flusso di associazioni, di immagini, di ricordi suggestivi e inafferrabili.
Le virgolette sono obbligate, perché il romanzo non narra una storia in senso tradizionale, e per questo è impossibile riassumerlo. Nella prima pagina il protagonista, Jean Bosmans, è presentato come un ghost-buster, che cerca invano di dare un volto e una consistenza a episodi della giovinezza fugaci, senza seguito, slegati dal resto della sua vita. Attrezzi della sua caccia il solito taccuino moleskine nero su cui fissare un elenco di quei ricordi intermittenti, e ovviamente una penna, per registrare sul taccuino qualche debole scintillio in fondo all’oscurità. Poche pagine dopo compare il nome della protagonista femminile, Margaret Le Coz, e poco dopo viene rievocato il loro primo incontro, ma non si può dire se la loro sia stata una storia d’amore: si sono trovati fianco a fianco, ma ognuno in un corridoio temporale differente, come due persone separate dalla vetrata di un acquario.
Se il tema del tempo – del tempo che passa e da cui forse solo nelle pieghe segrete dei quartieri di Parigi si può essere al riparo – induce inevitabilmente ad accostare Modiano a Proust, in realtà c’è molto di kafkiano in questo romanzo: c’è una condizione di sradicamento immedicabile, e lo svelamento della “commedia” costituita dai “solidi letti”, dal “solido tetto”, mentre siamo tutti nomadi “sotto un cielo freddo su una terra fredda” (F. Kafka, Di notte) – siamo tutti naufraghi senza punti di riferimento, se non la scrittura.
Giunti al termine della lettura, si ha la certezza che in questo romanzo il non-scritto conta più dello scritto e che si deve ripartire dall’inizio, per cercare in filigrana, tra le righe, la vera storia, taciuta. Come in astronomia, la materia oscura era più vasta rispetto alla parte visibile della tua vita: questa legge, che il protagonista enuncia in apertura, vale non solo per la vita, anche per il libro.
L’orizzonte, trad. E. Caillat, Einaudi, Torino 2012 (L’Horizon, Gallimard, Parigi 2010)
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(pubblicato originalmente il 18 agosto 2015)