ANDERS DAHLGREN
Ho iniziato ad interessarmi di archeologia da giovane e siccome stiamo parlando di molto tempo prima che Indiana Jones facesse schioccare la sua frusta sullo schermo, penso che la mia curiosità fosse dovuta a com’ero stato educato, ai viaggi nel Mediterraneo. Visitare luoghi come Troia e Pompei nella mia adolescenza deve aver colorato il mio mondo e leggere le storie di archeologi come Schliemann ed Evans crearono sogni di un futuro come “cercatore di tesori patentato”.
In seguito ho iniziato a studiare archeologia all’università e lo facevo con impegno, ma col tempo sviluppai la sensazione che la, sempre molto importante, base che deve essere imparata non avrebbe mai trasformato in risposte i miei punti interrogativi. Come avrebbe potuto “l’antica civiltà minoica” raccontarmi le emozioni del ceramista mentre creava i suoi oggetti o guardava furtivamente una bella ragazza che passava davanti alla sua bottega andando al mercato?
I docenti ispirati avrebbero dovuto fare in modo che studiassi di più, che mettessi mano alla pala e scavassi più a fondo per trovare reperti che nessuno aveva ancora portato alla luce. Ma ebbero piuttosto l’effetto opposto. Forse perché sentivo che qualsiasi oggetto si portasse alla luce poteva semplicemente indicare piste commerciali, o come venivano disegnati i gioielli, quali armi venivano usate, come gli edifici cambiavano il loro stile e che “questa è l’interpretazione più plausibile per il materiale che abbiamo sotto mano in questo momento”.
Tuttavia, con l’andare avanti degli studi ci avvicinavamo a materiale che in qualche modo ci dava di nuovo speranza. Incontrare culture che avevano lasciato delle tracce scritte e riuscire a connettere le vestigia materiali, le mura di Hattusa, i templi di Atene, le ville di Roma… con testi di mitologia, tragedie, satire, poesia, era molto eccitante. Improvvisamente c’erano parole a spiegare cosa provavano le persone, pensavano, dicevano ad altri e riguardo altri; pensieri scritti molti secoli fa, parole che mi davano una visione e che forse potevano fornire la risposta a quanto abbiamo davvero imparato nel nostro viaggio!
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Ora che è passato un po’ di tempo capisco che se avessi avuto la minima inclinazione verso la filologia avrei dovuto prendere quella strada piuttosto di sospendere i miei studi di archeologia, e uno degli argomenti, tra gli altri, che avrei dovuto seguire era la visione del progresso da parte dell’uomo.
All’inizio vivevamo nell’Età dell’oro (come scrive Esiodo ne Le opere e i giorni) ma ci siamo gradualmente spostati in epoche più oscure? Altri affermavano il contrario: l’oscurità che prevaleva nei tempi antichi lentamente si sviluppò in qualcosa di positivo attraverso lo sforzo umano. Un punto di vista che Lucrezio dipinse a tinte forti in De Rerum Natura!
La questione venne discussa a lungo sia dai Greci che dai Romani (e sicuramente da altri prima di loro) ed è interessante ma anche divertente seguire la controversia su quale gruppo promuovesse il progresso (beh se ce n’è stato!).
Qualche spiritoso ha affermato che la persona che ha promosso la cultura umana essenziale doveva essere un cuoco, visto che la cucina aiuta l’uomo a fare ciò che è buono. Altri pensatori, forse più seri, sono arrivati alla conclusione che architetti e costruttori, o retori o filosofi sono stati di primaria importanza per come le cose sono ora.
Altri ancora hanno creduto che i poeti, e ora stiamo dicendo qualcosa di serio, con le loro vivide descrizioni del mondo abbiano suscitato quanto di meglio c’è nelle persone e quindi abbiano creato in modo decisivo il futuro e l’evoluzione del genere umano.
Così scrisse Orazio nella Ars Poetica (vv.391-393) a proposito di Orfeo e della forgiatura dell’uomo selvaggio con la sua lira e le sue parole:
Siluestris homines sacer interpresque deorum
caedibus et uictu foedo deterruit Orpheus,
dictus ob hoc lenire tigris rabidosque leones
(Orfeo, sacerdote e interprete degli dei,
distolse gli uomini selvaggi dalle stragi e da pasti atroci,
e si disse per questo che ammansiva le tigri e i leoni feroci)
Pertanto, gentile poeta e visitatore, continua con i tuoi atti nello spirito di Orfeo e sappi che questi hanno una importanza vitale per il mondo e il genere umano!
Anders Dahlgren, nato a Karlstad, Svezia, ha passato gli ultimi vent’anni ad occuparsi di poesia e a pubblicare testi poetici. Il suo interesse per la letteratura iniziò in tenera età e di quando in quando sono stati scritti testi e canzoni, che però sono sempre rimasti nel cassetto.
Nel profondo di questi luoghi segreti si trovano taccuini con impressioni scritte molti anni fa, testi che narrano, tra gli altri temi, il mondo e il mare, il Mare Mediterraneo, di cui l’autore è sempre stato ossessionato fin dalla giovinezza.
Traduzione di Silvia Pio