Sera di giovedì 24 settembre 2015: limpida luna, un’aria già frizzantina, da autunno alle porte. Ma non si sta a godere il tepore casalingo, c’è da festeggiare ancora il gran padre Dante: nella chiesa di San Fiorenzo a Bastia.
Il “contenitore” non potrebbe essere migliore, più adeguato al “contenuto”: la chiesa, originariamente una cappella risalente addirittura al Mille e successivamente ingrandita, contiene un ciclo di notevoli affreschi del 1472, di impressionante vigore visivo.
Era un’autentica biblia pauperum (“bibbia dei poveri”), i quali, senza bisogno di leggere, comprendevano immediatamente il messaggio, gli insegnamenti che si volevano trasmettere: è, da queste parti, la migliore esemplificazione del principio altomedievale: pictura est laicorum sciptura, ovvero “La pittura è (equivale alla) la scrittura per gli analfabeti”: altrove, in un altro Paese europeo in cui la cultura conta – eccome! – ci sarebbero sempre pullman parcheggiati fuori e frotte di turisti ammirati in visita. Da noi, ovviamente, no! Per noi, la cultura non dà da mangiare: quando impareremo a ravvederci da tale stoltissimo modo di (s)ragionare?
Ma tornando a bomba – tanto per impiegare un fiorentinismo, che è in tema con Dante e che bene si accorda anche ai nostri tempi politici! –, tra tali affreschi spicca ed impressiona ancor oggi la raffigurazione dell’Inferno.
E allora lì la Commedia dantesca può trovare degnissima collocazione, come hanno intuito gli amici musicisti e cantanti che hanno dato vita ad una manifestazione gradevolissima, memorabile per l’efficacia delle scelte delle terzine dantesche e per la finezza interpretativa, momento di autentica delizia per il folto pubblico che ha riempito la bellissima chiesa.
Ha fatto gli onori di casa il Presidente dell’Associazione Culturale San Fiorenzo, Aldo Clerico, che va sentitamente ringraziato per aver messo a disposizione un tale prestigiosissimo spazio.
Poi, senza soluzione di continuità, per un’oretta le voci di Ada Prucca e Corrado Leone si sono alternate e talvolta unite nel canto – la prima anche eccellente dicitrice delle terzine; il secondo ottimo strumentista –, accompagnate da Mario Manfredi (chitarra) e Renzo Coniglio (percussioni).
Mi ha personalmente molto colpito la straordinaria miscellanea di versi e musica, che ha reso possibili e del tutto naturali accostamenti anche arditi: dall’incipit con Pape Satàn, pape Satàn aleppe – croce e delizia di tutti i commentatori antichi e moderni – col quale inizia il settimo canto dell’Inferno proposto assieme all’accattivante Sacundì sacundà – tanto per sbizzarrirsi con fonemi diabolici! –; ai versi in cui Dante inventa un Ulisse errabondo mosso dall’irrefrenabile ardore di divenir del mondo esperto / e de li vizi umani e del valore (Inf. XXVI, 98-99) inframezzati ed ironicamente commentati da Vieni via con me e da Non partir – stupefacente davvero l’impiego di Paolo Conte e di Fred Buscaglione come esegeti di Dante! –; all’indimenticabile disiato riso che induce Paolo ad imitare Lancillotto (la bocca mi basciò tutto tremante, Inf. V, 133 e 136) proposto con Amore baciami e Besame mucho.
Tanti e tutti singolari gli abbinamenti: dagli immortali versi del Sommo ai brani di musica leggera, di diversa caratura ma sempre gradevoli. Ada e Corrado si rivelano anche poliglotti: cantano in francese, spagnolo, napoletano, piemontese: mirabile fusione di lingue che credo avranno deliziato nell’Aldilà l’autore del De vulgari eloquentia.
Una menzione particolare, già che parliamo di diverse lingue (ma per nulla affatto di orribili favelle!) merita lo straordinario cammeo di Nicola Duberti, che ha recitato a memoria i versi provenzali coi quali il trovatore Arnaut Daniel si presenta a Dante e che chiudono il ventiseiesimo canto del Purgatorio, divertendosi poi a “tradurli” in piemontese – beh, un Dante risciacquato in acqua del Po o addirittura del Tanaro proprio non me lo sarei mai aspettato!
Vale la pena di riproporli qui per gustare la musicalità, l’eufonia di quella lingua, tenuta in grandissima considerazione da Dante tanto da essere accuratamente trascritta: Tan m’abellis votre cortes deman,/qu’ieu no me puesc ni voill a vos cobrire./ Ieu sui Arnaut, que plor e vau cantan; consiros vei la passada folor,/e vei jausen lo joi qu’esper, denan./ Ara vos prec, per aquella valor/que vos guida al som de l’escalina,/sovenha vos a temps de ma dolor! (ma sarà anche il caso di parafrasare: “Tanto mi fa piacere la vostra cortese richiesta che a voi non posso né voglio nascondermi. Io sono Arnaut, che piango e vado cantando; contrito mi rendo conto della passata follia e vedo lietro la gioia a cui aspiro, davanti a me. Ora vi prego, per quel valore che vi conduce al sommo della scala, ricordatevi a suo tempo del mio dolore”).
Quel canto termina con un bel verso: “Poi s’ascose nel foco che li affina”, cioè che “purifica” quelle anime rendendole degne di ascendere al Paradiso.
Noi tutti invece che quella sera eravamo a S.Fiorenzo siamo usciti a riveder le stelle “affinati” dal canto e dalla musica dei nostri squisiti intrattenitori, con animo grato a loro… e a padre Dante!
“750 e non li dimostra, festeggiamenti per il compleanno del poeta”:
La veglia di Dante
Amor mi mosse, che mi fa parlare
Umiliati e salvati
Canzoni per Dante