LAURA FO (a cura)
Fosti la mia beata culla,
cupa città sul fiume minaccioso,
e il maestoso letto nuziale
su cui libravano corone
i tuoi giovani serafini,
città amata di un amore amaro.
Tu, severa, tranquilla, brumosa,
eri il soglio delle mie preghiere,
qui per primo comparve l’amato
a mostrarmi una via luminosa,
e qui la mia Musa dolorosa
mi conduceva, come una cieca.
Da: “La corsa del tempo”
In qualche dove, verso i cinquant’anni, tutto l’inizio della vita viene
recuperato.
San Pietroburgo prima della guerra, i suoni nei cortili: il rumore della legna rovesciata nello scantinato, suonatori di organetto, arrotini, cenciaioli, il venditore di ciambelle, le campane, gli slittini, il muso di un cavallo intirizzito nei ghiaccioli, l’odore di pelle bagnata in una carrozza di piazza sotto la pioggia.
Da: “Io sono la vostra voce.
La città. Prosa autobiografica, lettere, appunti”.
Il salice 1940
E degli alberi l’ammasso vetusto.
Puskin
Io crebbi in un silenzio arabescato,
in una ariosa stanza del nuovo secolo.
Non mi era cara la voce dell’uomo,
ma comprendevo quella del vento.
Amavo la lappola e l’ortica,
e più di ogni altro un salice d’argento.
Riconoscente, lui visse con me
la vita intera, alitando di sogni
con i rami piangenti la mia insonnia.
Strana cosa, ora gli sopravvivo.
Lì sporge il ceppo, e con voci estranee
parlano di qualcosa gli altri salici
sotto quel cielo, sotto il nostro cielo.
Io taccio… come se fosse morto un fratello.