CATHERINE LONIE
Grazie a Irvine Welsh e “Trainspotting”, l’antico porto di Leith ha una cattiva fama. Anche prima del romanzo di Welsh, mia nonna aveva una brutta opinione del luogo e sarebbe stata inorridita nel sapere che qualsiasi suo parente, anche alla lontana, vivesse in un posto che lei derideva per essere famoso per superbia, scarsezza di mezzi e sifilide. Non è più così, ora si sta riempiendo di immigrati pieni di aspirazioni e quadri intermedi, che hanno reso signorili i vecchi complessi residenziali con pavimenti di pino naturale e cucine dell’Ikea. Comunque, la nonna non avrebbe approvato. Soprattutto il pino naturale.
Così è: io frequento il luogo e bazzico le vecchie stradine che sono rimaste e le vie acciottolate con la mia nipotina nel suo passeggino rosso.
È un deprimente giorno d’inverno, partiamo per il National Museum in Chamber Street. La piccola dorme, ignara del maltempo oltre il riparo trasparente del passeggino; io spingo contro il vento accanito che ulula lungo la passeggiata di Leith. Devo sembrare piena di disapprovazione mentre passavo vicino ad un giovane che, immobile nel centro del marciapiede, stava ingollando qualcosa dentro una bottiglietta marrone. Mi fa vergognare con le sue scuse: «Perdonami vecchia (in lingua scozzese)», e poi si porta alla bocca ancora una volta la sua razione mattutina di metadone.
Il passeggino è carico di borse appese alle maniglie; borse nelle borse: merendine, uvetta, grissini, gallette di riso, mele, mandarini, pacchetti di pannolini, bottiglie d’acqua, un cambio completo di abiti, salviettine e un contenitore a tenuta stagna col pranzo di Ella. Più un libro e i peluche, che sono altezzosamente ignorati. Una volta nutrivo l’ambizione di essere una barbona piena di borse, ma di Gucci.
Sbuffo sulla lunga salita. La passeggiata di Leith, che un tempo era circondata da giardini che conducevano a palazzi signorili, che a loro volta conducevano a costruzioni vittoriane, ora ospita negozi e caffetterie con proprietari turchi, polacchi, indiani, italiani e qualcuno del posto; ma adesso siamo tutti cittadini di Leith.
Le scarpe da ginnastica del venditore di “Big Issue”(1) fuori dal St James Centre ballano e schizzano in tutte le direzioni. Sembra più magro oggi rispetto alla settimana scorsa. Canta mentre balla seguendo una musica che sente solo lui.
Più oltre, attraverso la strada nervosamente insieme ad altri; non mi fido dei troppi autobus che vanno in troppe direzioni. Approdo sana e salva vicino all’edificio grandioso e grigio del Balmoral hotel.
Controllo ancora una volta il riparo trasparente sul passeggino rosso: nonostante il vento forza 8 e l’assalto della pioggia gelata è intatto ed Ella dorme, tranquilla e beata nel suo mezzo di trasporto del XXI secolo. Da brava egoista, spero di arrivare alla caffetteria del museo prima che si svegli.
(1) Una rivista pubblicata e venduta da persone senza casa. Vedi http://www.bigissue.com/
Catherine Lonie è stata docente di lingua e letteratura inglese all’Università Sultan Qaboos in Oman ed è ora in pensione. Passa il tempo a scrivere, fare giardinaggio e gestire un Bed and Breakfast nella bellissima zona di East Neuk of Fife in Scozia. Occasionalmente si occupa dei nipotini.
(Traduzione di Silvia Pio)