Di fiori e frutti, e dell’assenza

foto Bruna Bonino

SILVIA PIO (a cura)

Fiori e frutti vanno e vengono al girare delle stagioni, spesso il loro puntuale arrivo non viene neppure notato. Ma se da una stagione all’altra, da un anno all’altro, qualcosa cambia, allora un segno stagionale può d’improvviso portare un ricordo o rinnovare un dolore.
Queste due poesie trattano di fiori e frutti, e dell’assenza di chi più non vive. L’accostamento di una all’altra è risultato immediato. An April Sunday brings the snow è stata scritta dal grande Philip Larkin nel 1948 e pubblicata postuma quarant’anni dopo. L’ho letta e tradotta durante uno dei tanti moti di fastidio provocati dal vedere versioni in italiano, anche di poeti famosi, in riviste, antologie e raccolte, che ignorano la metrica, le rime e l’aspetto sonoro (prediligendo il significato letterale) e ne perdono quindi la musicalità, requisito essenziale nella poesia. Flowers in Wrong Weather appartiene alla raccolta (che ha vinto il Costa Book Award) “A Scattering” di Christopher Reid, pubblicata nel 2009 da Areté Books ma arrivata da poco sul mio tavolo di lavoro, che non è tradotta in italiano.
Entrambe le poesie sono state ispirate dall’assenza di una persona che è morta, il padre per Larkin e la moglie per Reid. Fiori e frutti continuano a sbocciare e maturare, sembrando quasi assurdi a chi resta, come se avessero dovuto sparire insieme alle persone che li hanno piantati e colti.

primavera

Una domenica d’aprile porta la neve
Che rende la fioritura dei pruni verde
Non bianca. Un’ora o due, e se ne andrà.
Strano che io spenda quest’ora tra

Dispensa e dispensa, a spostare la marmellata
Che hai fatto con la frutta degli stessi alberi:
Cinque ripiani – cinquanta chili o più -
Più che sufficienti per le merende dell’estate,

Alle quali tu non siederai a mangiare.
Dietro il vetro, sotto la plastica,
Rimane la tua estate finale – dolce
E assurda, e che non può ritornare.

Philip Larkin (Coventry, 9 agosto 1922 – Londra, 2 dicembre 1985)

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Fiori fuori tempo

Ellebori, crochi e bucaneve,
che l’anno scorso certo fecero la loro timida, coraggiosa comparsa
da me inosservati, sono di nuovo usciti quest’anno.

Ero nel giardino a mettere in sacchi
i rifiuti di rami che la burrasca aveva scagliato a terra.
Senza essere giardiniere, persino io capivo che era un lavoro da fare.

Una mattina di febbraio troppo tiepida.
I fiori sembravano smarriti, senza il gelo nell’aria
o il vento prepotente a dare loro pieno significato.

O forse era perché non c’era nessuno a condividere
il miracolo annuale? I crochi trafiggono
il suolo con uno spasimo palpabile; la cara

sagoma inclinata dei bucaneve: l’elleboro
stoicamente evitato: a tutti manca il benvenuto e la benedizione
di chi li aveva piantati.

Christopher John Reid, (Hong Kong, 13 maggio 1949 – nazionalità inglese)

Fotografie di Bruna Bonino

(Articolo pubblicato originariamente il 28 ottobre 2015)