ATTILIO IANNIELLO (a cura)
Il monastero di Visoki Dečani è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 2004 con la seguente motivazione: «Il monastero di Dečani rappresenta un eccellente esempio di l’ultima fase dello sviluppo dell’architettura serbo-slava. La costruzione ha integrato le tradizioni medievali bizantina e orientale con quello occidentale».
Situato nella bellissima valle del fiume di Bistrica nella parte occidentale della provincia di Kosovo e Metohia, circondato da montagne e foreste, il monastero è stato, voluto dal re Stefan Decanski di Serbia e costruito fra 1327 e 1335, ma ci vollero altro quindici anni perché lo stupendo ciclo pittorico che ne orna le pareti fosse terminato ad opera di monaci iconografi rimasti ignoti.
Durante la sua storia è sempre stato un centro spirituale di grande importanza per il cristianesimo ortodosso. Durante l’occupazione ottomana, nonostante la distruzione di alcune sue parti, la chiesa, i suoi affreschi e l’iconostasi del XIV secolo si sono conservati.
Attualmente è abitato da alcune decine di monaci, le cui attività sono tradizionalmente eseguite secondo l’antico typicon della Sacra Montagna dell’Athos.
«La vita di Dečani è scandita dagli uffici divini e quindi dal sordo ticchettio del klepalo, un asse di legno che il monaco batte con un martello per chiamare i confratelli alla preghiera», scrivono gli Amici di Dečani. «Il Tipik, la Regola, prevede il mattutino, le lodi, le ore e la liturgia, dalle 5 del mattino alle 8, alle 14.30 un akathistos, in greco non seduto, cioè che si recita in piedi, al Santo Re Stefano, dalle 18 i vespri e la compieta, che concludono la giornata. Ogni giovedì si recita il Canone di supplica al Santo Re Stefano. Particolarmente suggestive sono le veglie di preghiera che precedono la Domenica e le feste più importanti. La vita liturgica, in qualsiasi stagione dell’anno, viene scandita dalla luce del sole, si entra in chiesa con l’oscurità, si osserva l’alba durante la Divina Liturgia e si abbandona la chiesa nella sera sempre con le tenebre. Durante le funzioni, Dečani si illumina d’oro grazie alla luce delle famose candele lavorate dal monastero e prodotte utilizzando esclusivamente pura cera d’api, al punto che le stesse profumano di miele».
La vita quotidiana dei monaci di Visoki Dečani si dipana oltre che dalla liturgia collettiva e dalla preghiera personale anche da lavori che donano al monastero l’immagine di un laborioso centro artigianale ed agricolo.
Un laboratorio di falegnameria di alto valore artigiano ed un laboratorio di iconografia di grande importanza artistica si affiancano alla coltivazione di campi, frutteti e vigneti, oltre ad attività zootecniche e di apicoltura.
Tuttavia quella che potrebbe sembrare un’isola felice non è che una enclave serba, cristiana ortodossa, in un contesto albanese, a maggioranza mussulmana, che periodicamente mette a rischio la sopravvivenza del monastero stesso.
La disastrosa ed assurda guerra che a partire dal 1999 ha devastato buona parte del territorio kosovaro e che ha avuto ripercussioni tragiche anche per l’Albania e la Serbia, ha creato una situazione di risentimenti etnici difficili da estirpare.
Citiamo da un articolo pubblicato dal sito pacifista e nonviolento Peacelink:
«Il fallimento della protezione: la violenza contro le minoranze in Kossovo” è il titolo di un
rapporto del luglio 2004 redatto da Human Rights Watch, nel quale è descritto il “fallimento
catastrofico” dell’UNMIK e della KFOR nel proteggere le minoranze etniche del Kossovo
durante l’esplosione di violenza che ha infiammato la regione il 17 e 18 marzo dello stesso anno. Nel documento in questione sono descritti gli attacchi diffusi di quei giorni alle comunità kossovare di Serbi, Rom e Ashkali (Rom di lingua albanese), la punta dell’iceberg di una violenza mai interrotta, che conferma la scarsa efficacia delle soluzioni di “spartizione etnica” per la soluzione dei conflitti di un territorio. “Per la Nato e le Nazioni Unite – ha dichiarato Rachel Denber a nome di Human Rights Watch – questo è stato il test di sicurezza più severo in Kossovo dal 1999, quando le minoranze sono state espulse dalle loro case mentre la comunità internazionale stava a guardare. Questo test è fallito. In troppi casi i peacekeepers della Nato si sono barricati nelle loro basi restando a guardare mentre le case dei serbi bruciavano”. I fatti documentati parlano da soli: il 17 marzo 2004 almeno 33 luoghi del Kossovo sono stati colpiti da una serie di ribellioni violente che protrattesi per le 48 ore successive. Almeno 550 case e 26 monasteri e chiese ortodosse sono stati dati alle fiamme, e circa 4100 persone appartenenti alle “minoranze sgradite” sono state costrette ad abbandonare le loro case. Nel villaggio di Svinjare, ad esempio, sono state bruciate tutte e sole le 137 case appartenenti ai serbi, e a Vucitrn è stata fatta piazza pulita distruggendo le 69 abitazioni di famiglie Ashkali. Nelle stesse ore a Kosovo Polje 100 abitazioni di Serbi e Rom sono state date alle fiamme assieme all’ufficio postale, alla scuola serba e all’ospedale. Nel marzo 2004 perfino le più esigue presenze di Serbi sul territorio diventavano bersaglio di violenza: a Djakovica cinque donne anziane, le ultime di etnia serba di tutto il villaggio, sono state costrette ad abbandonare la città dopo essersi rifugiate nella locale chiesa ortodossa. Tutto questo è accaduto nell’arco di due giornate che si sono rivelate la punta
dell’iceberg di una violenza che non fa notizia, che si ripete uguale a se stessa dal 1999 e che i sostenitori delle guerre umanitarie si ostinano a chiamare pace».
Fondamentale per la sicurezza della vita dei monaci, e della minoranza serba dei dintorni di Dečani, è la presenta dei militari italiani del KFOR (il 30 gennaio 2016 questi ultimi hanno fermato e arrestato alcuni islamisti radicali armati di tutto punto alle porte del monastero) e il rapporto solidale di associazioni di volontariato che promuovono progetti economici, sanitari, educativi e culturali a favore di tutto il territorio. Tra queste associazioni troviamo gli “Amici di Dečani” e “Un ponte per…”. Tra i promotori di quest’ultima associazione c’è Alessandro Di Meo che sui monasteri del Kosovo ha scritto una importante ed interessante tesi di laurea presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” dal titolo Monasteri del Kosovo e della Metohija: patrimonializzazione di un bene culturale a rischio estinzione.
La bellezza del territorio, l’importanza artistica, culturale e spirituale dei monasteri presenti in Kosovo richiedono da parte di tutte le Organizzazioni internazionali e di tutte le persone “di buona volontà” sia un impegno di solidarietà per la minoranza serba di quella parte del Kosovo sia un impegno per favorire l’armonizzazione della convivenza tra le diverse etnie della regione.
Le fotografie sono tratte da:
https://www.facebook.com/Decani.Manastir/
La tesi di laurea di Alessandro Di Meo è consultabile o scaricabile dal sito web http://unsorrisoperognilacrima.blogspot.it/2015/07/monasteri-del-kosovo-e-della-metohija.html