MA4OG

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Quarant’anni dell’Associazione Culturale Magog di Alba.

GIAN MINETTI

Com’eravamo

Eravamo un gruppo di amici, stimolati – anche inconsapevolmente – dai venti di cambiamento di quello che era stato il 1968, un anno fondamentale per quella che all’epoca veniva chiamata “cultura giovanile”, un po’ intellettuali e un po’ snob, o forse semplicemente ragazzi e ragazze che volevano rivendicare la possibilità di esprimere e di comunicare i propri sogni e i bisogni, che chiedevano di andare oltre al pregiudizio, all’apparenza, al puro rispetto della forma. Cercavamo spazi dove esprimere la nostra creatività, ingenua forse, ma sicuramente autentica, mettendoci alla prova scrivendo la musica e i testi delle nostre canzoni, prima da cantare insieme, poi in teatro, infine nella festa di piazza, per approdare con gli anni a una proposta più professionale, intesa come animazione teatrale, come condivisione dell’illusione scenica con lo spettatore, come strumento didattico quasi, di facilitatore di partecipazione e di riflessione in un contesto giocoso e divertente.

Magog in questi 40 anni è stato tutto questo, se non molto di più. Un’esperienza di crescita, di proposta culturale e didattica in senso ampio, di coinvolgimento di moltissime persone. Attraverso la magia della maschera teatrale, che non a caso rimane nel logo dell’associazione. Come non era un caso che Magog di “Gog e Magog” (per un attimo il gruppo si era chiamato “Collettivo Teatro e Musica”) quarant’anni fa presentasse personaggi caratterizzati da un trucco pesante, che ne esaltava le espressioni e persino ne modificava i connotati. Il trucco dava coraggio, aiutava ad esprimere se stessi più liberamente.

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Eravamo un gruppo di musicisti e di attori dilettanti, va da sé, per lo più autodidatti, guidati da una grande passione e voglia di fare. Sognavamo un mondo nuovo senza neanche sapere bene come fosse stato quello vecchio, che noi valutavamo in base ai pregiudizi dei nostri genitori, alle canzoni di Claudio Villa e Orietta Berti, al modo di vestire un po’ ingessato, all’educazione perbenista e un po’ ipocrita, contrapponendo a tutto questo da un lato la Bocca di Rosa e la via del Campo di De André, il cantore della quotidianità cruda e crudele della Città Vecchia, ma allo stesso tempo nobile e piena di dignità perché vera, sincera, autentica.

Dall’altra c’erano le emozioni e i turbamenti sessuali, espressi in modo esemplare da un giovane Lucio Battisti, ed entrambi, Lucio e Fabrizio, facevano, su piani diversi, da colonna sonora all’impegno pacifista di molti di noi, sperimentato sul piano del volontariato nelle proposte delle comunità Emmaus dell’Abbé Pierre, di frère Roger Schultz di Taizé, dei nascenti movimenti Comunione e Liberazione e Liberazione e Sviluppo (quest’ultima destinata rapidamente a scomparire). Eravamo la generazione del dopoguerra, del baby boom, e di fronte avevamo un mondo tutto da costruire e in cui tutto sembrava essere possibile.

Osmosi

Eravamo un gruppo di amici con una grande passione per la musica. Il nostro complesso, come si chiamava allora, aveva un nome (nomenomen) che era tutto un programma: ci chiamavamo “Osmosi”. Come fusione di stili e di gusti musicali: dall’elettrico all’acustico, dal classico al rock, con la voglia di sperimentare in proprio nuovi percorsi, sotto l’influenza musicale soprattutto di “Pink Floyd”, “King Crimson”, “Emerson, Lake and Palmer” ma anche della neonata coppia Venditti-De Gregori, i Simon &Garfunkel “de noantri”. Ma noi non eravamo a Roma, né a Milano o Genova. Eravamo ad Alba, dove musica significava Sala Danze Eden e balli a palchetto. Significava cover e liscio… con qualche rara eccezione rappresentata dai complessi beat (come gli “Scoiattoli” prima e la “Locanda delle Fate” poi).

Noi volevamo essere ingenuamente ma sinceramente “originali” e al tempo stesso autentici: interpretavamo noi stessi, scrivendo la musica e i testi dei pezzi che eseguivamo.
Sognando palcoscenici importanti crescevamo in periferia, in una provincia ricca comunque di opportunità e di idealità. Non avevamo mezzi ma tante idee e voglia di esprimerle condividendole con la cerchia di amici, sempre più ampia e incuriosita. Incoraggiante e protettiva, e disposta a farsi coinvolgere, fosse anche solo per fare festa insieme.

“Per voi giovani” era la nostra trasmissione di riferimento, un must della radio di allora (non c’erano altre radio all’infuori dei tre canali della RAI) e io e Johnny, amici inseparabili, la ascoltavamo quotidianamente. Tutti i giorni per un’ora, dalle 16 alle 17, smettevamo di studiare e ci mettevamo in ascolto: come quel giorno in cui – era il 1970 – veniva annunciata la pubblicazione del doppio album di Jesus Christ Superstar per poi trasmetterlo in due puntate e Johnny ed io che, smessa la versione di greco, attaccavamo il Geloso a bobine all’uscita “phono” del mio radio-magnetofono per registrare tutto in religioso ed estasiato silenzio…

Allora non c’erano tablet e cellulari, e neppure i computer. Avevamo la macchina da scrivere. Io avevo la mia Olivetti Lettera 22 e ne andavo molto fiero. I testi si battevano a macchina con grande attenzione per non sbagliare e buttare via il foglio, perché scarseggiava anche la carta.

GruppoMagog

Prima “Gog e Magog”, poi “Magog”

In questo contesto nasce la prima versione di “Gog e Magog”, espressa unicamente come concept musicale, una sorta di rock-opera in 11 brani liberamente ispirata al Libro dei Profeti (Ezechiele, 38,39): senza rischiare di essere blasfemo, l’esempio era più Tommy degli Who che non Jesus Christ Superstar. Con i più vecchi di noi freschi di patente di guida, provavamo a Roddi, in frazione Toetto, a casa di uno zio di Beppe Galeasso che scappava quando arrivavamo… e la formazione vedeva, oltre allo stesso Beppe (alla chitarra elettrica), Beppe Giacone alla batteria, Giorgio Lo Russo al basso, Nino Negro alla tastiera, Johnny Murialdo e il sottoscritto alle chitarre e alle voci. Era il 1973 e la “prima” fu ad Alba nel capannone della SATAP (un’autorimessa dei pullman di linea) gremito da una folla attenta e curiosa.

Intanto la formazione subisce un po’ di assestamenti, con entrate e uscite: Giorgio Lo Russo viene sostituito prima da Valerio Magliano, poi da Flavio Manera, Nino Negro da Danilo Manera, Johnny si alterna a Valter Flori. È il 1974, e cambia anche il nome del gruppo, che da Osmosi diventa “Magog”. Nel settembre del 1975 un estratto di Gog e Magog (cinque brani) viene riproposto nel concerto in San Paolo nell’ambito dell’annuale giornata di Formazione Multimediale realizzata dal prof. Gianfranco Alessandria (Alec) agli aspiranti confratelli e chierici della comunità paolina.

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Il pieghevole di presentazione della serata, riportava i testi di tutte le canzoni e, sotto il titolo MAGOG, una presentazione del gruppo e della sua poetica: “Magog nacque un anno e mezzo fa (…) ed è giunto all’attuale formazione, comprendente: Gian Minetti (chitarra solista e voce), Danilo Manera (flauto, organo e pianoforte), Flavio Manera (basso, mandolino e campane tubolari), Daniele Murialdo (batteria e percussioni), Johnny Murialdo (chitarra ritmica e voce).

Il discorso musicale procede su due vie: una acustica, più dolce, fatta di ballate e canzoni, ed una con strumentazione elettrica, che permette ritmi più aggressivi ed atmosfere più dense, in cui talvolta, si inserisce la ricerca sperimentale di nuove formule espressive. I testi, a nostro parere indispensabili perché la comunicatività sia piena, parlano di emozioni, sentimenti, ricordi della vita di tutti, colorandosi talora del patrimonio culturale ed affettivo delle Langhe. Una menzione particolare merita invece l’opera teatrale e musicale a cui stiamo lavorando dal titolo “Gog e Magog”, che prende spunto dai capitoli 38 e 39 del libro del profeta Ezechiele e da cui sono tratti i brani: (segue l’elenco…)”.

Siamo nel 1976: la parte musicale si arricchisce di nuovi brani e di nuovi musicisti: arriva Gigi Buffa al piano elettrico e al sax. Di pari passo si completa lo sviluppo di “Gog e Magog” in una vera rock-opera, cioè in uno spettacolo musico-teatrale con il gruppo musicale nella fossa dell’orchestra, spalle al pubblico, davanti al palco. Ma per allestire uno spettacolo non bastava un copione (a questo ci avevo pensato io) ma dovevano essere garantite alcune condizioni, peraltro necessarie ma non sufficienti, come un gruppo di attori, suggeritori, costumisti, truccatori, attrezzisti, tecnici delle luci e dei suoni, etc, insomma era necessaria quella che si può definire una “compagnia”…

Da un paio d’anni Johnny ed io avevamo iniziato a frequentare il gruppo giovani della Cattedrale di Alba, guidato da un prete carismatico: Don Valentino. Un pomeriggio presento il progetto al gruppo. Si tratta di un lavoro in due tempi: a un primo atto ambientato in un’epoca senza tempo, di una tirannia spazzata via dall’intervento di un Dio giudice e sovrano, seguiva un secondo atto dove un gruppo di amici viveva la realtà contemporanea, una quotidianità contrapposta a un idealismo integralista, senza compromessi. La reazione è immediata, entusiastica: tutti si rendono disponibili! Nicola Conti, Giovanna Marrone, Vincenzo Boffa, Giovanni Viglino, Annalisa Sartoris, Marina Destefanis, Marinella Cristino, Pinuccia Intravaia, Raffaella Tezzo, Beppe Tibaldi, Teresa De Angeli, Anna Rossi, Renzo Saglietti, Pinuccia Versio, tutti si organizzano a ricoprire i diversi ruoli e a fare tutto quello che necessita. Un giovanissimo Gianni Arbocco è ideale per interpretare la parte dell’eroe Ezechiele, Nicola è invece perfetto per il ruolo di Gog il tiranno…

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Serviva, infine, una regia e io – nella mia incoscienza –me ne ero naturalmente fatto carico. Ma in realtà non sapevo da che parte cominciare. Siccome però la fortuna aiuta gli audaci, un giorno Vincenzo mi disse di aver conosciuto, da militare, un ragazzo che stava studiando da attore professionista, un tale Tullio Solenghi, all’epoca naturalmente un illustre sconosciuto. Io avevo sempre pensato che i due fossero stati commilitoni, invece Vincenzo aveva conosciuto Tullio attraverso Laura (poi diventata sua moglie) ai bagni militari di Genova. Quando il padre di lei era Colonnello, Vincenzo accompagnava la truppa che faceva servizio ai bagni e Tullio veniva lì a trovarla… così diventarono amici, tanto che quando lui veniva a Torino ed era squattrinato andava a dormire da Vincenzo, in via Gioberti.

Tornando a noi, Vincenzo mi disse che erano amici e che sicuramente lui ci avrebbe potuto dare una mano. Per una fortunata coincidenza Tullio recitava nella compagnia il “Teatro delle 10”, che aveva in cartello in quelle settimane uno spettacolo proprio a Torino. Per cui, detto e fatto: Vincenzo combinò l’appuntamento nella sua camera d’albergo. All’incontro andammo lui, Beppe Tibaldi ed io, per farci dare qualche suggerimento di regia. E Tullio fu semplicemente fantastico, dedicandoci un intero pomeriggio.

Io gli raccontai dello spettacolo e di come avevo intenzione di organizzarlo e lui subito naturalmente si rese conto della mia impreparazione e del mio improvvisato e ingenuo “sapere” registico: e sì che mi ero applicato, leggendo e rileggendo “Lezioni di regia” di Ejzenštejn(si, proprio quello di “Ivan il Terribile” e della “Corazzata Potemkin”, la “boiata pazzesca!” di Fantozziana memoria…). Quindi, con grande calma, ripartimmo dall’inizio, leggendo insieme il copione e disegnando in modo schematico le varie scenografie, la disposizione delle comparse, le entrate in scena dei protagonisti, insomma suggerendo i tempi scenici e i movimenti sul palco. E noi applicammo diligentemente tutto quanto ci aveva suggerito, con prove serrate fino ad arrivare alla “prima” dell’aprile del 1976, nel salone di Cristo Re.

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Intanto si cresceva di età e crescevano gli impegni di ciascuno, di studio e di lavoro, per cui dopo una serie di repliche di fatto anche la compagnia creatasi attorno a “Gog e Magog” si diradò.
Artisticamente, intanto, il suono elettrico lasciava spazio agli strumenti acustici come il mandolino e la fisarmonica, e a Buffa subentrava Walter Binello (tastiere e fisarmonica) mentre anche Johnny passava, per il momento, la mano.

Da questa evoluzione nasce e prende forma l’onirico e intellettuale Zenzero e il Lunarca (1979), opera prima di Danilo Manera, uno spettacolo allegorico sull’impossibilità di essere normali, sul recupero di realtà e leggende, di fate e mangiafuoco, di maschere clownesche e burattini, di gitani e cantastorie, di costumi variopinti, di utilizzo della lingua piemontese e dei balli della tradizione popolare e contadina. Nicola Conti, Franca Bogetti, Giovanna Marrone, Pinuccia Versio, Marinella Cristino e, soprattutto, la voce recitante di Dino Lavagna affiancavano sulla scena il gruppo di musicanti vestiti con costumi fantasiosi e coloratissimi, radunati attorno a un tavolo da osteria sovrastato da una gigantesca carta dei Tarocchi. Un lavoro che segna una svolta e apre nuovi scenari, su cui Magog, ora strutturata in associazione culturale (dal 29 novembre 1980, rogito notaio Vincenzo Toppino), costruirà percorsi sempre più orientati al mondo della narrazione allegorica e fiabesca, dell’animazione teatrale, della rottura del rapporto musicista/attore – spettatore.

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Il “dopo Zenzero” prosegue con l’allestimento, nel 1980, di uno spettacolo che attingeva ai testi del cabaret pacifistico dei Gufi liberamente interpretato e integrato con la mimica di Nicola, Giovanna, Gianni “Cosca” Coscarella e Giulio Caritè. Il copione era dattiloscritto sulla carta intestata del papà di Gian Bordone, di professione barbiere ma anche – curiosamente – allevatore di canarini. Così la carta recitava “Nino Bordone, Allevamento Sportivo Canarini nobili dell’HARZ” (scritto proprio così, tutto in maiuscolo, a ribadirne l’importanza).

Nel 1981 è la volta de “Il Soldatino”, spettacolo per mimo e voce recitante (ancora quella, splendida, di Dino) liberamente tratto da un testo dello scrittore bulgaro Jordan Radickov nella traduzione di Danilo Manera, dove la musica non è che una pura e semplice colonna sonora.

Intanto Flavio e Danilo Manera e Johnny lasciano definitivamente il gruppo, sostituiti da Gian Bordone (al basso acustico), Angelo Minetti, Silvia Pio e Ornella Ercolini (chitarre acustiche e voci). L’attività prosegue con l’allestimento (1982) del gioioso e giocoso “Bailacanta” (una voluta assonanza con “balacanta”, vocabolo piemontese che significa persona poco affidabile, un simpatico lazzarone…), dove le sonorità elettriche non sono più che un ricordo, lasciando spazio a suoni acustici, a chitarre e mandolini, a fisarmoniche e al recupero della canzone popolare, anche dialettale (dai testi in piemontese antico di Costantino Nigra, 1891), con inserti (vere e proprie “incursioni”) di gag teatrali interpretate da Nicola Conti (il PresentAttore), Giovanna Marrone e Pinuccia Versio (interpreti, rispettivamente, dei clown Telo e Melo) e una gran baraonda finale di danze con il coinvolgimento del pubblico.

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L’anno successivo, 1983, è l’anno del commiato del nucleo storico e della fine dell’esperienza musico-teatrale, almeno nelle modalità con cui si era configurata fino a quel punto: il testimone musicale passa alle cover pop dei “Doriano e i suoi Crackers”, che rappresentano ancora oggi l’anima musicale dell’associazione e che continuano, instancabili, a proporre concerti e serate con un mix straripante di energia e simpatia, nel solco dell’intrattenimento puro. Anche questa “band” ha cambiato formazione nel corso degli anni, annoverando tra le proprie fila Silvio Giri, Marco Moda, Massimiliano Molino, Maurizio Scaglione, Pier Luigi Sibona, Gian Piero Ariano, Tonino Battaglino, Gian Giacomo Ghiglia, Gian Bordone, Fabio Sandri e Piero Laratore, oltre naturalmente agli attuali componenti: Doriano Blengino, Silvia Servetti, Andreana Uda, Cesare “Chico” Vola, Stefano “Bernie” Bernocco, Stefano Salomone, Emilio De Vitto, Tonino Siragusa, Bruno Cillario e Paolo Minuto.

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Ritornando però indietro nel tempo, proprio nel 1980 aveva preso il via in modo più strutturato, con “Il sacco parlante” e, successivamente, soprattutto con il “Galeon dei Venti Cuori” (1982), la strada dell’animazione teatrale intesa anche come storie “a puntate”, articolate su più appuntamenti didattici nell’ambito delle scuole elementari. Realizzati come Laboratorio interattivo per bambini, prevedevano di norma giornate diverse dove via via si approdava nell’isola “del Do Re Mi” (per sperimentare il canto), nel “paese dei Tristani e dei Risotti” (la danza e la recitazione), si prendeva contatto con “La tribù dei nasi rossi” (la pittura), e – nella prima versione – i personaggi erano il Capitano (Nicola Conti), il Nostromo (Giovanna Marrone), il cuoco Cocchetton (Marinella Cristino) e la Principessa (Ornella Ercolini), il Pirata (Walter Binello), la Vedetta (Gian Minetti) e Mozzolava (Mario Ceppi). Lo spettacolo ebbe, negli anni, numerose edizioni e molti interpreti si alternarono (Pinuccia Versio interpretò il cuoco, Silvia Pio la Principessa, Silvio Giri il pirata e anche Vedetta e Mozzo vennero interpretati da altri) e a questi si aggiunse la “Signorina che con il suo canarino Ino va alle Canarie per la gara canora dei canarini” (Piera Bordino). Sono anche gli anni de “Gli Alberamelli” (1981), “Il treno della fantasia” (1983), “Re Trombone” (1984).

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Nel 1986 anche Giovanna lascia il gruppo, prima affiancata e poi sostituita da Lella Giorgi, mentre intanto fa il suo ingresso nel gruppo Silvio Giri.

In quegli stessi anni si attivano anche i primi laboratori, gestiti poi nel tempo da Dino, da Silvio e da Nicola anche in collaborazione con gli attori professionisti della compagnia torinese “Teatro dell’Angolo”, i quali apportano la loro preziosa esperienza.

L’attività si fa via via più articolata, e in questo caso la testimonianza diretta di Nicola è supporto fondamentale al proseguimento della narrazione. Magog continua a perseguire la strada degli spettacoli pacifisti allestendo nel 1986 “Fantasia di Pace”, collage musico-teatrale ispirato a un’opera dello scultore Gino Scarsi esposta ad Alba in Piazza Savona per un solo giorno (perché poi venne fatta rimuovere, alla faccia della libertà di espressione…), e che mostrava un “mostro” a tre teste a rappresentare le tre realtà che nella storia di tutte le guerre avevano sempre avuto il maggior peso: la Chiesa, il Capitale e l’Esercito. Lo spettacolo viene presentato in anteprima alla sala Ordet e subito partono le “scomuniche”: a qualcuno non piacciono proprio i testi che riprendono i proclami e le benedizioni alla partenza dei Crociati, i discorsi esaltati del Duce e neppure i dettati delle maestre durante il ventennio fascista, mentre invece il pubblico dimostra di apprezzare lo stile del “recital” adottato nell’occasione, con l’alternarsi delle canzoni alle poesie di Gianni Rodari e di Trilussa. Ma questo rimane un episodio isolato.

Nel 1990 inizia invece l’avventura dei Cantastorie Medioevali nell’ambito della “Fiera del Tartufo-Ricostruzione storica”, spettacoli di animazione che da Alba vengono “esportati”: a Venezia (per tre anni di seguito, al celebre Carnevale), a Certaldo (anche in questo caso per tre anni a “Mercantia”, festival internazionale di Teatro di strada), a Cesano Boscone e in tantissime altre piazze, persino in Francia con spettacoli in lingua. Spettacoli di pura improvvisazione, con gli spettatori che vengono coinvolti direttamente nel racconto, chiamati a rappresentare, di volta in volta, guardie del Re, Vescovi per l’investitura, Frati di uno strano convento, mariti di tre zitelle, e tanti altri personaggi.

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Grazie alla penna e alla chitarra di Giuliano Rigo, Gigi Rapalino e Nicola nel corso di memorabili serate con tuma, salame, un “pintone” di vino e un filone di pane, e poi con il prezioso aiuto di Silvio e, più avanti ancora, di tanti altri, nascono Il Re ha le orecchie da asino, Re 33 (storia di un re che amava la guerra), La storia di Codirosso, Graziella e il Fantasma, La storia di Posasedere, Il sogno di Re Tavor (ovvero come trovare i sogni perduti), Fra’ Siulotto e la penna dell’Arcangelo Gabriele (liberamente tratto da una novella del Boccaccio), La vera storia di Babbo Natale, Rino il Contadino, Re Callisto il Re più bello che non ho mai visto, Re Catello e Regina Ravanello, La Strega se ne frega, La Cappellaia Roselda, La Veggente, La vera storia di Patin&Tesor, l’Orco Baric.

Per finire al Teatro Sociale di Alba con il Carrozzone del Borgo di Patin e Tesor e con le scenografie originalissime di Jacopo Valsania, i mascheroni di Gigi e i trampoli dei Familupi’s a rappresentare “La Compagnia di Messer Guglielmo Telosgnacca”: davvero l’invasione allegra dei guitti nel tempio dello spettacolo!

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E poi la messa in scena degli spettacoli immaginati e scritti dalla penna appassionata di Valentina Cucchietti: “C’è caduta e ricaduta”, “E vissero tutti infelici e scontenti”,”www.wuum” (spettacolo satirico sui videogiochi e sul mondo di internet), “A volte l’apparenza inganna”, ”Happy Holiday”, “Che gran cosa voler bene a una cosa…” e altri ancora nati dalla fantasia e dalla passione di tutti: “Aiuto c’è un Fant… fantino? Fantoccio?…Fantasma!”, “La fiamma traballa… Buonanotte!” (sulmistero affascinante del sogno), “GiringiroAstroplanando” (tra il passato e il futuro alla ricerca del presente), “Biancamela e Settemani” e “La Strega spigolosa che urla sempre per ogni cosa”. Infine “Zooillogico”, una storia a metà tra uno strano zoo e un nevrotico gruppo famigliare nella stesura di Brian Baker e di Lella Giorgi.

Intanto i tempi cambiano e si fanno strada nuove tematiche di attualità: è il momento dello sviluppo degli spettacoli sulle tematiche ambientali. Tra le esperienze più significative si segnala la collaborazione con Slow Food in due edizioni di Cheese: nel 2005 con “Sempre in sforma” e nel 2006 con “Le idee prendono forma…ggio”, gag esilaranti per raccontare in modo originale e divertente il mondo del formaggio. Nel 2007 invece al Salone del Gusto viene presentato “Ma che cibo è?”, con grosse verdure transgeniche e Rino il Contadino “frutta e verdura senza veleni, cibo genuino” mentre il figlio Rocco ama tutto quanto c’è di più grasso, super condito e gustoso.

A partire dal 2006 inizia una bellissima e intensa collaborazione con la Cooperativa ERICA: Magog fa proprie le tematiche dell’educazione ambientale all’interno delle scuole, affiancando gli spettacoli ai laboratori a tema. A questo filone appartengono “Il Circo del Riciclo” (già del 1984, sul riutilizzo dei rifiuti e la raccolta differenziata), “Guarda come ti sei ridotto!” (2009, sul compostaggio e la riduzione dei rifiuti), “Maracquaibo” (2010, alla ricerca del mare perduto), Energylandia (2011, viaggio attraverso le diverse forme di energia), “Il Pianeta degli Alberi nascosti” (2013, su come fermare il consumo del territorio), “Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei!” (2014, riflessioni in satira a tutto tondo sul mondo del cibo). Commenta Nicola: “Abbiamo fatto più di 100 repliche, con migliaia di alunni delle scuole di Piemonte e Liguria e poi su fino al Trentino che interagivano con clown, verdure giganti, e personaggi come Re Grigio e Grigilde, StroogenBroothers, Nico il lombrico, il Re dei Rifiuti. A volte con tutta la combriccola, partenza alla mattina presto: trasferimento, passaggio al bar, scarica, smonta, spettacolo, smonta, ricarica e infine ritorno a casa; altre volte invece io e Silvio da soli con – nell’ultimo anno – il Beppe “Rufus” a darci una mano, altrimenti in due a fare tutto, da 4 a 6 personaggi a testa, cambi d’abito mentre l’altro tiene la scena e la musica inserita con il telecomando mentre si recita: che intesa, e che divertimento!”.

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Magog oggi continua il suo percorso con i propri metodi, una sorta d’improvvisazione organizzata, ed è sempre Nicola a raccontarlo: “Non solo si scrivono testi e colonne sonore originali e si prova, ma anche si disegnano costumi e scenografie, si usano sega, chiodi, cerniere e poi giù di pennello ma anche di vernici spray, areografo e quanto di più strano possa venire in mente. Si cuciono costumi di cotone, panno lenci, maglina, si inventano mascheroni, grossi occhiali da gufo e burattini di gomma piuma, cappelli originali e materiali di scena in quantità, da riempire armadi e bauli. Chi entra in contatto con il nostro mondo o si spaventa o ne rimane affascinato e ci mette del suo”.

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Insomma, Magog è un gruppo di persone cui piace lavorare insieme, e se è arrivata sino ad oggi in salute, lo deve in gran parte all’impegno e alla perseverante determinazione di tutti, ma soprattutto di Nicola. Senza di lui il gruppo sarebbe nulla più che un vago ricordo invece di essere una bella realtà, di come si può fare oggi – bene e con entusiasmo – quello che si può definire “teatro educativo”, ben inserito nell’attualità.

Come di ogni Associazione che si rispetti è giusto e doveroso riportare anche i nomi dei fondatori, di coloro che il 29 novembre del 1980 si recarono dal notaio Vincenzo Toppino a sottoscrivere l’atto di fondazione ufficiale dell’Associazione culturale “Magog”, gruppo di animazione musico-teatrale: Walter BINELLO, Franca BOGETTI, Piera BORDINO, Gianfranco “Gian” BORDONE, Nicola CONTI, Marinella CRISTINO, Ornella ERCOLINI, Mariangela MANERA, Giovanna MARRONE, Angelo MINETTI, Giovanni “Gian” MINETTI, Daniele MURIALDO e Silvia PIO. Il primo Consiglio di Amministrazione provvisorio, per l’avvio delle attività amministrative, vede Nicola Conti Presidente, Gian Minetti vicepresidente e Giovanna Marrone segretaria.

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Oltre ai Fondatori, questi sono invece i nomi di tutti i Magoghiani “of all time”, riportati in ordine rigorosamente alfabetico:

Gloria ABBÀ, Andrea ABELLONIO, Elisa ALTARE, Paola ALTARE, Gianni ARBOCCO, Gian Piero ARIANO, Alessandro BAGLIO, Brian BAKER, Antonino BATTAGLINO, Francesca BERGADANO, Roberta BERNOCCO, Stefano BERNOCCO, Gemma BERRUTO, Riccardo BIANCO, Doriano BLENGINO, Vincenzo BOFFA, Tiziana BONASSO, Luigi BOSIO, Renè BOSIO, Gigi BUFFA, Silvia CAMPANELLO, Elena CARBONE, Emanuele CARUSO, Stefano CASETTA, Matteo CASETTA, Mario CEPPI, Francesca CHIARLA, Franca CHIARLE, Bruno CILLARIO, Enrico CONTI, Elisa CONTI, Claudio CONTI, Gian Franco COSCARELLA, Teresa DE ANGELI, Emilio DE VITTO, Sara DELLAPIANA, Marina DESTEFANIS, Valter FLORI, Paolo FIORE,Beppe GALEASSO, Gian Giacomo GHIGLIA, Beppe GIACONE, Lella GIORGI, Silvio GIRI, Pinuccia INTRAVAIA, Roberta LAMPUGNANI, Giorgio LO RUSSO, Antonio Alberto LUBELLI, Valerio MAGLIANO, Danilo MANERA, Flavio MANERA, Maddalena MARCHETTO, Paolo MINUTO, Massimiliano MOLINO, Johnny MURIALDO, Nino NEGRO, Silvia NEGRO, Maria Vittoria ODDERO, Lorella PEPPINO, Maurizio PERUCCA, Laura PEZZATO, Agnese PIERONI, Gabriele PIERONI, Giuseppe PIERONI, Maddalena PIERONI, Paolo PIERONI, Andrea PORCHEDDU, Chiara RAPALINO, Roberta RAPETTI, Delphine ROUBERTOU, Anna ROSSI, Paolo SALOMONE, Stefano SALOMONE, Annalisa SARTORIS, Maurizio SCAGLIONE, Daniela SCICOLONE, Manuela SCIUTTO, Silvia SERVETTI, Pier Luigi SIBONA, Grazia SIDEROT, Tonino SIRAGUSA, Raffaella TEZZO, Beppe TIBALDI, Laura TOGNETTI, Andreana UDA, Elena VECCHI, Pinuccia VERSIO, Francesca VEZZA, Giovanni VIGLINO, Alessandro VINCI, Cesare VOLA.

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In questi anni qualcuno di noi ha dismesso per sempre i costumi di scena e gli strumenti, continuando da più in alto a suonare e a recitare con noi. Non potremo mai dimenticare Walter ARIANO, Giulio CARITÈ, Valentina CUCCHIETTI, Piero LARATORE, Dino LAVAGNA, Fabio SANDRI e Renzo SAGLIETTI: ogni loro gesto, parola, sorriso è nei nostri cuori come in quello dei loro cari.

Ho raccontato il passato, le nostre origini, fino al presente, come una piccola grande storia. Il futuro è – come sempre – ancora tutto da costruire ma, ancora una volta, saranno le persone a farlo, con il loro impegno, la voglia di fare e di esserci, di esprimere la propria energia creativa: tanti auguri, Magog!

http://www.magog.it/

Rassegna Stampa:
40 anni di Magog – La Stampa
40 anni di Magog – Idea
40 anni di Magog – Gazzetta d’Alba

Jam Session del quarantennale 16/4/2016: Doriano & i suoi Crackers

Jam Session del quarantennale 16/4/2016: Doriano & i suoi Crackers (foto: Roberto Pio)

Jam Session del quarantennale 16/4/2016: Magog, the old ones

Jam Session del quarantennale 16/4/2016: Magog, the old ones (foto: Roberto Pio)

Foto: Bruna Bonino

Foto: Bruna Bonino