Non c’è trippa per i gatti

gattoColosseo

FRANCO RUSSO.

È diventato un modo di dire piuttosto comune – a volte riportato nel romanesco di origine “nun c’è trippa pe’ gatti” – per segnalare la fine di una situazione di privilegio: “la festa è finita e cerca di andare a guadagnarti quello che vuoi sudandolo e meritandolo”.
Di questi tempi, in questo nostro logorato e sofferente paese, sembrerebbe un utile comandamento da indirizzare ai numerosissimi  gatti – o  topi – che si alimentano di trippa. La nostra.
Ma perché si dice così?

La frase è attribuita a Ernesto Natham, illustre Massone e Sindaco di Roma tra il 1907 ed il 1913. Il bilancio dell’amministrazione cittadina era, già allora, “sofferente” ed il rigorosissimo sindaco cercava di porre rimedio, con tagli drastici, ad una situazione difficilissima. Nelle pieghe del bilancio comunale si imbattè nella voce “trippa per i gatti” alla quale corrispondeva una notevole spesa. La spiegazione che gli venne offerta fu che i suoi predecessori, preoccupati del fatto che gli archivi comunali erano popolati di topi – che rosicchiavano allegramente i documenti – avevano pensato di nutrire, con cibo succulento, i felini  per attirarli negli archivi dove, secondo loro, avrebbero dovuto fare strage di topi. Naturalmente i gatti, sazi di trippa e frattaglie, lasciavano che i topi scorrazzassero liberamente anzi, probabilmente, l’abbondante e costoso cibo veniva democraticamente condiviso.
Nathan, con un tratto di penna cancellò la voce pronunciando, pare, la famosa frase e aggiungendo che gatti famelici e digiuni avrebbero svolto meglio il loro compito.

Forse non bastò a salvare né l’archivio né il bilancio comunale, ma per chi ama i simboli ed i gatti è un bellissimo messaggio di quello che viene considerato il più grande sindaco che la tormentata “città eterna” abbia avuto.