LORENZO BARBERIS.
Si è conclusa questo 8 settembre 2013 la bella “mostra doppia” dell’artista danese Nes Lerpa, ospite in quest’estate della nostra città. In occasione dell’apertura della mostra, che preludeva all’avvio della Mostra dell’Artigianato Artistico di Mondovì, avevamo scritto dell’esposizione pittorica presentata a Breo in Santo Stefano (vedi il mio articolo qui).
Ora, in chiusura, mi pare giusto recensire anche la seconda esposizione, ospitata nel prestigioso Museo della Ceramica monregalese, in cui era esposta appunto parte della produzione ceramica dell’artista.
Come si può vedere anche dalla galleria d’immagini in apertura d’articolo, le opere ceramiche di Nes Lerpa si muovono sugli stessi presupposti visivi delle sue opere pittoriche, sia pure ovviamente nelle necessarie differenze imposte dal diverso media: sia che l’autore operi si una superficie bidimensionale, come il classico piatto, sia che spazi in una dimensione tridimensionale.
Il piatti di Nes Lerpa hanno lo stesso vivace cromatismo delle sue enormi tele: la differenza percettiva viene dall’adozione della dimensione ristretta del piatto che, sia pure di grande formato, delimita inevitabilmente quello che avevo definito il “fiume di colore” tipico dell’arte dell’autore. Le opere hanno così una potenza visiva che non fluisce assolutamente libera, ma viene piuttosto contenuta dai confini circolari del pezzo, con un effetto in sé né peggiore né migliore, ma diverso. Un’energia più rattenuta, contratta, che a tratti proprio per questo può mostrare più forza.
Da notare che Lerpa sceglie (almeno per quanto concerne le opere monregalesi) comunque il formato circolare, tradizionale, invece di optare per una rupture del concetto ceramico simile a quella operata sulla tela, assolutamente liberata dai limiti ottocenteschi della “cornice”. Qui invece tale elemento viene assecondato compiutamente, nemmeno passando, ad esempio, a una forma quadrata (più “pittorica” nell’avvicinamento al “quadro”).
Espansione nel 3D del piatto bidimensionale è la sfera, elemento che in Lerpa può darsi sia come vaso (con un rispetto quindi, anche qui, del formale funzionalismo della ceramica) oppure come pura sphera decorativa.
Però nella ceramica tridimensionale Lerpa affianca alla sfera anche elaborazioni di forme totalmente libere. La sua scultura ceramica si muove su figure coloratissime e vagamente antropomorfe, come irrorate da una pioggia di colore in cui lo stesso arcobaleno si è disciolto nelle gocce cadenti, che potrebbero quasi ricordare una versione cromatizzata delle sculture (sempre ceramiche, in raku) dei Guerrieri di Persea presentati nella stessa esposizione (vedi qui). Là il rigore del monocromatismo, qui l’esplosione di colore. Ma forse è solo la suggestione che ci porta a riconoscere ovunque la forma umana, forse appunto spinta dalla suggestione della mostra parallela.
Nel complesso, dunque, una mostra molto interessante, che va a completare l’esposizione pittorica di Breo e che, assieme alla presenza dei due incisori inglesi Simon Brett e Anne Desmet, ha dato alla mostra di quest’anno un respiro più “europeo”.
Lorenzo Barberis