Finestre chiuse
Le lacrime hanno scritto una poesia
I respiri hanno intessuto una canzone
Le finestre dei ricordi sono chiuse
Un affanno riempie le notti
Immagini dimenticate
Appaiono ancora nella solitudine
C’è un frastuono nei silenzi
Di questa casa di stanze vuote
Cresce come erbacce, questa vacuità
Tiene i bordi della luce prigionieri
Tremano le ombre sulle pareti
Scrivono il nostro futuro
La luce del sole è incastrata tra le sbarre
Delle finestre chiuse di questa casa abbandonata
Speranza di fuga giace distorta
Nel deserto dei ricordi
Abbiamo perso il sentimento
Tra le quattro mura degli anni che passano
Tra ricordi a forma di sassi
Pochi frammenti infranti di promesse
Nelle nostre mani, noi arriviamo
Nel cortile di questa casa deserta.
***
In ricerca
Intreccio metafore
‘Eliot’ e ‘Kafka’,
Li cucio insieme
Con vestaglie consumate d’immaginazione inzaccherata
Le vestaglie che ho ereditato
Solo per questa notte
Eppure devo tornare nello stesso posto dove
Chi vive nelle baracche
Chi dorme sui marciapiedi
Chi è di ritorno a casa
Di notte, sui tetti degli autobus
E chi è felice
Nonostante sia malnutrito,
Sono alla ricerca di me!
(Traduzione di Mila Di Tullio)
«Jagdish Prakash è un poeta naturale. La sua poesia fluisce dal cuore e intreccia immagini che esprimono la realtà vissuta». Questa definizione è tratta dalla Nota di Neena Sood, curatrice di Tempest in Silence (Tempesta nel silenzio), uscito in lingua inglese nel 20015. Si tratta di una raccolta che «colloca davanti al lettore il mondo moderno, le sue paure e i suoi demoni, temi come amore, scoramento, desideri non realizzati, solitudine, nostalgia, angoscia, esistenzialismo, dilemmi e speranze, un mondo diviso da odio, intolleranza e persino terrorismo».
Prakash scrive principalmente in urdu e in quella lingua ha pubblicato quattro libri di poesie (più uno che è in stampa). Gli piace condividere le sue liriche con gli amici di Facebook e questo gli ha permesso di fare conoscenze piacevoli e interessanti con chi ama la poesia, di intrecciare legami forti con altri poeti. Tra questi, uno dei più appaganti è stato quello con Muhammad Shanazar, pedagogista e poeta pachistano. Shanazar scrive in inglese ed è anche uno dei traduttori più conosciuti in Pakistan. «Questo contatto», scrive Prakash nella prefazione, «mi ha permesso di condividere i miei versi in urdu con Shanazar. Una mattina fui piacevolmente sorpreso di vedere la sua traduzione di una delle mie poesie su Facebook, insieme ad un breve messaggio nel quale mi diceva che desiderava tradurre alcune mie poesie in inglese. Una alla volta ne tradusse 65, estrapolate dai miei libri “Nagendra ke Liye”, “Aasman-dar-Aasman” e “Shigaf”. Scelse solo nazms (poesie), lasciando da parte ghazals che, secondo lui, sono “intraducibili” visto che è quasi impossibile coglierne il ritmo, le sottigliezze, il gusto in traduzione». Di qui è nata la pubblicazione di A Tempest in Silence.
Nella nota del traduttore, Shanazar dichiara che «l’aspetto più evidente nella poesia di Jagdish è l’urgenza soverchiante di raggiungere calma, pace, serenità e silenzio, urgenza unita a pathos. Il poeta dimostra maturità di pensiero ed esprime il suo percorso attraverso il sentiero di solitudine in modo sottile e dignitoso. […] La poesia di Jagdish … senza dubbio aggiungerà valore alla letteratura Indiana in traduzione».
(A cura di Silvia Pio)
In Margutte:
Poeti dal mondo, Jagdish Prakash, India
Poeti dal mondo, Muhammad Shanazar, Pakistan