Pellegrinaggio a Venezia

Venezia 2016-10-23

GABRIELLA MONGARDI.

A Venezia non si va in viaggio, si va in pellegrinaggio.

Non si va per mangiare nel tal ristorante, o per giocare a golf al Lido, o per correre la maratona. Non si va nemmeno per vedere una mostra o la Biennale di Architettura o il Festival del Cinema.

A Venezia si va per Venezia.

Perché è una città “bizzarra e meravigliosa” ( Thomas Mann), una città “stanca d’aver troppo vissuto” (D’Annunzio), una città fuori dello spazio, o meglio sospesa in uno spazio tutto suo, tra cielo e acqua, in un equilibrio fragilissimo eppure inalterabile.

A Venezia si realizza una simbiosi miracolosa tra uomo e natura, perché la città anadiomene sembra aver cancellato la natura sotto le sue fondamenta, essersi sostituita a essa con i suoi palazzi calli campielli altane campanili, ma in realtà l’ha imitata in bellezza, l’ha completata e arricchita di perfezione.

Venezia è una città ‘naturale’, ovvero la natura fatta città, a misura d’uomo come un giardino all’italiana. A misura d’uomo in senso estetico, non in senso economico. Di certo non a misura di un uomo pratico e concreto, che valuta tutto in termini di rendimento e di profitto.  Anche se i creatori di Venezia furono mercanti, oggi essa appartiene a chi sa venerarla senza brame di possesso o di guadagno, a chi sa e può prendersene cura, a chi si limita a sfiorarla, consapevole della sua precarietà. Che è quella dell’uomo.

Venezia rispecchia nei suoi canali non solo la sua bellezza declinante, la grazia nata dalla fusione di Oriente e Occidente, il suo sogno di una durata impossibile, ma anche il nostro declino, i nostri sogni impossibili di conciliazione e armonia, il nostro tendere a una sfuggente perfezione.

Venezia dal Lido