FRANCO RUSSO.
Posso approfittare dell’ospitalità di Margutte per una riflessione “intimistica”?
Da quando sono in pensione si è, fortunatamente, ridotto sensibilmente il numero di calendari, rubriche ed agende che tra dicembre e gennaio mi invadevano casa e scuola. Quasi all’improvviso sono meno attrattivo per case editrici, banche, assicurazioni, circoli culturali, biblioteche, giornali. Mentre mantengo ancora un certo fascino per barbieri, macellai, grandi magazzini ed associazioni benefiche di ogni tipo. Con un innegabile calo di qualità dell’offerta. Quando regnavo sul liceo classico “Pellico” di Cuneo, soprattutto lì, perché nelle più modeste contee degli Istituti comprensivi di Caraglio e Busca il livello era più basso, dal 20 dicembre in avanti ricevevo, continuamente, inviati delle più prestigiose istituzioni del territorio che mi omaggiavano di agende in finta pelle, con penna a inchiostro disseccato ma confezionata bene, qualche volta con tagliacarte e, addirittura, un portamatite. Le agende e rubriche dei più ricercati venivano fornite anche in vari formati, da scrivania, da cartella, da tasca interna della giacca. Il tutto mi faceva sentire importante e, in qualche modo, gratificava il mio ego.
Dopo la pensione è cambiato il mondo: la mia assicurazione, la mia banca, solo se mi presento ai loro sportelli, mi fanno dire da cortesi impiegati “Ha già preso il calendario?”, il macellaio me lo infila nella borsa della carne senza neppure chiedere ed il barbiere, dato che non ti dà la borsa con i capelli tagliati, ti fornisce un anonimo calendario in cambio della mancia natalizia. Già il barbiere. Ricordate quando, mille anni fa, i barbieri fornivano ai clienti più rispettabili calendari con fanciulle in costume da bagno una al mese? Calendari che poi trovavano collocazione sulle pareti delle officine dei carrozzieri e dei meccanici? E quando, duemila anni fa, i barbieri, con discrezione, mettevano nelle mani dei clienti piccoli calendari, in bustine di carta trasparente, profumatissimi contenenti fotografie audacissime di fanciulle desnude? E, qualche volta anche una penna biro che, osservata in trasparenza, evidenziava una signora vestita di tutto punto ma, se capovolta, come per laico miracolo, gli indumenti, man mano che l’immagine scendeva verso il basso, sparivano e, al termine del faticoso percorso, la signora si presentava come “facette mamma”. Finito anche questo. Non ho potuto, solo per ragioni anagrafiche, frequentare le “case chiuse” quando ancora erano, lodevolmente, aperte, ma sarei curiosissimo di vedere e sapere come fossero calendari ed agende che la “maitresse” consegnava nelle mani dei clienti più generosi. Affranto dalla malinconia per i bei tempi andati, travolto da sindrome da astinenza da agende e rubriche, con l’ego ammaccato e alla ricerca di un minimo di riscatto culturale mi sono rifugiato sull’amato dizionario etimologico.
Rubrica deriva dal lat. “ruber” = rosso e, in origine sottintendeva “terra”, quindi “terra rossa”. La stessa, mescolata con ossido di ferro, dava un impasto morbido con cui si facevano le mine delle matite. Si poteva anche chiamare “sinopìa”, infatti il “filo della sinopìa” è quel filo, intinto nel rosso, che i muratori tendono contro i muri per tracciare righe dritte. E questo ci spiega perché i geometri sanno. Nel tempo il termine è passato a significare l’uso che se ne faceva e già un’enciclopedia del 1930 scrive: “Dall’uso di scrivere in rosso con tali matite quelle cose che si volevano far risaltare in mezzo ad uno scritto nero (per esempio i titoli del diritto romano) si diede il nome di Rubrica in liturgia alle prescrizioni riguardanti gli atti da compiersi nelle funzioni mentre si recitano talune preghiere, prescrizioni che si trovano stampate in rosso nei libri liturgici, frammezzo al testo nero delle preghiere stesse. Dicesi poi Rubrica un registro con l’orlo scalettato e diviso tra le lettere dell’alfabeto, generalmente in rosso, per agevolare la ricerca tra le pagine”.
Che altro aggiungere?
Partiti dal latino, un salto nell’alchimia, un giro tra i muratori liberi e no, la certificazione dei geometri, un indispensabile passaggio in chiesa ed ecco la vostra RUBRICA. O si potrebbe anche dire AGENDA? Già l’Agenda, ma qui è più facile, deriva sempre dal latino “agere” che vuol dire fare e “agenda” vuole appunto dire “cose da fare”.
Ecco, da fare: finitela di perdere tempo a leggere questi cazzeggi, consultate la vostra agenda e agite. Ciao.