GABRIELE GALLO – GABRIELLA MONGARDI
Poste mediamente a quaranta chilometri in linea d’aria dalla Costa Azzurra, le Alpi Marittime si sono a lungo distinte per ospitare i ghiacciai più meridionali dell’intero arco alpino. Nel corso degli ultimi decenni, i cambiamenti climatici hanno tuttavia compromesso l’estensione della massa glaciale, oggi modificatasi per spessore, areale di distribuzione e proprietà intrinseche (sarebbe scientificamente più corretto, infatti, parlare ormai di glacionevati, vale a dire di masse di neve e ghiaccio prive di movimenti interni).
Percorrendo nei mesi estivi gli itinerari che si snodano tra il Clapier, la Maledìa e il Gelas, si potrà comunque apprezzare la severità dell’ambiente circostante, caratterizzato da condizioni climatiche più o meno rigide durante l’intero arco dell’anno. Salendo in particolare dal Rifugio Soria-Ellena in direzione del Lago della Maura (2370m. di quota), si scorgerà senza dubbio la fisionomia e l’imponenza dell’antico Ghiacciaio della Maura.
Quest’ultimo divenne particolarmente celebre in tutta la provincia durante gli anni Sessanta e Settanta, in virtù della rudimentale sciovia realizzata proprio ai suoi piedi, atta a garantire lo sci estivo nella zona. Incastonata fra la montagna e il lago, la manovia a fune era accessibile da fine giugno ai primi giorni di settembre dopo una lunga camminata.
Realizzato da un gruppo di giovani cuneesi appassionati di montagna e amanti degli sport invernali, l’impianto aveva caratteristiche simili a quelle delle prime sciovie degli anni Cinquanta, con due pali di tubi per ponteggi da cantiere, saldati e modellati sulla falsariga dei pali della ditta Leitner in uso in quel periodo nei comprensori sciistici.
Incastonata nel ghiaccio e nella neve, ogni autunno era necessario smontare l’intera attrezzatura e riporla a terra in attesa della stagione successiva. Anche il motore dell’impianto veniva coperto e la fune analogamente riavvolta presso la zona di partenza. Nei primi giorni d’estate dell’anno successivo, infine, si procedeva nuovamente al montaggio e all’eventuale disseppellimento di ciascun componente. (cfr. Jacopo Galfré, che ringraziamo).
Le scarse precipitazioni invernali degli anni Ottanta con il contemporaneo aumento termico, la rapida fusione nivale e la regressione dell’intero ghiacciaio (fino al suo recente declassamento, come detto, in glacionevato), compromisero l’utilizzo dell’impianto, che venne quindi materialmente abbandonato, pur rimanendo ancora oggi un’effigie dei coraggiosi tempi che furono.
(tratto da http://www.alpidicuneo.it/)
Monte Gelas d’autunno
Vertiginosamente
impone il monte la sua ombra
sulla conca,
sprigiona
la sua rocciosa ribellione,
il bisogno di lotta
e di sfida -
le falde di luna
sprofondate
nella quiete della conca,
nido d’erba autunnale
e zucchero filato.
(tratto da http://stilleben-vitasilente.blogspot.it/)