ROBERTO MALINI (a cura)
Steed Gamero, Maestro del Sogno, Lavinia Dickinson Editore, Genova 2017
Il figlio teneva nella mano destra un aeroplanino di carta.
Lo stringeva fra il pollice e l’indice ed erano le sue ali,
le sue ali per volare via di casa,
dove ogni giorno iniziava e finiva una battaglia
e la vita in famiglia era guerra.
Ma non una guerra di eroi, quella infinita,
forse eterna fra lui e il padre,
dove il padre è invincibile
e la causa del conflitto
è la sua vita non vissuta,
costellata di sogni inappagati.
Ogni mattina il figlio si alzava dal letto,
ma non aveva più voglia di lottare.
Si svegliava con le mani in alto, con l’intenzione di arrendersi,
anche se la resa non era un’opzione.
No, la resa non era un’opzione.
E poi c’erano le notti,
le notti che sembravano non finire mai,
le notti con le mani in alto,
le notti in cui non aveva voglia di sognare.
Il figlio accartocciò l’aeroplanino.
Prese un altro foglio bianco,
ma pensò che non gli servisse avere le ali
perché era stanco
e fuggire non avrebbe cambiato le cose
e poi non sopportava
di vedere sua madre piangere
e ogni volta era come se la sua anima
si disintegrasse.
Usò la fantasia e immaginò di scrivere
una lettera al Maestro del Sogno,
il mago della libertà mentale,
un eroe da fumetti,
l’unico che poteva permettersi.
***
Ehi, vorrei…
Non è abbastanza volere. Non è abbastanza,
anche se vivere in un inferno al quinto piano
a quattordici anni con il Boato che spezza le parole
come selci sul letto in cui non riesci più a riposare
e frantuma la luce e apre finestre oscure
negli occhi di mia madre
e di tutti
nel girone della paura,
anche se vivere non è poi ancora il male.
Niente ha peso per me.
Sono figlio della dimenticanza,
nell’album dei ricordi in un cassetto della mia anima
vanno fuori fuoco, sbiadiscono visi e giorni.
Tutto si cancella.
Resta senza forma e colore,
senza occhi il Boato
con i suoi pugni e le sue lame.
***
Leggi attentamente queste mie parole, Maestro del Sogno.
Vorrei… vorrei alzarmi, levitare con le ossa d’aria,
le mani sollevate (ma non in segno di resa)
e sorprendere il mondo con qualche gioco di luci colorate.
Vorrei… vorrei mettermi in bilico fra un sorriso e il destino,
sospeso in un tempo in cui il peggio è passato e respirare
un milione di volte mentre una stella cadente si accende nel cielo.
Prefazione di Roberto Malini
In un mondo che innalza muri e barriere, che suddivide lo spazio sociale in sottospazi – fisici e virtuali – caratterizzati da paura e discriminazione reciproche, il poeta e attivista Steed Gamero formula l’idea di un rovesciamento lirico e umano della società, una transizione culturale e soprattutto sentimentale innescata dall’innocenza e dai sogni delle nuove generazioni.
Nella sua opera prima, I ragazzi della Casa del Sole, gli eroi del cambiamento sono adolescenti strappati all’unità rassicurante delle loro famiglie e calati nella realtà anaffettiva e burocratica delle comunità di accoglienza. La disciplina, le regole che spesso sconfinano in abusi, gli psicofarmaci annientano il loro desiderio di crescere ed essere liberi, ma la solidarietà, l’amicizia, l’amore che li uniscono mandano in crisi la macchina che ne gestisce le esistenze. La loro rivoluzione inizia così, inarrestabile, alimentata dai fuochi della creatività e del coraggio.
I ragazzi spezzano
cuori e mattoni
infrangono diaframmi e vetrate
aprono brecce
nei muri.
Nel suo impegno a difesa dei diritti umani, che si riflette sempre nel suo lavoro letterario, l’autore dedica particolare attenzione alla violenza domestica sui minori, una tipologia di abuso che si verifica nel chiuso delle abitazioni, circondata da reticenza e vergogna. Maestro del Sogno affronta con lo strumento poetico questo tema delicato e tremendo di cui Gamero, che ha raccolto negli anni le confidenze di tante vittime, conosce assai bene le tinte: il viola dei lividi, il rosso del sangue, le trasparenze del silenzio, il fosco monocromo delle notti tremanti e senza difesa. Opera breve, struggente, fulminante nella sua intensità, è poesia in cui la denuncia assume i contorni di un’epica del nostro tempo. Colpito da aggressioni fisiche e psicologiche nell’ambiente familiare, il giovane protagonista del canto monologico sopravvive perché è un eroe resiliente. Crede nel potere dell’immaginazione e non affronta il dolore da solo, ma alleandosi ai sogni.
Così maschero i ricordi e li trasformo in uno strano carnevale,
dove danze, colori e canzoni confondono il male.
Gli abusi domestici contaminano l’archetipo genitoriale, fondamentale nello sviluppo della personalità del bambino e dell’adolescente, compromettendone la valenza, che è necessaria all’equilibrio emotivo di un essere umano che cresce. Nel romanzo I fratelli Karamàzov, Dostoevskij distingue due tipi di genitorialità paterna, spiegando che “chi genera non è ancora padre, ma lo è chi genera e lo merita”. Mito, storia, letteratura, memoriali e cronache ci presentano un gran numero di esempi di padri immeritevoli, signori e padroni delle famiglie, piuttosto che loro amorevoli pastori. Sono figure che incarnano il potere assoluto, i ruoli di capo e sovrano, signore della materia, creatore e contemporaneamente distruttore.
Il padre degno del suo ruolo ha il cuore davanti all’ego e alla mente. I genitori, però, non sono sempre capaci di un sentimento così altruista e il compito che la vita ha affidato loro come una missione diventa una sfida. Vedono il figlio come un virgulto che cresce sempre storto e che è necessario raddrizzare. I loro occhi non sono uno specchio in cui la giovane anima può riscoprire ogni giorno – alla luce dell’amore – la propria unicità, le proprie potenzialità. Piuttosto, sono un tribunale, in cui la giovinezza, con la sua vitalità e la sua avventata innocenza è sempre peccato. Allora lo spazio vitale di una famiglia diventa terreno di battaglia, un rapporto di forze contrastanti in cui la volontà si trasforma in ragione e chi è più debole rischia di soccombere.
Figlio di un genitore ignobile, il ragazzo viene educato alla paura ed è privato di quel rito della trasmissione che ci tramandano antiche tradizioni, come quella vedica, ma che è ancora presente nei codici sentimentali ed educativi che fanno parte del rapporto genitori-figli. Nella cerimonia, il padre impartisce al giovane la parola, il fiato, il battito del cuore e la vista, doni che consentono al ragazzo di risorgere a nuova esistenza.
Grazie alla trasmissione, l’adolescente compie la sua metamorfosi e diventa un uomo libero, capace di contribuire – con i poteri fusi insieme della giovinezza e dell’esperienza – al futuro del mondo. In seguito alla trasformazione, tuttavia, il giovane mantiene radici vive nella storia della sua famiglia. La mitologia ci offre esempi di genitori virtuosi, come Dedalo, padre di Icaro e suo affettuoso maestro di volo. Dopo aver ucciso Patroclo e prima dello scontro fatale con Achille, Ettore saluta per l’ultima volta la moglie Andromaca. Quindi depone l’elmo a terra, abbraccia il suo bambino Astianatte e recita una breve preghiera: “Zeus e voi altre divinità, fate che mio figlio sia valoroso e che un giorno, vedendolo tornare dal campo di battaglia, si dica di lui che è molto più forte del padre”.
I versi di Steed Gamero mettono in luce la tragedia, che è contemporaneamente individuale e universale, originata dalla mancanza del canale per la trasmissione, quando il figlio, di fronte al maglio della forza paterna rischia, insieme alla madre, l’annientamento.
Non è abbastanza volere. Non è abbastanza,
anche se vivere in un inferno al quinto piano
a quattordici anni con il Boato che spezza le parole
come selci sul letto in cui non riesci più a riposare
e frantuma la luce e apre finestre oscure
negli occhi di mia madre
e di tutti
nel girone della paura,
anche se vivere non è poi ancora il male.
La violenza domestica sui più deboli è il prodotto deteriore della famiglia imbarbarita, in cui arroganza, orgoglio e forza fisica sostituiscono i valori familiari della saggezza, della dedizione e del sacrificio, che sono alla base del rito della trasmissione. Senza trasmissione, il padre identifica nel figlio un rivale, un potenziale usurpatore parricida. Ecco perché non vuole che il seme germogli, che al rigore dell’inverno segua la vitalità esuberante della primavera. Pretende di fermare il tempo nell’ego e condanna la sua generazione all’oblio, alla mancata affermazione, alla non esistenza.
“Quando mancano saggezza, compassione e amore,” mi ha detto Steed Gamero a proposito di Maestro del Sogno, “il genitore non è degno del ruolo di marito e padre. In quel caso, la crisi generazionale è inevitabile e il figlio vive una condizione di solitudine e fragilità totali. Perde qualsiasi senso di appartenenza e non possiede più nulla, neanche l’idea di una famiglia, neanche l’integrità del corpo, violato dagli abusi. ‘La poesia è il mio corpo,’ scrisse Blanca Varela, grande poetessa peruviana. Maestro del Sogno rappresenta quel concetto. È la poesia della vittima, la sua voce e la sua scrittura che diventano magia per resistere alla brutalità del Boato, aprendo un sentiero solitario e una porta alla trasformazione”.
Maestro del Sogno, vorrei che in ogni ninna nanna si nascondessero parole magiche.
Solo così si potrebbe salvare l’innocenza.
Solo così si potrebbe salvare l’amore.
La guida del giovane eroe, il suo sciamano è un personaggio dei fumetti, metà mago e metà supereroe. Il mondo dei fumetti, che ispira grandi produzioni cinetelevisive rivolte ai ragazzi e alle famiglie, è presente nell’opera di Gamero come evoluzione contemporanea della mitologia. I versi di Maestro del Sogno esprimono la continua tensione interiore di un’anima, attraverso un ritmo incalzante e pieno di pathos, sospeso tra fuga e rap. E come nella mitologia, il figlio può sfuggire alla distruzione accedendo a forze soprannaturali e avvalendosi del potere della creatività che, come una potente preghiera, chiede alla vita di trasformarsi e aprire un varco alla speranza.
Non preoccuparti per me, perché ho un segreto che mi rende forte.
È una formula magica, un grande illusionismo,
la magia che conosce solo chi è costretto
a sopravvivere in condizioni estreme.
Salvare l’innocenza e l’amore: ecco le fatiche a cui si sottopone l’eroe cantato da Steed Gamero. Senza trasmissione, senza modello paterno, l’adolescente è costretto a intraprendere un cammino interiore completamente immaginativo, senza cedere alla disperazione né all’odio, aprendogli occhi dell’anima, che vedono nel buio. Speranza e creatività sono le fiaccole con cui si orienta in un mondo che sembra non offrire punti di riferimento, l’arma e lo scudo con cui si sente in grado di affrontare le imprese che il fato gli ha affidato. Cimenti il cui esito non riguarda solo la vicenda personale. Durante la nostra conversazione su Maestro del Sogno, il poeta ha sottolineato come la violenza faccia parte della natura umana e ne farà parte finché l’umanità non si libererà della rabbia.
“Se consideriamo il mondo come la casa di tutti noi,” mi ha detto, “e la civiltà come un susseguirsi di genitori e figli, allora la violenza domestica sui minori ci appare come l’aspetto familiare di una crisi che riguarda tutta l’umanità”. Sono d’accordo con lui: si tratta di una crisi antica come gli esseri umani, che non sono mai riusciti a perpetuare innocenza e solidarietà reciproca. Ogni stirpe di genitori ha commesso spaventosi abusi verso la generazione dei figli, togliendole risorse, energie e anche sogni. È un folle cammino che abbiamo iniziato millenni fa, come ci ricordano tante pagine della nostra storia, verso il boato dell’entropia che coincide con l’autodistruzione. “La nostra sola speranza,” conclude l’autore, “è quella di imparare a sognare insieme, genitori e figli, superando l’ira e iniziando una nuova forma di progresso, basata sul rispetto di chi verrà al mondo dopo di noi”.
Nota biografica
Steed Gamero è nato a Lima (Perú) nel 1988. Vive in Italia dal 1999 e dal 2014 ha anche nazionalità italiana. Nel suo lavoro letterario, scrive indifferentemente in italiano e spagnolo. Poeta, scrittore e fotografo, ha ricevuto numerosi riconoscimenti letterari per la sua opera prima di poesia I ragazzi della Casa del Sole (Genova, 2013), uscita nel 2015 anche in edizione bilingue italiano-spagnolo. Ricordiamo il Premio Letterario Camaiore Proposta 2013, il Premio Internazionale di Poesia Petreca Dini (San Paolo, Brasile) 2013, il Premio Internazionale “La ragazza di Benin City”, il Premio Internazionale Milano per la Poesia, il Premio Manuel Scorza all’Expo di Milano 2015, il Premio Casal Català di Guayaquil 2016 per la poesia e l’impegno umanitario. La parlamentare europea Viktória Mohácsi l’ha definito “artista dei diritti umani”. Attivista umanitario nel Gruppo EveryOne, partecipa all’organizzazione di eventi per il movimento di poesia globale 100 Thousand Poets for Change. È diplomato in sceneggiatura del fumetto, un campo nel quale ha realizzato lavori d’autore molto apprezzati, fra i quali – insieme a Jon Foster, Dario Picciau e Roberto Malini – il graphic novel Sulphur & Dana (Milano, 2006), encomiato dalla società Apple come una pietra miliare del nuovo fumetto. Fotografo apprezzato a livello internazionale, ha tenuto mostre in Italia e all’estero, riscuotendo importanti consensi e sollevando un dibattito internazionale sui diritti delle minoranze etniche e dei gruppi sociali colpiti da discriminazione. Nei suoi libri d’arte e nelle sue mostre la fotografia diviene testimonianza delle persecuzioni e della memoria: del libro Un diverso olocausto (Firenze e San Francisco 2007), scritto da Gerard Koskovich e Roberto Malini, si è occupato anche il New York Times. La mostra Capelli d’oro e di cenere, che raccoglie oltre venti ritratti di donne della Shoah, si è tenuta in molte città ed è patrocinata dal Museo dell’Olocausto Yad Vashem di Gerusalemme, il cui presidente Avner Shalev ne ha scritto la prefazione al catalogo. L’Archivio Storico di Napoli, la Collezione d’Arte del Comune di Pistoia, il Museo della GLBT Historical Society di San Francisco, il Museo Nazionale della Shoah di Roma e altre collezioni pubbliche hanno opere dell’artista italoperuviano nel loro patrimonio culturale ed espositivo. Ha tenuto inoltre le mostre Frantumi d’aurora (Firenze, 2006), Grüne Rose (Firenze, 2007) e Il popolo Rom in Italia (Roma 2011), quest’ultima dedicata alle tradizioni e alla difficile esistenza di Rom e Sinti. Alcuni dei più noti studiosi di mistica ebraica hanno lodato le fotografie di Steed Gamero a corredo del libro di Roberto Malini Se una goccia d’inchiostro (Genova, 2017). È stato invitato a presentare e leggere le sue poesie presso i Consolati Generali del Perù e dell’Ecuador e ogni anno partecipa a festival di poesia ed eventi di cultura e civiltà.
In Margutte:
Steed Gamero: il poeta è un viaggiatore
Roberto Malini: la poesia come canto di libertà