Da sempre l’ uomo è abituato a considerare tutto quello che lo circonda come qualcosa al suo servizio e di fronte ad una pianta, un’erba, un fiore, una bacca, un giardino a chiedersi “a cosa serve?”
Un giardiniere appassionato a cui venga girata la domanda, dissimulando un certo disappunto per il quesito utilitaristico, risponderà che il giardino innanzitutto serve a far vivere meglio e che il giardinaggio è un gran bel gioco. Poi, come un fiume in piena, che il giardino dà gioia e piacere al proprietario ed ai suoi amici, che è un tranquillo rifugio ed una consolazione ai fastidi di ogni giorno, che può essere un teatro di seduzione, un momento di riflessione, di dialogo muto ma eloquente con altri esseri viventi che appartengono al più ridente dei Regni, quello Vegetale.
Sull’onda di una connaturata inclinazione didascalica proseguirà elencandone i benefici per il corpo e per lo spirito. Sconfinerà nel campo della Fisiologia umana, sostenendo i vantaggi dell’attività fisica connessa col giardinaggio per il metabolismo, i muscoli, le articolazioni. Entrerà nel campo delle Neuroscienze, dove è stata dimostrata l’ attivazione di neuromediatori cerebrali coinvolti nei circuiti del piacere e della ricompensa a seguito della pratica giardinistica. Non potrà certo tralasciare un riferimento alla Horticultural Terapy, che offre un aiuto alla cosiddetta popolazione del disagio (malati psichiatrici, anziani istituzionalizzati, carcerati), ai Community Gardens, dove viene promossa una forma di giardinaggio collettivo come occasione di reinserimento sociale, agli Ortincondotta che avvicinano i bambini ai cicli della natura attraverso semina, coltivazione, raccolta dei prodotti della terra.
Se fa bene la pratica attiva del giardinaggio altrettanto ne può fare la sua fruizione passiva che, cogliendone gli aspetti di armonia, di bellezza, di energia positiva, può giovare al recupero di uno stato di salute, ad accrescere la resilienza di fronte alla malattia. Così si spiega la creazione di giardini in alcuni ospedali per pazienti oncologici pediatrici.
Il giardino è un eccelso insegnante. Insegna la concretezza, la pazienza, l’attenzione, l’attesa, la fiducia, l’umiltà, la decisione, in una parola l’etica e l’arte del vivere. All’inizio occorre un’idea, un progetto, poi del materiale adeguato, un metodo, una sperimentazione, il concorrere di causalità e casualità, infine si otterrà un qualche risultato da ponderare, su cui riflettere. E poi si ricomincia con le necessarie modifiche. Fatica e felicità sono quello che richiede e dà il giardino. Se la ricompensa non fosse altissima, per quale ragione il giardiniere si dovrebbe asservire ad un simile tiranno?
Ma il giardino in fondo è anche un po’ utile a se stesso. Infatti se il giardino antico è nato dall’esigenza dell’ uomo di proteggersi dai pericoli della Natura Selvaggia per goderne solo gli aspetti migliori, col passare del tempo si è trasformato in rifugio per la Natura stessa di cui è diventato oasi, luogo protetto per la conservazione e la diffusione di varie specie, baluardo contro la loro distruzione, contro la contaminazione del cemento, dell’asfalto, del frastuono.
Infine, come non condividere il pensiero di Voltaire, che scrisse: “Ho letto molto e trovato soltanto incertezza, menzogna e fanatismo. Delle cose essenziali so poco più di quanto non sapessi quando ero lattante. Io preferisco piantare, seminare ed essere libero”?