RICHARD BERENGARTEN
Dodici annotazioni [1]
1. ALBERO è un poema che canta l’albero. Poiché l’albero stesso è un’arpa che suona se stessa da sola, nel e con il vento, allo stesso modo ALBERO suona sulla voce umana e l’accompagna, e respira per cantare l’albero.[2]
2. ALBERO è un poema che tratta gli alberi come tesori. Un singolo albero di grandi dimensioni può fornire il fabbisogno di ossigeno per quattro persone.
3. ALBERO implicitamente sostiene e difende gli alberi in uno spirito di reciprocità per il fatto che loro difendono noi, perpetuando la nostra aria. ALBERO è una panoplia (‘l’insieme delle parti di un’armatura’) di e per alberi.[3] ALBERO tratta gli alberi come amici, alleati e protettori degli umani.
4. ALBERO costituisce una preghiera a favore degli alberi, una richiesta di piantarne di più, di più grandi, di più curati e protetti con amore; piantarne gruppi in cortili, giardini, parchi, pergolati, boschetti, frutteti, foreste, giungle; in file e bordi lungo e vicino a viottoli, vicoli, strade, corsi, viali, autostrade, sentieri, campi, canali, fiumi e deserti. Gli alberi limitano i deserti e tengono a bada i rifiuti. ALBERO invoca la difesa degli alberi da parte degli alberi.
5. ALBERO tratta gli alberi come protettori della vita tutta. Creando pergole e raggruppandosi in esse, gli alberi ospitano milioni di specie viventi, di tutte le famiglie, ordini, classi, domini, ecc. ALBERO è una chiamata ad invertire la distruzione di massa degli alberi. Gli alberi nei loro boschi selvaggi (‘Walden’)[4] accrescono, accentuano e afforzano la fertile natura vergine. Gli alberi risuonano: arbour: harbour: armour: amour: amor: amore.[5]
6. ALBERO celebra tutti gli alberi: tutti gli individui e tutte le specie e le varietà arboree. Gli alberi in sé e per sé sono bellissimi, nobili, ispiratori: ‘meravilaliti’.[6]
7. ALBERO celebra gli alberi perché sono belli. Recuperare spazi per gli alberi e il loro impianto significa recuperare bellezza. ALBERO riafferma, riconferma, reitera, riasserisce la bellezza.
8. L’albero che ALBERO celebra, chiama e richiama è un albero definito e indefinito, particolare e astratto, reale e simbolico, fisico e teorico, tangibile e intangibile, sopra e sotto, qui e là, in nessun luogo e ovunque. Questo albero è uno e molti; è questo albero e quello; è un albero qualsiasi e tutti gli alberi.
9. L’albero creato da ALBERO è il tuo albero (che tu significhi uno o molti) e il mio, il vostro albero e il nostro, il suo albero e il loro. Appartiene a ognuno e a nessuno. È un albero che è sia un albero che nessun albero: un non-albero e non-un-albero, un albero che è nondimeno ancora e sempre un albero e non più di un albero.
10. L’albero creato da ALBERO è antico e moderno, passato, presente e futuro, deciduo e sempreverde, durevole e transitorio. Oscillando tra condizioni implicate ed esplicate[7], questo è un albero che è fragile e flessibile eppure forte e stabile, irremovibile e immutabile eppure sempre in movimento e in autotrasformazione. Questo è un albero di vita e morte, e di nascita e rinascita; di creazione, distruzione e ricreazione; un albero di essere e divenire, e di non essere ed essere di nuovo.
11. ALBERO è un poema a proposito di un albero, per un albero, che chiama, richiama e canta un albero.. ALBERO è un poema che è esso stesso un albero.
12. ALBERO è un albero che canta se stesso e esso stesso canta.
Cambridge
16–18 luglio e 5–6 agosto, 2017
(Traduzione di Silvia Pio)
Foto di Bruna Bonino.
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Note
[1] Questa serie di proposizioni è dedicata a Silvia Pio e Attilio Ianniello. È stata scritta in occasione della lettura/performance della traduzione italiana fatta da Silvia del poema in 365 versi Albero durante la Festa degli Alberi a Mondovì, in Piemonte, il 1° ottobre 2017. Il testo è inoltre stato pensato per accompagnare la pubblicazione su Margutte delle versione in dieci lingue di Albero, inaugurando il progetto di traduzione multilingue. Il numero nove (il numero di traduzioni eseguite fino ad oggi), tre al quadrato, invoca le Muse.
[2] L’albero è in effetti un’arpa eolia. Αἴολος era il dio del vento che soffiava dalle Isole Eolie o dalla costa eolia nel nord-est dell’Asia Minore.
[3] In greco πανοπλία significava ‘l’intera armatura dell’oplita’ (ὁπλίτης, ‘soldato a piedi’, i.e. ‘persona con armatura’): da ὅπλον, ‘arma, pezzo di armatura, scudo pesante, plurale ὅπλα’). Oxford English Dictionary online.
[4] Si veda Henry D. Thoreau, Walden; or, Life in the Woods (Walden ovvero Vita nei boschi), Anchor Books, USA, 1973.
[5] La sequenza è tale nell’originale (significato letterale: pergola: porto: armatura: tresca – dal francese amour – : amor: amore – questi ultimi, in italiano) (NdT).
[6] Dal latino halitus, e esalare, emettere un soffio da halare.