È uscito per l’editore Internopoesia “Le parole accanto” di Michela Zanarella, della quale Margutte aveva già parlato QUI. Ne pubblichiamo alcune liriche.
Apro la pelle ai giorni
Apro la pelle ai giorni
e mi faccio coraggio
oggi per domani e domani ancora
fino ad innamorarmi della notte
e poi del giorno
come se fossi al primo inchino
alla vita.
Perché non posso spaventarmi
della prima ombra che appare
o della ferita che sanguina appena.
Allora cammino a piedi scalzi
tra le cose
inciampo cado mi rialzo
e consumo gli occhi ad esplorare il cielo
pur di non perdermi nemmeno un attimo
della luce che nasce
o del sole che si spegne nella sera.
Conservo anche l’odore delle macerie
ed il peso delle lacrime
sulle guance
senza smettere di amare
quel poco che basta
per dare un senso al fiore
o al ramo che si spezza.
*
Vengo a respirare
Vengo a respirare
dai tuoi confini lontani
e ci trovo tutto l’amore che non ho mai capito
io che ti ho sentito madre troppo tardi
terra impastata nella nebbia
fatta di cielo mai limpido e in lotta con il tempo.
Poso lo sguardo dove si ferma anche il vento
nella semina che sa di grano ormai maturo
e chiudo nel cuore quel colore
che ha l’odore del pane e delle stanze di casa.
Ti sento radice che indossa le mie vene
meta che ho lasciato troppo presto
sperando di trovare altrove
il senso del mio canto.
E intanto
vado con la mente dove il fiume si sveglia
in quel silenzio che cammina tra i campi
fino a sera.
E resto tra le distanze a cercare quel poco sole
sempre incerto
che mi ricorda che un giorno farò ritorno
tra i fili d’erba e le strade di polvere
dove sono stata bambina.
*
Dove la Brenta
È l’odore di nebbia
che mi rassicura.
Sto nelle schiene verdi
della mia terra
dove la Brenta
ha rami limpidi
e voci silenziose.
Mi è cresciuto in vena
quel docile orizzonte
fragile di sole
e so dove hanno fermento
le nuvole.
Legata ai vezzi del cielo
lascio che il tempo smuova
le sorti della pianura.
Se ascolto la pelle
vedo lembi di fiume
e ad un palmo la mia origine.
*
Le parole accanto è un libro la cui scrittura è sapiente e pacata e riesce a cogliere sfumature essenziali capaci di illuminare aspetti reconditi della realtà e della psiche. Si avverte che l’esperienza personale, anche all’interno degli affetti più intimi, ha lasciato tracce indelebili che tornano a dettare ombre, eppure non troviamo il minimo di recriminazione, non troviamo anatemi. La poetessa ha assorbito tristezze e dolori e ne ha fatto parole di poesia con una semplicità che, come vado sostenendo da decenni, è il solo mezzo per riuscire ad ottenere della vera poesia, quella che rinnova la sostanza della realtà e perfino della verità.
Piace lo scavo netto che Michela Zanarella fa dentro i rapporti con i familiari, con chi le sta attorno. Certo, ormai il tempo (parola e concetto su cui torna e ritorna con sfaccettature diverse e sempre accattivanti) di alcuni momenti particolari è lontano, ma niente si è dissolto e piaghe e ferite, gioie ed esaltazioni sono rimaste a concimare la sua anima che ha diramazioni infinite, anche se qua e là appaiono le lucciole e, soprattutto appare il grano, addirittura appaiono “strade di grano”, un verso che la dice lunga sulla fecondità del sentire della poetessa. La quale non fa mistero delle sue preferenze e ci presenta una dozzina di testi dedicati a Mario Luzi, a Paul Verlaine, a Charles Baudelaire, ad Arthur Rimbaud, a Jack Kerouac, a Sergej Alecsandrovic Esenin, a Isabella Morra, a Pier Paolo Pasolini, ad Aldo Palazzeschi, ad Alda Merini, a Dino Campana.
(dalla prefazione di Dante Maffia)