Giardini, orti e dintorni – 4

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GUIDO GOVONE.

Un giardino ben nato è un ambiente rassicurante, un curioso teatro di vita, ha un suo baricentro, una sottesa e mai esibita vena narrativa, è in sintonia con l’ambiente circostante ed ha un sicuro impatto emozionale. E’ in primis un’idea, un concetto che si concretizza creando un dialogo tra materia, fruitore e natura. Ma il desiderio del giardino si deve nutrire di consapevolezza e senso della realtà. Attenzione all’entusiasmo del momento del giardiniere improvvisato, basta vedere che brutta fine fanno piante bellissime, magari finemente foggiate da competenti e costosi vivaisti, a cui i proprietari non sono in grado di offrire la giusta ospitalità… Troppo spesso capita di vedere giardini costruiti tanto per fare, perché si deve mettere qualcosa nello spazio attorno a casa, oppure ostentare e stupire gli ospiti: sono giardini senza anima, tristi e noiosi, che hanno poco da dire.

Quanto alla bellezza, è frutto di conoscenza, talento, artificio, casualità, e lavoro, lavoro… In giardino infatti servono molte braccia e molte mani (ma una sola testa) e per di più l’impatto di quelle mani deve essere poco percepibile, quasi che il giardino si fosse fatto tutto da solo, aiutato solo dallo scorrere del tempo. Un bel giardino non è mai un giovane giardino! La naturalezza più raffinata è il risultato del tempo e dell’artificio.  La bellezza poi, come è noto, è assolutamente mutevole, ma quello che per noi è bellezza per le piante vuol dire salute, vitalità, armonia con l’ambiente.

E le erbacce, le figlie del vento? Il giardino felice non tollera troppe discriminazioni  e vuole  che il suo padrone ami le piante in tutte le loro declinazioni, dall’aiuga reptans al liriodendron tulipifera. Del resto le piante spontanee fanno quasi tutto da sole, risparmiando  fatica al giardiniere.  Certamente vanno contenute, disciplinate, ma anche loro possono dare un contributo all’armonia del giardino, possono servire a sdrammatizzare la rigidità formale di un impianto troppo studiato, troppo artefatto. Per me è stato un piacere,  quest’anno, veder crescere alcune piante di verbasco in mezzo alle salvie, alla ruta, alla borraggine, così come veder rifiorire cespi rigogliosi di aquilegia al piede delle rose Pembertoniane.

L’arte topiaria, che è l’essenza del giardino all’italiana, se trionfante, rende troppo pesante il segno della mano dell’uomo, tuttavia, anche in una installazione informale, qualche tocco di potatura, qualche bosso arrotondato, qualche tasso affusolato, qualche siepe a onde sono gradevoli alla vista e testimoniano la presenza umana senza compromettere la naturalezza dell’insieme. Una qualche forma di progettualità è premessa indispensabile per l’impostazione e lo sviluppo armonioso del giardino, poi, specie in spazi ampi, è tollerabile col passare del tempo anche un po’ di trascuratezza. Un bel giardino non è una selva inestricabile, ma neppure deve dare l’ impressione di un curatissimo vivaio o di un asettico reparto di cure intensive …

Quando si progetta un giardino occorre tener presente che i suoi confini si estendono ben oltre i limiti segnati sulle mappe catastali. Il cielo gli farà da tetto, l’orizzonte sarà il suo perimetro, si potrà prendere a prestito una bella veduta e farne un punto focale, per contro una macchia di alberi o una quinta verde  nasconderanno una brutta vista. Talora uno spazio ridotto ne amplifica l’ impatto, l’ importante è che appaia più grande di quello che è, ad esempio, nascondendone all’occhio i confini. Scendendo sul piano della concretezza, proverò a descrivere un impianto di giardino che mi è ben noto e mi sta particolarmente a cuore.

Inizia subito fuori dalla porta di casa, è l’ estensione dello spazio che abitiamo e si sviluppa dal coltivato all’incolto secondo percorsi che passo dopo passo conducono alla scoperta di nuovi punti di vista… A ridosso della casa ci sono alcuni vasi per poche, robuste piante “prigioniere”  che per questo motivo richiedono cure più assidue. Sono Convallarie, Aspidistrie, Zephirantes, preziosa eredità dei nonni,  ed ecco  il ”piccolo giardino”, quello più vissuto, racchiuso da quinte di Bambù e di Carpini. Le restanti parti non sono di accessibilità diretta, anzi la visuale è cieca, un gruppo di Agrifogli, uno stretto passaggio tra Cedri Himalayani e una massa di Ibischi Siriaci suggerisce uno dei percorsi per affacciarsi, gradualmente, a successivi scenari.  Saranno spazi racchiusi, stanze a cielo aperto, ognuna con un suo tema, un boschetto appartato, angoli di sosta con vecchie panche sotto l’ ippocastano, sedili all’ombra del gazebo. Non potrà mancare un pozzo, una pozza d’ acqua per i pesci rossi e una pergola ricoperta da rose Alberic Barbier… E poi, per confine, siepi: alte, basse, squadrate, stondate, bordi misti, gli amatissimi Bossi e Tassi e Carpini. Attraverso la stanza dei bossi ci si affaccia sul piccolo frutteto di  varietà rustiche, pere madernassa e martìn sèc, azzeruolo, puciu, uva spina, ribes. All’opposto lato, in pieno sole, l’orto: quattro particelle per le aromatiche, le zucche, i pomodori, i fiori da taglio, due filari di lamponi, il tutto avvolto da cespugli di rose inglesi, peonie e protetto a tramontana da una parete di svettanti e invadenti Bambù.

Un varco tra le siepi conduce ad una radura, il paese è parzialmente nascosto da gruppi di liriodendri, faggi, frassini, aceri, tigli, dalla  parte delle colline un doppio filare di carpini piramidali conduce alla charmille e poi verso l’incolto. È in questa sorta di terreno golenale che prosperano le piante più amate, le spontanee, le pioniere: ontani, saliconi, frassini, querce, acacie, e gruppi di Buddleie, le piante delle farfalle, sfuggite al giardino e ben naturalizzate in mezzo alle rustiche compagne. Un sentiero tortuoso finalmente si affaccia su quello che è il vero punto focale di questo curioso  giardino di campagna: il  torrente Corsaglia con le sue levigate pietre e l’acqua che canta. Panta rei…

Sir Peter Smithers, nome e nume tutelare dei giardinieri, nel suo decalogo raccomanda che tutto in giardino deve essere progettato in modo che il lavoro decresca con l’aumentare dei nostri anni… Talora qualche dubbio sulla osservanza di questo saggio precetto mi sfiora, quando percorro questi spazi….

È comunque un fatto consolante che col tempo un giardino felice si trasformi in un piccolo ecosistema che in parte si automantiene, dove le piante interagiscono, competono, resistono, si autodisseminano,  soccombono, secondo le ferree ed inesorabili leggi della Natura – e il giardiniere è poco più che uno spettatore.

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