GIANCARLO BARONI
La città di Urbino è il paesaggio di colline che la orna, le mura che la cingono, il centro storico che si stringe attorno al suo Palazzo e, principalmente, l’incantevole e immenso Palazzo Ducale. Tutti questi aspetti, che costituiscono un insieme inscindibile, si attraggono creando una specie di “campo magnetico” fondato sulla bellezza. C’è un intenso scambio di sguardi fra l’interno e l’esterno, il dentro e il fuori le mura, un flusso ininterrotto che agisce da legame e da collante.
In un appassionato ritratto della sua città natale, Paolo Volponi (Cantonate di Urbino,1985) scrive: “Si dovrebbe andare a Urbino di settembre, fra il 10 e il 20 del mese… In quel periodo con molta probabilità vi capiterà di trovarvi…delle giornate di singolare splendore, aperte tra marina e l’Appennino…Se poi asseconderete la fortuna locale alzandovi presto la mattina, troverete davanti a voi…il paesaggio appenninico indorato dal primo sole e soffuso in basso, tra le vallate e le forre, di bianche e soffici nebbie come di un mare irreale…”. In compagnia di mia moglie sono arrivato a Urbino il 10 ottobre di oltre trent’anni dopo, e grazie al fatto che il clima dell’attuale ottobre corrisponde forse a quello settembrino di una volta, la mattina seguente abbiamo avuto la fortuna di ammirare una nebbia lattiginosa che, come una gonfia nuvola bassa, copriva campi, alberi, casolari, lasciandone magicamente trasparire qua e là frammenti e spicchi.
A pochi chilometri dal centro cittadino sorge su un colle la chiesa di San Bernardino degli Zoccolanti. Da lì conviene forse partire, sia per il panorama sia perché nella chiesa è sepolto Federico da Montefeltro, il protagonista della storia urbinate. Fino a inizi Ottocento il mausoleo custodiva la celebre “Pala Montefeltro” di Piero della Francesca. Non era certo bello Federico con il naso in parte mozzato e un occhio cieco. Per evitare di mostrare l’occhio destro trafitto da una lancia durante un torneo lo si ritraeva di profilo. Così fanno sia Pedro Berruguete, che lo dipinge insieme al figlioletto Guidobaldo, sia Piero della Francesca che nella “Pala Montefeltro” (oggi alla Pinacoteca di Brera) lo raffigura vestito di una lucente corazza in ginocchio ai piedi della Madonna col Bambino e che nel “Dittico dei duchi di Urbino” (ora agli Uffizi) lo ritrae in compagnia della moglie Battista Sforza. Con Federico, educato da giovane in due capitali della cultura come Venezia e Mantova, condottiero e mecenate, insignito dagli inglesi dell’ordine della Giarrettiera e dagli aragonesi di quella dell’Ermellino, conte e dal 1474 duca, la magnificenza della città raggiunge il culmine. Dal 1444 al 1482 la governa trasformandola in uno dei centri più importanti del Rinascimento italiano.
Il cuore di Urbino è il possente ed elegante Palazzo Ducale: Baldassare Castiglione, nel “Cortegiano”, lo definì “una città in forma di palazzo”. Vi lavorarono l’architetto dalmata Luciano Laurana e poi il senese Francesco di Giorgio Martini. Al primo si deve la realizzazione dei due fiabeschi torricini e dell’armonioso Cortile d’Onore sulle cui facciate corrono frasi in latino che, come questa, esaltano Federico: “La sua giustizia, la sua clemenza, la sua liberalità e la sua rettitudine uguagliarono e adornarono in tempo di pace le sue vittorie”. All’interno si susseguono interminabili sale, ma la stanza più preziosa è il piccolo studiolo ornato da tarsie lignee e da dipinti di uomini illustri; nei sotterranei trovavano spazio lavanderia, cucina, scuderia e magazzini. Il Palazzo, oggi sede della Galleria Nazionale delle Marche, ospita capolavori come la “Madonna di Senigallia” e la “Flagellazione” di Piero della Francesca; la misteriosa “Città ideale”; la cosiddetta “Muta” di Raffaello che a Urbino, nel 1483, è nato.
La facciata ovest del Palazzo, quella dei torricini, è la più scenografica; la si vede raggiungendo la Rocca Albornoz, lungo la salita va visitato l’Oratorio di San Giovanni, affrescato a inizi Quattrocento dai fratelli Salimbeni.
La nascita nel 1506 dell’Università, che oggi anima così vivacemente Urbino, è merito del figlio di Federico, Guidobaldo, che due anni dopo muore senza eredi: la dinastia dei Montefeltro si estingue.
Gli enigmi della “Città ideale”
Hanno lasciato tutto
così com’era. Case e strade vuote.
Dove saranno scomparsi
e per quali motivi?
Il cielo terso la città pulita.
Uniche tracce di vita due piccioni
appollaiati sopra a un cornicione:
avanguardie che annunciano il ritorno
o ultimi sopravvissuti?
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Le fotografie sono di Giancarlo Baroni.
Uscito su Pioggia Obliqua, Scritture d’arte.