GABRIELLA MONGARDI
Serve organizzare un convegno sulla poesia? Non siamo stanchi di sentire lamentele sul fatto che tutti scrivono versi e nessuno li legge? Esiste un dialogo tra critica, università, scuole superiori e produzione contemporanea?
Queste e altre questioni sono state trattate giovedì 12 aprile scorso alla biblioteca “Sormani” di Milano durante il convegno sul tema “Poesia e mass media”, organizzato dal Comune di Milano, dalla Biblioteca stessa, dall’Associazione Culturale “dipoesia”, dalla rivista «Atelier» e dal Centro Culturale “Don Bernini” di Borgomanero.
L’iniziativa si proponeva di ampliare l’analisi sulla poesia contemporanea, iniziata a Firenze il 6 febbraio 2017, i cui atti sono pubblicati sul n. 85 della rivista «Atelier» (giugno 2017). In quell’occasione la riflessione aveva coinvolto i gruppi letterari, le case editrici, l’università e le riviste.
Il direttore di «Atelier» e del Centro Culturale “Don Bernini”, Giuliano Ladolfi, ha esaminato la situazione attuale della poesia italiana, che presenta due elementi caratteristici della società contemporanea: la marginalizzazione da parte di un sistema “emporiocentrico”, che attribuisce un valore monetario anche ai beni relazionali, e la parcellizzazione dei sottosistemi (università, case editrici, riviste, scuola, festival, reading, blog ecc.), con la conseguenza che tale arte, assumendo il compito di testimoniare i valori umani, ha perso ogni visibilità massmediatica.
I giornalisti Mario De Santis, Luigia Sorrentino e Ottavio Rossani, invece, con una serie di dati hanno chiarito che la poesia è viva e operante e riscuote notevole successo di pubblico. Giulio Greco, il moderatore dell’evento, ha ricordato il successo di Francesco Sole, che ha pubblicato nella collana “Arcobaleno” di Mondadori, ottenendo notevole riscontro di vendita e di lettori all’interno della logica del mercato. Guido Mattia Gallerani ha documentato il successo dei festival che registrano la presenza di migliaia di persone.
Dove sta la poesia? Nei due e più milioni che scrivono versi oppure nelle poche migliaia di lettori di testi contemporanei? Basta il successo di melense frasette, stile i famosi cioccolatini, per documentare che la poesia è viva e operante?
Il convegno ha spalancato una serie di interrogativi su un fenomeno “liquido”, come è “liquida” la società postmoderna (Zygmunt Bauman).
A ciò si aggiunge il fatto che le scuole superiori e soprattutto le università assai raramente avviano gli studenti alla lettura della grande poesia contemporanea, continua Ladolfi . E la critica? Da un lato, è rimasta orfana dello Strutturalismo e, dall’altro, anche quando esercita un’azione profonda, come nel caso della rivista «Atelier», non pare possedere la forza di operare quella selezione e quell’indirizzo, che le era caratteristica nel passato.
Il convegno, pertanto, ha prodotto più interrogativi che risposte. Ma è proprio questa la forza dell’iniziativa, i cui atti saranno pubblicati sul prossimo numero della rivista «Atelier» (n. 90 giugno 2018).
Esistono rimedi? In primo luogo, la formazione: non basta andare a capo per essere poeti; quindi, il dialogo e, infine, la costruzione di un “sistema” di collegamento tra tutti coloro che considerano tale arte una delle più complete forme di espressione dello spirito umano.
In ogni caso è innegabile il desiderio di poesia. Occorre però superare alcuni preconcetti molto diffusi e, in particolare, le teorie ermetiche e avanguardistiche del secolo scorso, che per un verso hanno allontanato gli studiosi e il lettore comune dalla poesia contemporanea, dall’altro hanno sancito il diritto a ogni tipo di espressione.
Ci si augura che la prossima pubblicazione degli atti del convegno produca un dibattito finalizzato a rendere consapevole il popolo dei “poeti” dell’attuale situazione della scrittura in versi e la promozione di una lettura critica della produzione contemporanea, che riserva senza dubbio opere di grande valore.